Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30893 del 26/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 26/11/2019, (ud. 05/06/2019, dep. 26/11/2019), n.30893

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20977 – 2017 R.G. proposto da:

HOTEL DORIA s.n.c. di S.G. & C. – p.i.v.a.

(OMISSIS) – in persona del legale rappresentante pro tempore,

S.G. ((OMISSIS)) – (“Hotel Doria” s.n.c. per aver acquistato

da Sq.Gi. ((OMISSIS)) e da s.g.

((OMISSIS))), rappresentato e difeso in virtù di procura speciale

in calce al ricorso dall’avvocato Augusto De Beni ed elettivamente

domiciliato in Roma, alla via Monte Zebio, n. 28, presso lo studio

dell’avvocato Jacopo Trojani.

– ricorrente –

contro

P.L. – c.f. (OMISSIS) – P.A.D.M. –

c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliati in Roma, alla via

Germanico, n. 13, presso lo studio dell’avvocato Elisabetta Esposito

che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Flavio Tommasini li

rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al

controricorso.

– controricorrenti – ricorrenti incidentali –

e

SA.RE. – c.f. (OMISSIS) – rappresentato e difeso in virtù

di procura speciale a margine del controricorso dall’avvocato Marco

Pezzotti ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Paolo

Emilio, n. 34, presso lo studio dell’avvocato Roberto Mandolesi.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1150 dei 6.3/30.5.2017 della corte d’appello

di Venezia;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 giugno 2019

dal consigliere Dott. Abete Luigi.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con atto notificato il 24.5.2005 P.L. e P.D.M.A. citavano a comparire dinanzi al tribunale di Verona Sq.Gi., S.G., s.g., M.A.M. e Sa.Re..

Esponevano che con atto in data 4.4.2003 avevano acquistato da Sa.Re. la piena proprietà di un appartamento al pianoterra di un edificio, in (OMISSIS), alla via (OMISSIS), e talune porzioni di terreno circostanti l’appartamento, in catasto al foglio n. (OMISSIS), mappali nn. (OMISSIS).

Esponevano che il venditore non aveva provveduto alla consegna delle porzioni di terreno riportate ai mappali nn. (OMISSIS); che invero l’accesso a tali porzioni risultava impedito da una recinzione che gli S. e la M., proprietari dei fondi limitrofi, avevano fatto apporre.

Chiedevano – tra l’altro – condannarsi i convenuti Sq.Gi., S.G. e s.g. nonchè M.A.M. alla consegna delle porzioni di terreno di cui ai mappali nn. (OMISSIS); in via subordinata, qualora i mappali anzidetti non fossero risultati di proprietà del venditore, chiedevano disporsi la riduzione del prezzo e condannarsi Sa.Re. alla restituzione del maggior corrispettivo ricevuto.

Si costituivano Sq.Gi., S.G. e s.g. ed M.A.M..

Instavano per il rigetto delle avverse domande; in via riconvenzionale chiedevano, tra l’altro, che fosse dichiarato l’intervenuto acquisto da parte loro, per usucapione, delle porzioni di cui ai mappali nn. (OMISSIS).

Si costituiva Sa.Re..

Del pari instava per il rigetto della domanda nei suoi confronti esperita.

Con sentenza del 12.4.2007 l’adito tribunale condannava i convenuti Sq.Gi., S.G. e s.g. nonchè M.A.M. a rilasciare agli attori i mappali nn. (OMISSIS).

Proponevano appello Sq.Gi., S.G. e s.g., anche in qualità di eredi di M.A.M..

Resistevano P.L. e P.D.M.A..

Resisteva Sa.Re..

Con sentenza n. 1150 dei 6.3/30.5.2017 la corte d’appello di Venezia rigettava il gravame e condannava “gli appellanti in solido a rifondere le spese (…) liquidate per ciascuna posizione appellata ex decreto n. 55/2014 in Euro 4.025,00 (…)” (così sentenza d’appello, pag. 6).

Evidenziava la corte che il termine dell’usucapione neppure aveva iniziato il suo decorso, siccome gli S. non avevano cominciato “a possedere il terreno in modo pacifico con la costruzione di un muretto e di una recinzione contestati sia dal venditore, sia dall’acquirente” (così sentenza d’appello, pagg. 4 – 5).

Evidenziava in particolare che il possesso era stato acquisito a far data dal 20.1.1984 in presenza di una inequivocabile opposizione dei proprietari, palesata sia nel 1984 che nel 2003; che l’atto di citazione era stato notificato nel 2005.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l'”Hotel Doria s.n.c. di S.G. & C.”, “sulle premesse di aver acquistato dai signori Sq.Gi. (…) e (…) s.g. (…) l’immobile oggetto della presente causa” (così ricorso principale, pag. 1); ne ha chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con vittoria di spese.

P.L. e P.D.M.A. hanno depositato controricorso, contenente ricorso incidentale articolato in un unico motivo; hanno chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso ed accogliersi il ricorso incidentale; il tutto con il favore delle spese del giudizio.

Sa.Re. parimenti ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi l’avverso ricorso con vittoria delle spese di lite.

