Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3090 del 11/02/2010

Cassazione civile sez. III, 11/02/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 11/02/2010), n.3090

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SENESE Salvatore – Presidente –

Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.D. e F.S., elettivamente domiciliati in

Roma, Viale delle Milizie n. 34 presso lo studio dell’avv. F.

D., che rappresenta e difende se stesso e F.S.

giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

SAN PAOLO IMI s.p.a. (già Istituto Bancario San Paolo di Torino

s.p.a.), in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Salaria n. 362, presso lo studio dell’avv.

De Benedetti Bonaiuto Piero, che lo rappresenta e difende per delega

in atti;

– controricorrente –

e contro

CASSA FORENSE – CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA FORENSE,

in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in

Roma, Piazza Don Minzoni n. 9, presso lo studio dell’avv. Carlo

Martucelli, che lo rappresenta e difende in virtù di delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5547/04 della Corte d’Appello di Roma in data

13 novembre 2004, pubblicata il 30 dicembre 2004.

Udita la relazione del Consigliere dott. Giancarlo Urban;

udito l’avv. Carlo Gotti Porcinari;

udito l’avv. Carlo Martucelli;

udito il P.M. in persona del Cons. Dott. DE NUNZIO Wladimiro che ha

concluso per il rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso

incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atti di citazione notificati nel novembre 1993 gli avvocati Se. e S.F. convenivano in giudizio avanti al Tribunale di Roma l’Istituto Bancario San Paolo di Torino, la Cassa di Previdenza ed Assistenza Avvocati e Procuratori ed il Presidente di quest’ultima, M.M.A., chiedendo che i convenuti fossero condannati, in solido o ciascuno per la propria parte, al risarcimento dei danni per essersi resi inadempienti all’obbligazione, assunta con il contratto concluso in data 19 ottobre 1988, di erogare il mutuo fondiario di L. 225.000.000, al tasso agevolato previsto nel regolamento della Cassa approvato il 16 dicembre 1987 e nella convenzione stipulata tra la stessa Cassa e l’Istituto di credito il 29 dicembre 1987. A sostegno della domanda i F. deducevano che, essendosi esaurita favorevolmente la fase istruttoria per la concessione del mutuo, nella quale la Cassa avrebbe dovuto verificare soltanto la loro regolare iscrizione e il versamento dei contributi previsti, si era instaurato un autonomo rapporto con la banca, la quale aveva ingiustificatamente ed intempestivamente rifiutato – con una comunicazione di carattere interlocutorio del 9 novembre 1988 ed una definitiva in data 12 dicembre 1988 l’erogazione della somma per avere la Cassa comunicato la mancanza dei requisiti soggettivi per ottenere il mutuo da parte dell’avv. Fe.Se., in conseguenza della carica di revisore dei conti dallo stesso rivestita presso l’Ente. A quest’ultimo ed al suo Presidente avv. M.M.A. gli attori addebitavano l’illegittimità della dichiarata mancanza di tali requisiti, non corrispondente alla normativa in vigore.

L’Istituto Bancario San Paolo di Torino e la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza si costituivano resistendo alla domanda; la Cassa, in subordine, proponeva domanda di manleva nei confronti dell’Istituto di credito.

Con sentenza pubblicata in data 25 gennaio 2001 il Tribunale rigettava nel merito le domande proposte da Fe.Se., affermando l’inefficacia dell’atto di rinuncia agli atti del giudizio presentato da questo attore nei confronti della Cassa; in accoglimento della domanda di S.F., dichiarava la Cassa Nazionale e la banca responsabili del danno dalla stessa subito, condannando le due parti soccombenti alla rifusione delle spese del giudizio, che venivano invece compensate con riferimento al rapporto processuale instaurato dall’altro attore.

