Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30886 del 29/11/2018

Cassazione civile sez. I, 29/11/2018, (ud. 03/10/2018, dep. 29/11/2018), n.30886

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26396/2014 proposto da:

Consorzio CPR3, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Largo Sarti n. 4, presso lo

studio dell’avvocato Capponi Bruno, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Di Falco Domenico, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

Amministrazione Provinciale di Napoli, in persona del Presidente

della Giunta Provinciale pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza

Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’avvocato Di Falco Aldo, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, domiciliata in Roma, Vai dei Portoghesi n.

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

contro

Commissario Straordinario di Governo;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3970/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 08/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/10/2018 dal Cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. DE RENZIS Luisa, che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

RILEVATO

Che:

1.- Il ricorso del Consorzio CPR 3 trae origine dai lavori di ristrutturazione della Circumvallazione Esterna Lago Patria Lufrano (2^ lotto), commissionatigli in data 24 novembre 1981, nella qualità di concessionario ex lege n. 219 del 1981, dalla Provincia di Napoli, la quale veniva chiamata in giudizio al fine di ottenere una pronuncia che, verificata la corretta applicazione del meccanismo operante ai sensi della L. n. 41 del 1986, art. 33, comma 4 (c.d. criterio del prezzo chiuso), quantificasse l’esatto computo revisionale, con condanna della Provincia al pagamento dei maggiori importi dovuti per l’intera durata contrattualmente prevista per l’esecuzione dei lavori.

2.- Il tribunale di Napoli, in accoglimento della domanda, dichiarava il diritto del Consorzio ad ottenere il compenso revisionale per i lavori oggetto di giudizio sulla base dei criteri dettati dalla L. n. 41 del 1986, art. 33, comma 4, dichiarando la nullità dell’art. 5 di un atto di sottomissione del 22 gennaio 1998 (e di un precedente atto aggiuntivo del 5 giugno 1990, che prevedeva un meccanismo di revisione dei prezzi a forfait), con il quale le parti – secondo il tribunale illegittimamente perchè in violazione della L. n. 41 del 1986, art. 33, comma 4 – avevano escluso ogni meccanismo revisionale.

3.- Avverso tale decisione proponeva appello la Provincia di Napoli, la quale, insistendo nel rigetto di tutte le domande del Consorzio, proponeva appello incidentale con il quale deduceva l’erroneità della sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva dichiarato la nullità (anche) della menzionata clausola contenuta nell’atto di sottomissione del 1998 per contrasto con una norma (L. n. 41 del 1986, art. 33, comma 4) ormai non più in vigore al tempo della stipulazione (perchè abrogata dalla L. n. 498 del 1992, art. 15, comma 5), quando l’istituto della revisione prezzi non era più operante.

4.- La Provincia di Napoli deduceva, infatti, che le parti, con l’atto di sottomissione del gennaio 1998, avevano adottato una nuova manifestazione di volontà a contenuto transattivo in ordine ai reciproci diritti scaturenti dall’affidamento dei lavori di completamento dell’opera ed avevano escluso ogni meccanismo di revisione dei prezzi.

5.- La Corte d’appello, con la sentenza impugnata in questa sede, ha accolto la predetta censura, attribuendo carattere autonomo e novativo all’atto di sottomissione del 22 gennaio 1998, e quindi ha negato il diritto del Consorzio ad ottenere, per il periodo successivo, il compenso revisionale secondo il meccanismo regolato della L. n. 41 del 1986, citato art. 33, comma 4, medio tempore abrogato.

