Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30875 del 26/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 26/11/2019, (ud. 07/05/2019, dep. 26/11/2019), n.30875

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15580-2018 proposto da:

O.E.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GOLAMETTO 4, presso lo studio dell’avvocato FRANCO ANTONAZZO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIANFRANCESCO

GARATTONI, ADRIANO DEL BIANCO;

– ricorrente –

contro

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E

PERITI COMMERCIALI, in persona del procuratore speciale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 44/46,

presso lo studio dell’avvocato MATTIA PERSIANI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIOVANNI BERETTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 820/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 07/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO

RIVERSO.

Fatto

RILEVATO

Che:

la Corte d’appello di Milano con la sentenza n. 820/2017 accogliendo l’appello della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti Commerciali rigettava le domande proposte da O.E.F. intese ad ottenere l’accertamento del diritto alla liquidazione della sua pensione di anzianità, maturata a decorrere dall’1.8.2012, secondo il principio del pro rata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763 e quindi sulla base dei criteri vigenti anteriormente alla delib. del comitato dei delegati 22 giugno 2002 e 7 giugno 2003.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione O.E.F. con due motivi ai quali ha resistito la CNPR con controricorso illustrato da memoria.

E’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Diritto

RITENUTO

Che:

1. – con il primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, nonchè della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488; si sostiene ad illustrazione del motivo che la Corte d’appello di Milano ha erroneamente riconosciuto illegittima efficacia retroattiva alla norma introdotta dalla L. n. 296 del 2006 (c.d. legge finanziaria 2007).

2. – Col secondo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488, sostenendosi che la Corte d’appello ha attribuito alla norma citata carattere interpretativo senza avvedersi che essa non potrebbe comunque produrre effetti per il periodo anteriore all’entrata in vigore della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, che non esisteva all’epoca della emanazione delle delibere della Cassa che hanno determinato la liquidazione della pensione del ragioniere.

3. – I due motivi di ricorso, i quali possono esaminarsi congiuntamente per connessione, devono ritenersi manifestamente infondati alla luce dei principi consolidati all’interno della giurisprudenza di questa Corte ed enunciati dalle Sezioni unite con le sentenze n. 18136/2015 e n. 17742/2015.

E’ stato invero messo in evidenza che per i trattamenti pensionistici come quello in oggetto, maturati a partire dal 10 gennaio 2007, trova applicazione la L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, ma nella formulazione introdotta dalla cit. L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, che prevede che gli enti previdenziali emettano i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio finanziario di lungo termine, “avendo presente” – e non più rispettando in modo assoluto – il principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni, con espressa salvezza degli atti e delle deliberazioni in materia previdenziale già adottati dagli enti medesimi ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della L. n. 296 del 2006. Tali atti e deliberazioni, in ragione della disposizione qualificata di interpretazione autentica recata dalla L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 488 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2014), si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine. Consegue che è legittima la liquidazione dei trattamenti pensionistici fatta dalla Cassa con decorrenza del 10 gennaio 2007 nel rispetto della citata normativa regolamentare interna (delibere 22.06.02, 7.06.03 e 20.11.03)”.

L’applicazione di tali principi non dà luogo alla violazione di regole costituzionali nè di quelle enunciate dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo. Al riguardo può farsi rinvio alla motivazione della sentenza delle Sezioni Unite dell’8.09.15 n. 17742 che esclude la violazione di detti parametri.

4. – Tenuto conto di tali principi, deve rilevarsi che nella fattispecie in esame l’assicurato ha maturato il diritto a pensione in data successiva al 1 gennaio 2007, e che, quindi, risultano rilevanti tanto la modifica apportata alla L. n. 335, art. 3, comma 12, dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, quanto l’interpretazione data dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488.

5. – In definitiva il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ex art. 360 bis c.p.c., n. 1.

Le spese seguono la soccombenza come in dispositivo.

Deve darsi atto che sussistono le condizioni richieste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente.

PQM

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 3.200 complessive di cui 3.000 per compensi professionali, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019

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