Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3089 del 09/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 09/02/2021, (ud. 29/09/2020, dep. 09/02/2021), n.3089

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

Dott. MELE F. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24780-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ICF SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F CONFALONIERI 5,

presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CESARE GLENDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 14/2015 della COMM.TRIB.REG. di AOSTA,

depositata il 22/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/09/2020 dal Consigliere Dott. MELE FRANCESCO;

Per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

Regionale di Aosta n. 14/2/15 depositata il 22.5.2015.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29 settembre 2020 dal relatore, Consigliere Dott. Mele Francesco.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– A seguito di verifica a carico della ditta individuale Pa. An. di Catanzaro, la G. di F. inviava all’Agenzia delle Entrate di Aosta una segnalazione nei confronti della I.C.F. srl, società in possesso di varie fatture della ditta P.; l’attività era integrata e completata ad opera della G. di F. di Aosta.

– Sulla base della predetta attività, erano emessi, nei confronti della predetta società, n. sei avvisi di accertamento relativi a imposte dirette, Iva ed Irap (oltre sanzioni) per gli anni 2006, 2007, 2008 e 2009.

– Il primo di detti atti impositivi era impugnato dalla contribuente: il relativo giudizio pende dinanzi alla Corte di Cassazione (CTP favorevole all’Ufficio e CTR alla società).

– La contribuente proponeva distinti ricorsi avverso i restanti avvisi con i quali l’Ufficio recuperava ad imposizione redditi e costi non dichiarati o indebitamente dedotti dalla contribuente: in particolare, e per quanto di interesse nella presente sede, per l’anno 2007 il recupero aveva per oggetto tre fatture della ditta P. relative a noleggio attrezzature.

– Riuniti i ricorsi, nel contraddittorio tra le parti, la commissione tributaria provinciale di Aosta rigettava i ricorsi.

– Proponeva appello la società e resisteva l’Ufficio; la commissione tributaria regionale di Aosta pronunciava la sopra menzionata sentenza con la quale accoglieva in parte il gravame; in particolare accoglieva il secondo motivo avente ad oggetto l’addebito mosso dall’Ufficio concernente l’indeducibilità dei costi relativi a tre fatture emesse dalla ditta individuale P.A. di Catanzaro per operazioni inesistenti e pertanto qualificate come fittizie.

– Per la cassazione della predetta sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso affidato ad un unico motivo, al quale resiste con controricorso la società contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Il motivo di cui consta il ricorso reca “Omesso esame di fatti decisivi, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

– La ricorrente incentra l’attenzione sulle conclusioni della sentenza della CTR, secondo la quale “la fattura in discussione può essere ritenuta non inficiata da fittizietà, in quanto correlata a prestazioni effettive costituenti il presupposto per la sua regolare emissione, non potendosi attribuire alcun valore probatorio alle dichiarazioni rese da P.A., perchè smentite da dichiarazioni successive dello stesso P. e in quanto contraddette dalla evidenza dei fatti emersi in sede di indagine penale”; riassume quindi le argomentazioni, dalla CTR poste a base delle trascritte conclusioni, relative alle dichiarazioni del P. (contraddittorietà delle medesime rese dinanzi alla G. di F. e al giudice penale); al richiamo alla sentenza penale (da cui emerge che “il P. aveva posseduto un IVECO 330 al quale si riferiscono le fatture ritenute false”, che detto veicolo, noleggiato da una impresa calabrese, era stato utilizzato per circa due anni sui cantieri della contribuente), alla asserzione per cui “la fattura appare conforma alle prescrizioni normative”; al riferimento, infine, al modus operandi seguito dalla ditta P. nel rilascio delle fatture che si è accertato -da entrambi i nuclei investigativi intervenuti- come confermato anche nella circostanza alla quale si riferiscono i fatti di causa.

– Ciò premesso, la ricorrente dimostra di essere ben consapevole degli “odierni limiti alla censurabilità in sede di giudizio di legittimità delle argomentazioni adoperate dal giudice di merito” con riguardo al vizio motivazionale (esclude infatti l’Ufficio la discussione in ordine ai “ben conosciuti principi elaborati da codesta Ecc.ma Suprema Corte in tema motivazione del giudicante di merito”), tanto da costituire il trascritto passaggio una preliminare avvertenza; tuttavia si duole, l’Ufficio, che la CTR abbia omesso di esaminare le circostanze di fatto rappresentate da esso ricorrente nel giudizio di appello (peraltro già evidenziate in prime cure). In particolare appaiono rilevanti, argomenta l’Agenzia- nel percorso decisorio e tali da confliggere con le argomentazioni poste a base della sentenza i seguenti elementi: a) circostanza della distanza della sede della ditta noleggiatrice rispetto a quella contribuente; b) mancanza di documenti di trasporto; c) identificazione del veicolo in mancanza di elementi di riscontro rispetto ad una generica indicazione, alla luce del fatto, indiscutibile, che sono migliaia i furgoni Iveco che si muovono sul territorio italiano; d) inesistenza di prove in punto effettività dell’apertura dei cantieri nei quali i lavori sarebbero stati eseguiti; e) contraddittorietà del teste Ai.

Osserva il collegio che le deduzioni di parte ricorrente, lungi dal costituire il denunciato omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, appaiono piuttosto configurarsi come una serie di allegazioni difensive che tendono a sindacare -inammissibilmente- il giudizio di merito contenuto nella sentenza impugnata, che appare congruamente motivata, solo osservandosi che alla deposizione del teste Ai. la CTR, invero, neppure fa riferimento; che -come attestato dalla sentenza penale divenuta definitiva- il veicolo Iveco “sui cantieri della soc. I.C.F. era stato utilizzato per circa due anni”; che la fattura in questione è risultata conforme alle prescrizioni normative (per come si legge nella sentenza impugnata nella parte sopra trascritta); che infine la CTR si è puntualmente attenuta all’insegnamento della giurisprudenza di legittimità in ordine al rapporto tra giudicato penale e giudizio tributario, escludendo l’automatica valenza del primo all’interno del secondo, ma traendo, motivatamente, dal primo indizi adeguatamente vagliati e tali da contribuire a formare il quadro indiziario complessivo destinato a costituire il fondamento della decisione, oggetto del presente giudizio.

Per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese, liquidate in dispositivo, sono regolate per la dichiarazione.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 5.600,00 oltre spese forfettarie al 15% oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2021

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