6.- Avverso questa sentenza ha proposto ricorso il Consorzio CPR 3, con un motivo, deducendo violazione delle norme (L. n. 41 del 1986, art. 33,L. n. 37 del 1973, art. 2,L. n. 2248 del 1865, artt. 343 e 344, D.P.R. n. 1063 del 1962, artt. 13 e 14, L. n. 109 del 1994, art. 25, D.P.R. n. 554 del 1999, artt. 134 e 135, D.M. n. 145 del 2000, artt. 10,11 e 12, D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 132 e del D.P.R. n. 207 del 2010, artt. 161 e 162, nonchè degli artt. 1320 c.c. e segg.,) riguardanti la revisione dei prezzi, lo ius variandi dell’amministrazione nell’ambito dei lavori pubblici e di ermeneutica contrattuale, e indebita commistione tra le distinte figure dell’atto aggiuntivo e dell’atto di sottomissione.

7.- La Provincia di Napoli ha resistito con controricorso.

8.- La ricorrente ha presentato memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Il Consorzio contesta la conclusione cui è giunta la Corte di merito, che ha accertato la natura autonoma dell’atto di sottomissione del 22.1.1998 (avente ad oggetto l’esecuzione di lavori non previsti nell’originario contratto, con la previsione del corrispettivo aggiornato, delle modalità di liquidazione, dei tempi di esecuzione e delle penali) e, in ragione di ciò, lo ha ritenuto soggetto ai limiti di validità fissati dalla normativa vigente al momento della sua stipulazione, quando non era più vigente della L. n. 41 del 1986, art. 33, comma 4.

2.- La questione centrale del ricorso riguarda la natura negozia le dell’atto di sottomissione del 22 gennaio 1998 (novativo e autonomo o meramente integrativo e accessorio) rispetto al contratto principale.

3.- Come puntualmente rilevato dal PG, il ricorso è volto a sollecitare una nuova valutazione del merito riguardante il significato del testo contrattuale e l’accertamento della volontà delle parti, dolendosi il ricorrente formalmente di una violazione di norme di legge ma, nella sostanza, censurando l’esito dell’attività ermeneutica, la quale, a suo dire, non risulterebbe conforme alle norme in materia.

4.- Nel contrasto tra le rispettive deduzioni, risulta evidente che si tratta di una mera questione interpretativa rimessa al giudice di merito e sindacabile dalla Corte di Cassazione nel solo caso di violazione delle norme in materia di interpretazione dei contratti (artt. 1362 c.c. e segg.) che, pur essendo stata dedotta nel caso di specie, non è stata specificata in concreto, nè sono stati indicati i canoni non osservati ed il modo in cui il giudice di merito si sia discostato da essi.

5.- L’interpretazione del contratto può essere sindacata in sede di legittimità solo nel caso di violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, sicchè, quando di un testo contrattuale siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (da ultimo, Cass. n. 11254/2018).

6.- In particolare, la Corte di merito, a fronte di una accurata e incontestata ricostruzione dei fatti (contenuta nelle pagg. 17 e 18 della sentenza impugnata), ha ritenuto la natura (autonoma) dell’atto di sottomissione, nel quale le parti, pur facendo riferimento a precedenti pattuizioni, parzialmente eseguite, hanno modificato consapevolmente l’oggetto del negozio, con l’inserimento di lavori non previsti nell’originario contratto, così non condividendo la tesi del Consorzio secondo cui si sarebbe trattato di un unico e unitario complesso contrattuale.

7.- La Corte napoletana ha interpretato l’atto di sottomissione del 1998 ed è pervenuta ad una conclusione diversa da quella invocata dal ricorrente, osservando che: “Vero è piuttosto che, così come accaduto nel giugno del 1990, allorchè è del pari intervenuta una rinegoziazione dell’affidamento rispetto alla convenzione originaria del 1981 e a quelle del 1985-1986, anche con l’atto di sottomissione del 1998, le parti, pur facendo riferimento a precedenti pattuizioni, parzialmente eseguite, hanno modificato l’oggetto del negozio, fissando nel contempo il relativo prezzo e le nuove modalità di liquidazione, nonchè i tempi di esecuzione. Invero, con l’atto di sottomissione del 1998 le parti hanno pattuito l’esecuzione di alcuni lavori non previsti nell’originario contratto (cfr. la perizia di variante), fissando per essi il corrispettivo aggiornato, le modalità di liquidazione, i tempi di esecuzione nonchè la misura della penale giornaliera in caso di ritardo nell’ultimazione dei lavori. Pertanto, è indubbio che tale atto assume il carattere di contratto autonomo, soggetto ai limiti di validità fissati dalla normativa vigente al momento della sua stipulazione” (cfr. pag. 19 della sentenza impugnata).

