Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3088 del 06/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/02/2017, (ud. 13/12/2016, dep.06/02/2017),  n. 3088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28984/2015 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour,

presso la Corte Suprema di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato PIERO EUGENIO VIGHETTI, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), P.I. (OMISSIS), in persona dell’amministratore

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA,

44, presso lo studio dell’avvocato MARCO DE FAZI, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato STEFANO MARIA COMMODO, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

P.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 838/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

emessa e depositata il 05/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che il consigliere relatore Dott. Enrico Scoditti ha depositato in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: ” M.M. propose ricorso ai sensi dell’art. 617 c.p.c., relativamente all’esecuzione immobiliare promossa dal (OMISSIS), riunita ad altra procedura esecutiva promossa da P.F.. Disattesa dal giudice dell’esecuzione l’istanza di sospensione del processo esecutivo, ed assegnato termine per l’iscrizione a ruolo della causa, il M. propose opposizione agli atti esecutivi innanzi al Tribunale di Torino che, all’esito dell’instaurazione del contraddittorio, rigettò la domanda, con condanna del ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c.. Avverso detta sentenza propose appello la parte esecutata. Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell’appello. Con sentenza di data 5 maggio 2015, resa a verbale ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., la Corte d’appello di Torino, premesso che il Tribunale aveva qualificato l’opposizione come opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c. e che pertanto la sentenza era solo ricorribile in Cassazione ai sensi dell’art. 111 c.p.c., dichiarò inammissibile l’appello. Ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi M.M. e resiste con controricorso la parte intimata.

Va preliminarmente rilevata l’inammissibilità del ricorso per mancanza (dell’esposizione sommaria dei fatti di causa. Il requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dell’art. 366 c.p.c., n. 3, postula che il ricorso per cassazione, pur non dovendo necessariamente contenere una parte relativa alla esposizione dei fatti strutturata come premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi o tradotta in una narrativa analitica o particolareggiata dei termini della controversia, offra, almeno nella trattazione dei motivi di impugnazione, elementi tali da consentire una cognizione chiara e completa non solo dei fatti che hanno ingenerato la lite, ma anche delle varie vicende del processo e delle posizioni eventualmente particolari dei vari soggetti che vi hanno partecipato, in modo che si possa di tutto ciò avere conoscenza esclusivamente dal ricorso medesimo, senza necessità di avvalersi di ulteriori elementi o atti, ivi compresa la sentenza impugnata (Cass. 28 febbraio 2006, n. 4403). Il ricorso manca di un’esposizione dei fatti strutturata come premessa autonoma, constando quest’ultima di censure alla sentenza di appello non articolate in autonomi motivi, ma anche dall’articolazione di ciascun motivo non si comprendono le diverse vicende del processo, per comprendere le quali è necessario attingere alla sentenza impugnata ed anche allo stesso controricorso. Sussistono inoltre ulteriori profili di inammissibilità con riferimento a ciascun motivo.

Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 671 e 618 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Lamenta il ricorrente che, non essendo stato emesso il provvedimento ai sensi dell’art. 618 c.p.c., non poteva essere dichiarata l’inammissibilità dell’appello. Il motivo è inammissibile, vertendo la pronuncia di inammissibilità dell’appello evidentemente in relazione non ai provvedimenti previsti dall’art. 618, ma alla sentenza oggetto di impugnazione (nè, peraltro, la qualificazione del ricorso ai sensi dell’art. 617, può dipendere dall’adozione dei provvedimenti previsti dall’art. 618 – lo stesso ricorrente espone tuttavia che il giudice dell’esecuzione aveva disatteso l’istanza di sospensione dell’esecuzione).

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Lamenta il ricorrente che la Corte d’appello, avendo condannato l’appellante al solo rimborso delle spese processuali per mancanza dei presupposti di cui all’art. 96 c.p.c., avrebbe dovuto riformare la sentenza di primo grado nella parte in cui disponeva la condanna per responsabilità aggravata. Il motivo è inammissibile in quanto resta estraneo alla ratio decidendi di inammissibilità dell’appello per esclusiva ricorribilità in cassazione della sentenza impugnata.

Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4. Lamenta il ricorrente che la Corte d’appello aveva omesso di pronunciare su una serie di domande proposte, ed in particolare la nullità del processo per mancata celebrazione dell’udienza di cui all’art. 618 c.p.c. e l’illegittimità del provvedimento di riunione delle procedure esecutive. In disparte le ragioni di infondatezza del motivo, non essendo configurabile l’omessa pronuncia stante la statuizione di inammissibilità dell’appello, il motivo pecca di autosufficienza, mancando la specifica indicazione delle domande proposte in appello su cui il giudice del gravame avrebbe omesso di pronunciare.

Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4. Lamenta il ricorrente che era stato violato il diritto di difesa dell’appellante avendo la Corte d’appello, anzichè trattare la causa ai sensi dell’art. 352 c.p.c., deciso la controversia con sentenza a verbale ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c.. Il motivo è inammissibile. Nel giudizio di gravame dinanzi alla corte d’appello non è applicabile l’art. 281-sexies c.p.c., che disciplina la decisione a seguito di trattazione orale nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, dovendosi invece fare riferimento esclusivo a quanto dettato dal secondo comma dell’art. 352 c.p.c.. Tuttavia, qualora la corte d’appello abbia applicato l’art. 281-sexies citato, seguendo la relativa disciplina, la nullità del procedimento è sanata, ai sensi dell’art. 157 c.p.c., comma 2, ove, a fronte dell’invito rivolto alle parti di discutere oralmente la causa nella stessa udienza, quest’ultime non si oppongano, nè richiedano il termine per il deposito della comparsa conclusionale e della memoria di replica, in tal modo omettendo di tenere il comportamento processuale necessario per indurre il Collegio a procedere nelle forme ordinarie restando altresì esclusa la violazione dei principi regolatori del giusto processo, ex art. 360-bis c.p.c., comma 1, n. 2, là dove le stesse parti abbiano avuto la possibilità di svolgere appieno le proprie difese (Cass. 13 novembre 2011, n. 21216). In violazione del principio di autosufficienza il ricorrente non ha dedotto (nè tanto meno ha indicato le relative risultanze del processo verbale d’udienza) se, a fronte dell’invito rivolto alle parti di discutere oralmente la causa nella stessa udienza, si sia opposto o abbia richiesto il termine per il deposito della comparsa conclusionale e della memoria di replica. Il ricorrente non ha neanche specificatamente dedotto, indicando le relative ragioni, che in conseguenza della sentenza resa a verbale non ha avuto la possibilità di svolgere appieno le proprie difese”;

che sono seguite le rituali comunicazioni e notificazioni, e che è stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide la proposta di decisione contenuta nella relazione del consigliere relatore, con l’ulteriore precisazione che il ricorso è altresì tardivo perchè, applicandosi il termine semestrale per l’impugnazione stante l’introduzione del giudizio il giorno 21 ottobre 2011, e non trovando applicazione la sospensione del termine feriale in considerazione della natura della controversia, rispetto alla sentenza depositata in data 5 maggio 2015 il procedimento notificatorio è stato introdotto solo in data 4 dicembre 2015;

che pertanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

che va disattesa l’istanza di condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c., proposta dal controricorrente perchè, essendo intervenuta in primo grado condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., la proposizione, nel giudizio di legittimità, di ulteriore domanda ai sensi della medesima disposizione deve riferirsi specificamente ai danni patiti per tale grado di giudizio, da allegarsi con sufficiente analiticità ed autonomia rispetto a quelli già risarciti con la precedente condanna (cfr. Cass. 7 ottobre 2013, n. 22812), e tale onere non risulta assolto dalla parte istante;

che poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in Euro 1.700,00 per compenso, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e oneri di legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2017

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