Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30874 del 22/12/2017


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Civile Sent. Sez. L Num. 30874 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA

sul ricorso 10631-2012 proposto da:
ROMA CAPITALE C.F. 02438750586 già Comune di Roma, in
persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21,
presso lo studio dell’avvocato CARLO SPORTELLI, che
lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2017
3954

contro

PATUZZI VITTORIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA AGRI l, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE
NAPPI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in

Data pubblicazione: 22/12/2017

atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9809/2011 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 17/02/2012 R.G.N.
3175/2009;

udienza del 11/10/2017 dal Consigliere Dott. DANIELA
BLASUTTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato CRISTINA MONTANARO per delega
verbale Avvocato CARLO SPORTELLI;
udito l’Avvocato MASSIMO NAPPI per delega verbale
Avvocato PASQUALE NAPPI.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

RG 10631/2012

FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 9809/2011, in accoglimento dell’appello
proposto da Patuzzi Vittorio, in riforma della gravata sentenza, ha dichiarato l’ascrivibilità delle
patologie lamentate dall’appellante, dipendente del Comune di Roma, nella VI categoria della
Tabella A e, per l’effetto, ha condannato il Comune di Roma a pagare all’appellante l’equo
indennizzo nella misura di legge.
2. In particolare, la Corte territoriale ha condiviso le conclusioni espresse dal CTU nominato in

inficiate da avverse deduzioni”, sono state ritenute “pienamente condivisibili”.
3. Per la cassazione di tale sentenza il Comune di Roma ora Roma Capitale ha proposto ricorso
affidato ad un motivo, cui resiste il Patuzzi con controricorso, seguito da memoria ex art. 378
c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il Comune di Roma, ora Roma Capitale, con unico motivo, dopo ampia narrativa dei fatti di
causa, da cui risulta che il Patuzzi, Vigile del Corpo della Polizia Municipale, a seguito di plurimi
traumi riportati nello svolgimento del servizio, propose

domanda

per il riCòiiWirriCritO della

ascrivibif ità del complesso patologico nella V categoria della Tabella A, censura la sentenza di

appello per insufficienza di motivazione, in relazione all’art. 360 n 5 c.p.c., addebitando alla
Corte territoriale di avere motivato la decisione mediante mero rinvio alle argomentazioni del
CTU, ricorrendo a clausole di stile.
1.1. A sostegno della censura, deduce la lacunosità della relazione peritale, poiché il
Consulente tecnico d’ufficio, operata la ricostruzione dei fatti di causa e delle censure delle
parti, si era limitato a svolgere considerazioni di ordine generale relative alla “causa di servizio”
e ai criteri medico-legali di valutazione del danno, senza alcuna analisi critica relativa al caso in
esame: in particolare, il C.t.u. aveva affermato il modificarsi della situazione clinica in relazione
all’istanza del 22 settembre 1989, facendo generico riferimento al sopraggiungere di nuove
alterazioni patologiche relative a plurimi infortuni sul lavoro.
1.2. L’Amministrazione ricorrente deduce che la carenza della relazione medico-legale aveva
inficiato la motivazione della sentenza, che si era limitata a recepirla pedissequamente.
2. Il ricorso è inammissibile.
3. Innanzitutto, non è riportata la c.t.u. nella sua integralità, essendo trascritti solo brevi
stralci, del tutto inidonei a rendere conto degli accertamenti diagnostici (che la Corte di appello
ha riferito essere stati numerosi), ne’ delle valutazioni medico-legali svolte dal C.t.u., delle
quali il Comune ricorrente si limita ad affermare la genericità. La mancata trascrizione della
relazione peritale svolta in grado di appello, in violazione degli oneri di cui all’art. 366 n. 6
c.p.c., preclude in radice la stessa possibilità di valutare la fondatezza delle censure.

grado di appello, le cui motivazioni, “rassegnate all’esito di numerosi accertamenti e non

RG 10631/2012

3.1. In tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che addebita alla
consulenza tecnica d’ufficio lacune di accertamento o errori di valutazione oppure si duole di
erronei apprezzamenti contenuti in essa (o nella sentenza che l’ha recepita) ha l’onere di
trascrivere integralmente nel ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi e
di riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al fine di evidenziare gli
errori commessi dal giudice del merito nel limitarsi a recepirla e nel trascurare completamente
le critiche formulate in ordine agli accertamento ed alle conclusioni del consulente d’ufficio. Le

specificità tale da consentire alla Corte di legittimità di apprezzarne la decisività direttamente
in base al ricorso (Cass. n. 13845 del 2007, v. pure Cass. n. 3224 e 16368 del 2014),
dovendosi escludere che la precisazione possa viceversa consistere in generici riferimenti ad
alcuni elementi di giudizio, meri commenti, deduzioni o interpretazioni, traducentisi in una
sostanziale prospettazione di tesi difformi da quelle recepite dal giudice di merito, di cui si
chiede a tale stregua un riesame, inammissibile in sede di legittimità (Cass. n. 17369 del 2004,
conf. Cass. n. 21090 del 2004, n. 79 del 2006, n. 9254 del 2007; v. Cass. n. 13845 del 2007).
4. Inoltre, non è affetta da vizio di motivazione la sentenza che si sia limitata a recepire gli
esiti della c.t.u.. Va premesso che il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza
che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile in
caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o
nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può
prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la
censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del
convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta
prestazione (Cass. n. 1652 del 2012). La giurisprudenza di questa Corte è del tutto
consolidata al riguardo (cfr. ex multis, Cass. n. 569 del 2011; n. 8654 del 2008, 9988 del
2009, n. 15796 del 2004).
5. Solo allorché ad una consulenza tecnica d’ufficio siano mosse critiche puntuali e dettagliate
da un consulente di parte, il giudice che intenda disattenderle ha l’obbligo di indicare nella
motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta, senza che possa limitarsi a richiamare
acriticamente le conclusioni del proprio consulente, ove questi a sua volta non si sia fatto
carico di esaminare e confutare i rilievi di parte (incorrendo, in tal caso, nel vizio di
motivazione deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. (Cass. n.
10688 del 2008, 25862 del 2011, 23637 del 2016).
5.1. Nel caso di specie, non risulta prospettato con il ricorso per cassazione che il Comune di
Roma avesse mosso specifiche censure successivamente al deposito dell’elaborato peritale e
che tali censure non fossero state esaminate dalla Corte.

2

critiche mosse alla consulenza ed alla sentenza devono pertanto possedere un grado di

RG 10631/2012

6. Il ricorso va dichiarato inammissibile, con onere delle spese a carico di parte soccombente e
distrazione in favore del procuratore, avv. Pasquale Nappi, dichiaratosi antistatario.
OlekiA,1?,4 1,2s itAl.e3(13(t(-

P.Q.M.

a Cor-f-e. V~Ci.. il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, che liquida in C 4.000,00 per compensi e in C 200,00 per esborsi, oltre spese generali
nella misura del 15% e accessori di legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.

Roma, così deciso nella camera di consiglio del’11 ottobre 2017

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