In particolare il Giudice di prime cure affermava che, mentre la Cassa aveva illegittimamente esteso a S.F. la mancanza di requisiti soggettivi ravvisabili solo nei confronti del padre Se., l’Istituto Bancario San Paolo di Torino aveva comunque concluso il contratto preliminare di mutuo, il (OMISSIS), pur avendo ricevuto un mese prima l’invito a sospendere la relativa istruttoria, in attesa che la Cassa accertasse la presenza dei requisiti per la concessione del prestito. In tal modo l’Istituto si era impegnato contrattualmente ad erogare a somma oggetto della richiesta di mutuo, “facendo sorgere in capo all’avv. F.S. il diritto di ricevere la somma pattuita” (pag. 11 della sentenza di 1^ grado). La mancata erogazione della somma configurava dunque un inadempimento dal quale sorgeva il diritto della richiedente ad ottenere il risarcimento del danno che, nella forma del danno emergente e del lucro cessante, fosse risultato “conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento”.

La analoga domanda proposta da Se.Fe. era invece respinta in quanto questo attore, essendo revisore dei conti della Cassa, non avrebbe potuto e comunque dovuto ignorare l’invalidità dalla quale il contratto, in conseguenza della carica rivestita, qualora concluso, sarebbe stato affetto (pag. 10 sentenza).

La Corte d’ Appello di Roma, con sentenza del 30 dicembre 2004, in riforma della sentenza appellata, rigettava la domanda di F. S., che condannava alle spese; dichiarava inammissibili gli appelli incidentali proposti da F.D. (quale erede di Fe.Se.) e della Cassa Nazionale Forense.

Propongono ricorso per cassazione F.D. e F.S. con tre motivi.

Resiste con controricorso la Cassa Forense, che ha anche proposto ricorso incidentale con due motivi; resiste altresì la Sanpaolo Imi s.p.a..

La Cassa Forense e la Sanpaolo Imi hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi debbono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c. in quanto riferiti alla stessa sentenza.

Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223 e 1822 c.c. in quanto l’istituto mutuante, in applicazione della normativa del 1905 in tema di credito fondiario, all’epoca applicabile al rapporto dedotto in giudizio, con il perfezionamento del contratto condizionato si era obbligato alla stipulazione del contratto definitivo ed alla erogazione della somma concordata, al verificarsi della condizione prevista e cioè l’avvenuta iscrizione dell’ ipoteca e la produzione di certificazione sulla assenza di iscrizioni pregiudizievoli anteriori. Il mancato adempimento a tale obbligo di stipulazione una volta verificatesi la condizione prevista comporta la responsabilità dell’istituto per inadempimento e quindi il risarcimento del danno.

In relazione a tale aspetto, si rileva che la sentenza impugnata dà atto che il contratto condizionato di mutuo, del (OMISSIS), era sottoposto ad “alcune condizioni, tra le quali l’avvenuta conferma, da parte della Cassa, della insussistenza di impedimenti di carattere soggettivo”. Proprio in relazione a tale condizione (prevista nella clausola n. 2 del contratto) la Corte d’Appello rileva che era richiamato soltanto il requisito della regolare iscrizione presso la Cassa e dell’avvenuto versamento dei contributi, con la conseguenza che il mancato rilascio del nulla osta della Cassa alla stipulazione del contratto definitivo, per ragioni diverse da quelle sopra indicate, avrebbe comportato una responsabilità esclusiva della Cassa medesima e non già dell’istituto mutuante.

Il motivo in esame, però, nel richiamare in generale la disciplina sul credito fondiario di cui al R.D. 16 luglio 1905, n. 646, ha del tutto ignorato la ratio decidendi sopra riportata, finendo in tal modo di tralasciare la riferibiltà del motivo alla decisione impugnata (Cass., Sez. 3, 6 giugno 2006, n. 13259; Cass., Sez. lav., 15 marzo 2006, n. 5637; Cass., Sez. 3, 15 febbraio 2003, n. 2312). Il motivo di ricorso – ove prospetta l’errore, nell’avere escluso l’applicazione della disciplina prevista per il credito fondiario – non coglie la ratio decidendi della sentenza di secondo grado, la quale ha rilevato che le parti avevano specificamente pattuito la condizione della insussistenza di impedimenti di carattere soggettivo, da accertare a cura della stessa Cassa Forense.

Il motivo risulta quindi inammissibile.