La ricorrente s.n.c. ha depositato controricorso onde resistere all’avverso ricorso incidentale.

La ricorrente s.n.c. ha depositato memoria.

Analogamente hanno depositato memoria i controricorrenti P..

Con l’unico motivo la s.n.c. ricorrente principale denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1158 e 1163 c.c..

Deduce che “le risultanze processuali (…) avrebbero dovuto (…) indurre la Corte di Appello a ritenere, nel caso, sussistere il possesso ultraventennale (…)” (così ricorso principale, pag. 11).

Deduce che non vi è prova che il possesso sia stato acquistato in modo violento.

Deduce che non vi è margine per prefigurare la clandestinità dell’acquisto del possesso; che segnatamente la recinzione era visibile a tutti e che le controparti si sono avvedute immediatamente dello spossessamento, tanto da denunziare l’accaduto al Comune di (OMISSIS), senza intraprendere tuttavia iniziative idonee ad interrompere il corso della prescrizione acquisitiva.

Il motivo di ricorso principale è inammissibile, specificamente perchè, siccome di seguito si dirà, fuoriesce dalla “griglia” delle ragioni di censura che a norma del novello disposto dell’art. 360 c.p.c. fondano il diritto soggettivo alla sollecitazione di questo Giudice della legittimità.

Si premette che l'”Hotel Doria s.n.c. di S.G. & C.”, acquirente dell'”immobile oggetto della presente causa” (così ricorso principale, pag. 1) e quindi successore a titolo particolare nel diritto controverso è appieno legittimato, ex art. 111 c.p.c., u.c., ad impugnare la sentenza n. 1150 dei 6.3/30.5.2017 della corte d’appello di Venezia (cfr. Cass. 17.3.2009, n. 6444, secondo cui il successore a titolo particolare nel diritto controverso non può essere considerato terzo, essendo l’effettivo titolare del diritto in contestazione, tanto da poter assumere la stessa posizione del suo dante causa, con la conseguenza che, come la sentenza spiega effetto nei suoi confronti, egli è anche legittimato ad impugnarla, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 111 c.p.c., u.c., senza che questo diritto sia condizionato dal suo intervento in fasi pregresse di giudizio; Cass. 11.5.2010, n. 11375).

D’altra parte, è vero che gli alienanti Sq.Gi. e S.G., siccome non estromessi nella pregressa fase d’appello, hanno veste di litisconsorti necessari, sicchè nei loro confronti va ordinata, a norma dell’art. 331 c.p.c., l’integrazione del contraddittorio (cfr. Cass. (ord.) 15.6.2018, n. 15905; Cass. 26.1.2010, n. 1535).

E nondimeno sia P.L. che P.D.M.A. sia Sa.Re. nulla, in alcun modo, hanno osservato a tal specifico riguardo.

Cosicchè soccorre l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale il giudizio di impugnazione svoltosi senza integrare il contraddittorio nei confronti dell’alienante del diritto controverso, ma con la partecipazione del successore a titolo particolare, è valido quando il primo, non impugnando la sentenza, abbia dimostrato il suo disinteresse al gravame e l’altra parte, senza formulare eccezioni al riguardo, abbia accettato il contraddittorio nei confronti del successore; tali elementi, infatti, integrano i presupposti per l’estromissione dal giudizio del citato alienante, estromissione che, sebbene non formalmente dichiarata, fa cessare la qualità di litisconsorte necessario alla parte originaria (cfr. Cass. (ord.) 26.1.2018, n. 4028; Cass. 17.5.2010, n. 12035; Cass. 30.8.2017, n. 20533).

Si premette altresì che il motivo veicolato dal ricorso principale, si qualifica, a rigore, in rapporto alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Occorre tener conto, da un lato, che con l’esperito mezzo di impugnazione la s.n.c. ricorrente principale sostanzialmente censura il giudizio “di fatto” cui la corte di merito ha atteso (“il giudice di merito ha errato, laddove ha ritenuto che il possesso dei ricorrenti fosse avvenuto in modo violento o clandestino”: così ricorso principale, pag. 11); dall’altro, che è propriamente la previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054; cfr. Cass. 11.8.2004, n. 15499).

Su tale scorta gli asseriti vizi motivazionali sono evidentemente da vagliare in rapporto alla novella formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e nel solco della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.

In questi termini si rappresenta quanto segue.

Per un verso nessuna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia delle sezioni unite testè menzionata – e tra le quali di certo non è annoverabile il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – si scorge in relazione alle motivazioni cui la corte distrettuale ha ancorato il suo dictum.

In particolare, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte di Venezia ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato – siccome si è anticipato – il proprio iter argomentativo.

Per altro verso la corte di Venezia ha sicuramente disaminato il fatto storico caratterizzante in parte qua agitur la res litigiosa (ovvero i margini in fatto del dedotto acquisto a titolo originario).

In ogni caso l’iter motivazionale che sorregge il dictum della corte veneziana risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo ed esaustivo.