8.- In effetti, alla data di adozione dell’atto di sottomissione, il meccanismo della revisione prezzi era stato abolito dalla L. n. 498 del 1992, art. 15, comma 5 e tale nuova norma era stata richiamata negli atti deliberativi costituenti il presupposto fattuale e logico dell’atto di sottomissione (in particolare, nella Delib. n. 1608 del 1997, a sua volta richiamata nella Delib. 23 dicembre 1997, n. 2335, avente ad oggetto i “Lavori di ristrutturazione ed adeguamento della Circumvallazione esterna di Napoli tratto Largo Patria – Lufrano 2 lotto. Affidamento dei lavori di completamento per un importo di (…) Rettifica ed integrazione Delib. n. 1068 del 1997”).

9.- Il ricorrente ha contestato inoltre la possibilità di ravvisare nell’atto in questione un contratto autonomo, poichè l’importo dei lavori diversi da quelli indicati nel contratto originario non supererebbe il c.d. quinto d’obbligo.

10.- La Provincia di Napoli fondatamente ha eccepito la novità di tale eccezione, riguardante i meccanismi operativi del c.d. “quinto d’obbligo”, in quanto sollevata dal ricorrente per la prima volta nel presente giudizio di cassazione (la controricorrente ha correttamente osservato che “il Consorzio non si è limitato od illustrare una mera argomentazione difensiva, ma ha inteso eccepire la mancanza del carattere di autonomia del controverso atto sottoscritto dalle parti in data 22.1.1998, ovvero la unicità del rapporto contrattuale, sotto un profilo del tutto nuovo, rispetto al quale non si è mai instaurato il contraddittorio nei precedenti gradi di giudizio”).

11.- Con riguardo al fondo della questione, la giurisprudenza, ordinaria e amministrativa, è nel senso che l’accordo intervenuto tra le parti per l’esecuzione di nuovi lavori in variante per un importo superiore di oltre un quinto (a quello stabilito) richiede un nuovo impegno di spesa e la stipulazione di un nuovo contratto che deve essere considerato come contratto autonomo rispetto a quello originario (Cass. n. 10663/2011), al quale è applicabile la normativa vigente in quel momento (Cons. di Stato, sez. 5, n. 7130/2005).

12.- Ciò tuttavia non significa che se non è superato il predetto limite del “quinto” l’accordo non sarebbe mai configurabile come nuovo e autonomo, con la conseguenza che il regime normativo applicabile sarebbe sempre quello del contratto originario. E’ compito del giudice di merito, infatti, valutare il tenore delle intese raggiunte tra le parti e dell’accordo raggiunto sugli ulteriori lavori da eseguire e sul relativo prezzo aggiornato, come presupposto logico e giuridico per ritenerlo autonomo o meramente accessorio al contratto principale.

13.- Nella specie, la Corte territoriale ha attribuito all’atto di sottomissione del gennaio 1998 carattere autonomo rispetto alle previsioni originarie, all’esito di un incensurabile apprezzamento di fatto che l’ha condotta a rilevare l’autonomia e la diversità dei due atti contrattuali quanto all’oggetto delle prestazioni, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo e, in definitiva, l’esistenza di una nuova manifestazione di volontà da parte dei contraenti.

14.- Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

E’ dovuto il raddoppio del contributo unificato da parte del ricorrente, come per legge.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 5200,00, di cui Euro 5000,00 per compensi.

Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2018

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