Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30892 del 26/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 26/11/2019, (ud. 02/07/2019, dep. 26/11/2019), n.30892

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da

D.M.P.O.C., domiciliato in Roma, presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso, in

virtù di procura alle liti in calce alla memoria difensiva,

dall’avv. Gianantonio Testa che chiede di ricevere le comunicazioni

relative al processo al fax 031/265923 e all’indirizzo p.e.c.

gianantonio.testa.como.pecavvocati.it;

– ricorrente –

nei confronti di:

T.L.M.;

– intimata –

avverso il decreto n. 4181/2016 della Corte di appello di Milano,

emessa in data 6.4.2016 e depositata in data 20.7.2017 R.G. n.

317/2015;

sentita la relazione in camera di consiglio del relatore cons.

Bisogni Giacinto.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Il sig. D.M.P.O.C. ha chiesto, con ricorso L. n. 898 del 1970 ex art. 9, la revoca dell’assegno divorzile corrisposto in favore della ex moglie T.L.M. deducendo un intervenuto accordo in base ai quale egli non era più tenuto a corrispondere gli incrementi derivanti dall’applicazione degli indici Istat sulla somma di 619.75 Euro fissata dalla sentenza conclusiva del giudizio di divorzio (sentenza n. 414/1993 del Tribunale di Monza) e un successivo accordo secondo il quale, dal 2009, egli era tenuto a versare solo gli importi che era in grado di sostenere.

2. Il Tribunale di Monza, con decreto del 16.4.2015, ha ritenuto non provati gli accordi dedotti dal ricorrente e non sussistenti i presupposti per la revoca dell’assegno ma ha accolto la richiesta subordinata di riduzione dell’ammontare dell’assegno che ha fissato in 800 Euro mensili (rispetto alla maggior somma di 1.050 Euro corrispondente al valore rivalutato dell’importo di Euro 619.75 dovuto a partire dal 1993).

3. La Corte di appello di Milano, con decreto n. 4181/2016, ha confermato la decisione di primo grado.

4. Ricorre per cassazione e deposita memoria difensiva il sig. D.M.P..

5. Non svolge difese la sig.ra T..

Diritto

RITENUTO

CHE:

6. Il ricorso è inammissibile. Il ricorrente non articola dei motivi di ricorso specifici ma lamenta una generica violazione della L. n. 898 del 1970 e l’omesso esame di un fatto decisivo che indica non conformemente ai requisiti di proposizione del ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. civ. S.U. n. 8053/2014) ma piuttosto in un un elemento di diritto quale l’adeguatezza dei mezzi di sostentamento a disposizione della sig.ra T.. Inoltre deduce la violazione delle norme che regolano l’ammissione delle prove per testi senza censurare il giudizio di inadeguatezza del capitolato di prova a dimostrare la tesi di un accordo per la riduzione e poi la cessazione dell’obbligo contributivo fondato sulla sentenza di divorzio.

7. Quanto alle argomentazioni illustrative del ricorso si osserva che il ricorrente prospetta un diverso presupposto a sostegno della sua domanda di revoca e cioè un atto unilaterale di rinuncia da parte della T.. Già in entrambi i gradi del giudizio di merito è stato messo in evidenza dal Tribunale e poi dalla Corte di appello che la deduzione di un accordo risulta smentita dal comportamento delle parti: la T. ha agito in via esecutiva per il recupero delle somme non versate e comprensive di rivalutazione, il D.M.P. nel giudizio di opposizione all’esecuzione non ha affatto eccepito l’esistenza di un accordo e tantomeno di una rinuncia unilaterale formale. Del resto è la stessa deduzione di prova testimoniale a rivelarsi in contrasto con le odierne deduzioni del ricorrente in quanto intesa a provare un accordo tra i coniugi e non una rinuncia unilaterale. Mentre, per altro verso, il ricorrente non impugna la specifica e prevalente ratio decidendi espressa dalla Corte di appello e relativa al comportamento delle parti incompatibile con ogni ipotesi di accordo pregresso.

8. La Corte di appello ha deciso sulla base di una articolata e coerente motivazione che ha messo a confronto redditi (tenendo conto dell’importo netto e lordo) e situazione patrimoniale dei coniugi. In sostanza non ha riscontrato alcun elemento che giustifichi la revoca dell’assegno ma solo una sua riduzione in relazione all’intervenuta vendita da parte della T. della casa familiare. La richiesta di revoca fondata sulla asserita rinuncia da parte della T. è stata respinta sulla base di una valutazione complessiva il cui elemento centrale non è stato contestato dal ricorrente che in tal modo ha dimostrato di non cogliere la ratio decidendi recepita dalla Corte di appello.

9. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso senza statuizioni sulle spese processuali consegue la presa d’atto, in dispositivo, della applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Dispone che in caso di pubblicazione della presente ordinanza siano omesse le generalità e gli altri elementi identificativi delle parti, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto disposto d’ufficio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019

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