Con il secondo motivo si denuncia la nullità della sentenza e del procedimento per tardività dell’appello e mancata integrazione del contraddittorio. La notifica dell’atto di appello proposto dal San Paolo IMI s.p.a. era avvenuta presso l’avv. Giovanni Crostelli, che non era domiciliatario. Inoltre l’avv. Fe.Se. era già deceduto da oltre un anno e non era stata chiamata la sig. F.R., litisconsorte necessaria in quanto coerede.

La pretesa nullità della notifica dell’atto di appello sarebbe conseguente al fatto che il procuratore che ricevette tale notifica (l’avv. Giovanni Crostelli, codifensore assieme a Fe.

S., deceduto) non era domiciliatario. Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio che “nel caso in cui la parte sia costituita in giudizio a mezzo di più procuratori autorizzati a difenderla disgiuntamente la morte di uno di essi non determina l’interruzione del termine breve di impugnazione ex art. 328 c.p.c., comma 1, e, nell’ipotesi di cui all’art. 328 c.p.c., comma 3, non da luogo alla proroga del termine annuale di impugnazione di cui all’art. 327 cod. proc. civ., in quanto l’esistenza di una pluralità di procuratori, ciascuno dotato di piena facoltà di rappresentanza, impedisce che, nel caso di impedimento di uno di essi, la parte resti priva di rappresentanza processuale con pregiudizio per la sua possibilità di difesa, essendo altresì irrilevante che il procuratore deceduto sia stato designato quale domiciliatario, dato che, se la parte è costituita nel giudizio a mezzo di due procuratori muniti di eguali poteri di rappresentanza, la notifica dell’impugnazione è valida anche se eseguita presso il procuratore che non risulta domiciliatario.” (Cass. 18 marzo 2003 n. 3982; Cass. 9 settembre 2004 n. 18153; Cass. 28 settembre 2004 n. 19452; Cass. 31 maggio 2006 n. 12963; Cass. 6 febbraio 2009 n. 3020). Nè l’avvenuto decesso dell’avv. Fe.Se. anteriormente alla notifica dell’appello – decesso del quale non si indica nemmeno la data – rende nulla la citazione in appello ostandovi la conoscenza o conoscibilità dell’evento da parte dell’appellante (Cass. s.v.

1578305).

Quanto alla mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tale F.R., l’eccezione risulta formulata per la prima volta nel ricorso per cassazione, nè si precisa alcun elemento utile a individuare il titolo in virtù del quale la stessa sarebbe stata coerede.

Anche tale motivo risulta quindi inammissibile.

Con il terzo motivo del ricorso principale, si denuncia la omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in quanto la Corte d’Appello aveva omesso di rilevare che già un mese prima della stipula del contratto condizionato, la Cassa forense aveva informato l’istituto che erano ancora in corso gli accertamenti per i requisiti necessari al mutuo;

d’altro canto, con il contratto condizionato, la banca si era obbligata nei confronti della parte contraente, che era divenuta titolare di una aspettativa tutelata dalla legge sul credito fondiario.

Le questioni sollevate con il terzo motivo risultano assorbite da quanto rilevato in relazione al primo motivo.

Con il primo motivo del ricorso incidentale la Cassa Forense denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 334 e 343 c.p.c., sul rilievo che la Corte d’Appello aveva ritenuto inammissibile l’appello incidentale tardivo proposto dalla Cassa in quanto aveva erroneamente ritenuto che non si configurasse una ipotesi di litisconsorzio necessario; con il secondo motivo si denuncia l’omesso esame di un punto decisivo della controversia, in quanto la Corte d’Appello aveva del tutto tralasciato di prendere in esame la richiesta formulata sia in primo che in secondo grado, di accertare chi fosse il soggetto obbligato al preteso risarcimento, in caso di riconosciuta fondatezza della domanda attrice.

Il rigetto delle domande proposte dalle parti attrici fa venir meno ogni interesse alla valutazione delle questioni sollevate dalla Cassa Forense: anche i due motivi del ricorso incidentale debbono essere quindi dichiarati assorbiti.

In relazione alla natura delle questioni trattate appare conforme a giustizia disporre la compensazione delle spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE CIVILE riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale. Dichiara compensate le spese.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2010

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