Si tenga conto che, se è vero che il requisito della violenza o della clandestinità deve ravvisarsi in qualsiasi attività costituente espressione di un antagonismo consapevole, manifesto o subdolo, con la volontà, espressa o presunta, del possessore o del detentore (cfr. Cass. 20.1.1982, n. 372), evidentemente, ai fini di cui all’art. 1163 c.c. (“il possesso acquistato in modo violento o clandestino non giova per l’usucapione se non dal momento in cui la violenza o la clandestinità è cessata”), la corte d’appello correttamente ha opinato nel senso che il termine per usucapire neppure avesse iniziato il suo decorso. Correttamente, in particolare, a motivo ed a causa della perdurante violenza correlatasi alla volontà di segno contrario espressa dapprima da Sa.Re. con la denuncia in data 20.1.1984 al Comune di (OMISSIS) e dipoi dai controricorrenti P. con la diffida del 21.11.2003.

Si tenga conto in fondo che la ricorrente s.n.c. censura l’asserita erronea valutazione delle risultanze di causa (“i motivi sui quali la Corte di Appello ha fondato il proprio convincimento (…) contraddicono le stesse risultanze processuali”: così ricorso principale, pag. 11).

E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

Con il ricorso incidentale P.L. e P.D.M.A. deducono che la liquidazione delle spese operata dalla corte d’appello di Venezia ovvero la locuzione “per ciascuna posizione appellata” di cui al dispositivo della impugnata sentenza deve intendersi nel senso che la corte ha condannato Sq.Gi., S.G. e s.g. a pagare la somma di Euro 4.025,00, oltre accessori, a ciascuno di essi ricorrenti incidentali (cfr. memoria dei ricorrenti incidentali, pag. 2).

Deducono altresì, qualora questa Corte reputi che la rideterminazione del compenso fuoriesca dal potere di decidere nel merito, che la sentenza della corte di Venezia va cassata, atteso che la liquidazione è avvenuta in violazione dei “minimi” di cui al D.M. n. 55 del 2014 e senza motivazione.

Il motivo di ricorso incidentale è del pari inammissibile.

Più esattamente l’inammissibilità si correla alla mancata ottemperanza (cfr. ricorso incidentale, pag. 2) alla prescrizione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, prescrizione espressamente richiamata in tema di ricorso incidentale dall’art. 371 c.p.c., comma 3.

In proposito è sufficiente il rinvio all’insegnamento di questa Corte.

Ovvero all’insegnamento secondo cui, anche per l’ammissibilità del ricorso incidentale, così come per il ricorso principale per cassazione, è indispensabile la stretta osservanza del disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, con la conseguenza che il ricorrente incidentale deve rappresentare i fatti, sostanziali e processuali, in modo da far intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla sentenza senza dover ricorrere al contenuto di altri atti del processo, onde tale requisito non può ritenersi soddisfatto se il ricorso rinvii, per i motivi di censura alla sentenza impugnata, allo svolgimento del processo e alle posizioni delle parti quali risultanti dalla sentenza oggetto di impugnazione e dalla narrativa del ricorso principale, poichè le censure sollevate devono essere immediatamente percepibili senza dover ricorrere al contenuto di altri atti del processo (cfr. Cass. 27.7.2005, n. 15672; Cass. 21.9.2015, n. 18483).

In dipendenza della declaratoria di inammissibilità e del ricorso principale e del ricorso incidentale, dunque della reciproca soccombenza, si giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità con riferimento al rapporto processuale tra la s.n.c. ricorrente principale ed i ricorrenti incidentali.

In dipendenza della sussistenza di “giusti motivi” del pari si giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità con riferimento al rapporto processuale tra la s.n.c. ricorrente principale ed il controricorrente Sa.Re..

Il regime positivo in tema di compensazione delle spese di lite applicabile ratione temporis al caso di specie è quello espresso dall’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo antecedente alla novella di cui alla L. n. 263 del 2005, applicabile ai giudizi iniziati successivamente all’1.3.2006 (si è premesso che la citazione di primo grado è stata notificata il 24.5.2005. Cfr. Cass. 19.1.2017, n. 1301).

In questo quadro riveste valenza pur nel presente contesto di legittimità la circostanza per cui all’iniziale denuncia al Comune di (OMISSIS) del 20.1.1984 Sa.Re. ben avrebbe potuto, comunque, farne seguire delle ulteriori.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte della s.n.c. ricorrente principale, sia da parte dei ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte così provvede:

dichiara inammissibile il ricorso principale;

dichiara inammissibile il ricorso incidentale;

compensa integralmente le spese del presente giudizio di legittimità con riferimento al rapporto processuale tra la “Hotel Doria s.n.c. di S.G. & C.” ed i ricorrenti incidentali;

compensa integralmente le spese del presente giudizio di legittimità con riferimento al rapporto processuale tra la “Hotel Doria s.n.c. di S.G. & C.” e Sa.Re.;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, sia da parte della ricorrente principale, “Hotel Doria s.n.c. di S.G. & C.”, sia da parte dei ricorrenti incidentali, P.L. e P.D.M.A., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019

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