Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30894 del 29/10/2021

Cassazione civile sez. trib., 29/10/2021, (ud. 21/06/2021, dep. 29/10/2021), n.30894

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 4100/2017 promosso da:

Comune di Ischia, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Lacco Ameno, via Caccaviello 16, rappresentato e

difeso dall’avv. Francesco Cellammare, in virtù di procura speciale

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.M.F., elettivamente domiciliato in Roma, piazza

Giuseppe Mazzini 27, presso lo studio dell’avv. Giulia Nicolais, che

lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce alla

comparsa di costituzione in sostituzione del precedente difensore;

– controricorrente –

e nei confronti di:

Agenzia delle entrate – Ufficio provinciale di Napoli – Territorio,

in persona del direttore pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 11067/16 della CTR della Campania, depositata

il 06/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/06/2021 dal Consigliere Dott.ssa REGGIANI ELEONORA;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 11067/16, depositata il 06/12/2016, la CTR della Campania, riformando parzialmente la pronuncia di primo grado, che aveva rigettato in toto il ricorso del contribuente, ha ritenuto che l’imposta ICI riferita all’anno 2008, oggetto dell’avviso di accertamento impugnato, dovesse essere liquidata sulla base delle rendite catastali indicate dal contribuente nella DOCFA presentata in data 27/05/2011, e non della successiva variazione di classamento operata dall’Agenzia del territorio il 24/05/2012, che era incontestato non essere mai stata notificata.

Avverso la sentenza della CTR, il Comune ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

Si è difeso on controricorso il contribuente, che ha mutato difensore in corso di causa quest’ultimo ha depositato memoria ex art. 380 bis.1. c.p.c..

L’Agenzia delle entrate è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e la falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1 e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c” ed anche degli artt. 115 e 116 c.p.c. per avere la CTR ritenuto che il Comune devesse liquidare l’ICI, riferita all’anno 2008, sulla base della rendita catastale indicata dal contribuente nella DOCFA presentata il 27/05/2011, e non della variazione operata dall’Agenzia del territorio il 24/05/2012, non notificata, senza considerare: che, nella specie, il contribuente era già a conoscenza di tale variazione, avendo ricevuto altri avvisi di accertamento per precedenti annualità della stessa imposta sulla base della nuova rendita; che la variazione operata a seguito di dichiarazione DOCFA non deve essere notificata al contribuente; che quest’ultimo non aveva operato alcuna contestazione in ordine alla correttezza della rendita applicata.

Con il secondo motivo di ricorso è dedotto l’omesso esame di un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), ed anche la violazione dell’art. 111 Cost., per avere la CTR deciso senza considerare la documentazione e le deduzioni non contestate del Comune a sostegno delle proprie difese.

Con il terzo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), la violazione del giudicato esterno e l’omesso esame di un punto decisivo della controversia e la violazione dell’art. 111 Cost., per essere la pronuncia impugnata in contrasto con un precedente di merito, passato in giudicato (CTR della Campania, n. 2119/2016), riguardante le stesse parti, ma una diversa annualità d’imposta (2007).

3. Il primo motivo di ricorso è in parte inammissibile e in parte infondato.

Parte ricorrente ha dedotto che il contribuente era già a conoscenza della nuova rendita, per averne ricevuto la notificazione unitamente agli avvisi di accertamento riferiti a precedenti annualità d’imposta, ma non ha indicato, in ricorso, elementi in grado di individuare quali fossero i menzionati avvisi, quale fosse il loro contenuto e quale sia stata la data di notifica degli stessi, così formulando allegazioni generiche, che non superano il vaglio d’inammissibilità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), perché non consentono al giudice di valutare la fondatezza o meno della censura sulla base della semplice lettura dell’atto.

E’ invece infondata la censura riguardante la ritenuta non necessità della notificazione della variazione della rendita a seguito della presentazione della dichiarazione DOCFA.

Com’e’ noto, questa Corte, con due pronunce a Sezioni Unite (Cass., Sez. U., n. 3160 del 09/02/2011 e Cass., Sez. U, n. 3666 del 15/02/2011), poi seguite da una copiosa giurisprudenza delle Sezioni Semplici (v. tra le ultime, Cass., Sez. 5, n. 14402 del 09/06/2017) ha affermato che, in tema di ICI, la L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, nel prevedere che, a decorrere dal 1 gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, va interpretato nel senso che è impossibile utilizzare una rendita prima della sua notifica, al fine di individuare la base imponibile dell’ICI, ma non esclude che la rendita medesima, una volta notificata, possa essere utilizzata ai fini impositivi anche per annualità d’imposta “sospese”, ovverosia ancora suscettibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso.

In sintesi, secondo il giudice di legittimità, l’utilizzazione a fini impositivi della rendita per annualità d’imposta anteriori ancora suscettibili di accertamento è necessario che la rendita, messa in atto successivamente al 1 gennaio 2000, sia stata comunque notificata.

