Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30870 del 29/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 29/11/2018, (ud. 24/10/2018, dep. 29/11/2018), n.30870

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21234-2017 proposto da:

P.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARNABA

TORTOLINI 30, presso lo studio del Dott. ALFREDO PLACIDI,

rappresentato e difeso dall’avvocato MAURIZIO MUSCI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

– intimati –

avverso la sentenza n. 470/11/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BARI, depositata il 10/02/2017; udita la relazione

della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del

24/10/2018 dal Consigliere Relatore Dott. PIERPAOLO CORI.

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza n. 470/11/17 depositata in data 10 febbraio 2017 la Commissione tributaria regionale della Puglia (in seguito, la CTR) accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 1053/11/15 della Commissione tributaria provinciale di Bari (in seguito, la CTP) che aveva accolto i ricorsi di P.P. (in seguito, il contribuente) contro gli avvisi di accertamento IRPEF ed altro 2010-2011;

– La CTR osservava in particolare che, fondata giuridicamente in astratto la presunzione di distribuzione di utili non contabilizzati nelle società di capitali a ristretta base proprietaria (vieppiù quale quella in questione, a socio unico), tale presunzione doveva altresì considerarsi fondata in concreto, sulla base dei plurimi indizi addotti dall’Ente impositore in relazione alle due annualità fiscali oggetto di verifica, essendo comunque irrilevante/inadeguata la prova documentale contraria offerta dal contribuente;

– Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione il contribuente deducendo tre motivi;

– Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56 e dell’art. 329 c.p.c., poichè la CTR ha pronunciato sul merito delle pretese erariali, senza tuttavia che lo stesso fosse stato devolutole con il gravame dell’Agenzia, essendo il medesimo lo stesso limitato alla critica della sentenza appellata con riguardo alla congruità della motivazione degli avvisi di accertamento impugnati, sicchè in virtù delle disposizioni processuali evocate se ne doveva dedurre la presunzione di rinuncia dell’appellante ed il passaggio in giudicato della sentenza appellata in parte qua;

– La censura è infondata. L’agenzia fiscale controricorrente (pag. 4 ss. del controricorso) ha ben evidenziato infatti che l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio locale, era univocamente inteso a censurare la pronuncia gravata non soltanto rispetto alla questione della motivazione degli atti impositivi, bensì e diffusamente, proprio sulle valutazioni meritali delle sue pretese creditorie nella medesima contenute. Nessuna rinuncia/acquiescenza quindi e nessun giudicato interno si era quindi prodotto rispetto alla sentenza di primo grado;

– Con il secondo motivo il ricorrente si duole di omesso esame di fatti decisivi controversi, poichè la CTR non ha puntualmente considerato e valutato le circostanze di fatto oggetto delle contestazioni agenziali, anche con riguardo alle sue difese e contro prove;

– La censura è inammissibile. Va ribadito che “Il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” (Cass. 10 giugno 2016 n.11892). Lo sviluppo della censura segue uno schema critico che non è consentito dal principio di diritto citato;

– Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., poichè la CTR non ha adeguatamente valutato le prove presuntive basanti gli avvisi di accertamento impugnati, con particolare riguardo alla sussistenza di utili societari non contabilizzati e distribuiti;

– La censura è inammissibile e comunque infondata. Anzitutto, in generale, va ribadito che: “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione” (ex multis Cass., n. 26110 del 2015);

– “Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione” (Cass. 7 aprile 2017 n. 9097);

– Lo sviluppo della censura collide radicalmente con le indicazioni sui limiti del giudizio di cassazione rivenienti dai principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali, sostanzialmente mirando ad ottenere da questa Corte una “revisione” del giudizio in appello sulle prove presuntive basanti le pretese fiscali che non le è pacificamente consentito;

– Peraltro, più nello specifico, va altresì dato seguito al principio di diritto che “La valutazione della prova presuntiva esige che il giudice di merito esamini tutti gli indizi di cui disponga non già considerandoli isolatamente, ma valutandoli complessivamente ed alla luce l’uno dell’altro, senza negare valore ad uno o più di essi sol perchè equivoci, cosi da stabilire se sia comunque possibile ritenere accettabilmente probabile l’esistenza del fatto da provare” (Cass. 13 marzo 2014 n. 5787);

– Tale arresto giurisprudenziale è stato concretamente applicato dalla CTR, che con molta puntualità ha esaminato sia le prove indiziarie allegate dall’Ente impositore sia le contro prove, in particolare, documentali del contribuente;

– Il ricorso va rigettato, per inammissibilità dei motivi, e al rigetto segue secondo soccombenza il regolamento delle spese di lite, liquidate come da dispositivo, oltre che il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 5.600,00 oltre Spese prenotate a debito.

La Corte dà atto che, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), art. 1, comma 17, per effetto del presente provvedimento sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore contributo unificato di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis, testo unico spese di giustizia.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2018

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