Tale principio è stato reiteratamente affermato anche in riferimento ad ipotesi di modifica dell’attribuzione di rendita catastale a seguito di variazione richiesta con procedura DOCFA (cfr. da ultimo Cass., Sez. 5, n. 17002 del 16/06/2021; Cass., Sez. 5, n. 10126 dell’11/04/2019; contra Cass. Sez. 5, n. 27576 del 30/10/2018; Cass., Sez. 5, n. 21505 del 20/10/2010).

In particolare, secondo l’opinione della giurisprudenza di legittimità, condivisa da questo Collegio, qualora il contribuente si sia avvalso della procedura DOCFA per l’accatastamento di un immobile, la notifica della rendita catastale utilizzata per la determinazione dell’ICI deve essere effettuata quando il Comune effettui modificazioni rispetto alla proposta del contribuente, essendo invece superflua, qualora ratifichi la dichiarazione presentata (Cfr. Cass., Sez. 5, n. 16364 del 10/06/2021 e Cass., Sez. 5, n. 7801 del 20 marzo 2019).

Tale conclusione e’, peraltro, conforme alla disciplina contenuta nel D.M. 19 aprile 1994 (regolamento recante norme per l’automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari), ove all’art. 1, comma 10, è espressamente precisato che l’ufficio notifica al contribuente le risultanze della dichiarazione DOCFA “nei soli casi in cui abbia apportato variazioni a quelle denunciate o proposte dalla parte”.

3. Il secondo motivo di impugnazione è inammissibile.

Questa Corte ha più volte affermato che, poiché la finalità della norma di cui all’art. 366 c.p.c., n. 4, è quella di assicurare che il ricorso per cassazione presenti l’autonomia necessaria a consentire, senza il sussidio di altre fonti, l’immediata e pronta individuazione delle questioni da risolvere, sono inammissibili quei motivi che, anziché precisare le ragioni delle proposte censure, si esauriscono in una generica postulazione di erroneità della sentenza impugnata (cfr. Cass., Sez. L, n. 17308 del 30/08/2004) o si sostanziano nella mera riproposizione delle tesi difensive svolte nelle fasi di merito, disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, determinandosi, in tal modo, una mera contrapposizione della valutazione del ricorrente al giudizio espresso dalla sentenza impugnata, che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, (Cass., Sez. 1, n. 22478 del 24/09/2018).

Nella specie si è verificata proprio quest’ultima evenienza perché, nella doglianza richiamata, il Comune ha complessivamente dissentito dalla decisione impugnata, ritenuta erronea, semplicemente riproponendo e illustrando tutti gli argomenti già offerti, anche su questioni diverse da quelle su cui la CTR ha statuito, senza operare alcun vaglio critico e, soprattutto, senza individuare, e descrivere, in modo specifico quei documenti o quegli elementi di prova offerti, ovvero quelle deduzioni asseritamente non contestate, che, se valutati, avrebbero portato ad una diversa decisione.

4. Anche il terzo motivo è inammissibile.

Parte ricorrente ha dedotto l’esistenza di un giudicato opponibile nel presente giudizio, affermando trattarsi di una pronuncia passata in giudicato, di cui ha fornito gli estremi (CTR della Campania, n. 2119/2016, depositata il 07/03/2016), deducendo che si è trattato di una pronuncia che ha riguardato le stesse parti, riferita a un’altra annualità della medesima imposta (ICI 2007), fondata sulla stessa nuova rendita oggetto del presente giudizio (v. p. 7, 19 e 20 del ricorso per cassazione).

La parte non ha tuttavia specificato quando il dedotto giudicato si è formato circostanza rilevante ai fini dell’ammissibilità della prospettazione, né ha riportato il contenuto della decisione, argomentando in generale sulla rilevanza del giudicato esterno.

Come più volte evidenziato da questa Corte, nel giudizio di legittimità, il principio della rilevabilità del giudicato esterno va coordinato con l’onere di autosufficienza del ricorso, pertanto, la parte ricorrente che deduca l’esistenza del giudicato deve, a pena d’inammissibilità del ricorso, specificare quanto la statuizione è passata in giudicato e fornire gli elementi per riprodurre in quest’ultimo il testo integrale della decisione che si assume passata in giudicato, non essendo, tra l’altro, sufficiente il richiamo a stralci della motivazione (su quest’ultimo punto, v. da ultimo Cass., Sez. 2, n. 15737 del 23/06/2017).

5. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

6. Le spese devono essere compensate tra il ricorrente e il resistente, tenuto conto dell’incerta giurisprudenza anche di legittimità al tempo della proposizione del ricorso.

Nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata nei confronti dell’Agenzia delle entrate, rimasta intimata.

7. In applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso;

compensa le spese di lite tra il ricorrente e il controricorrente;

dà atto, in applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, mediante collegamento “da remoto”, il 21 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2021

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