Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3087 del 11/02/2010

Cassazione civile sez. III, 11/02/2010, (ud. 15/12/2009, dep. 11/02/2010), n.3087

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10610-2005 proposto da:

V.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE SS. PIETRO E PAOLO 50, presso lo studio dell’avvocato

MAURO VINCENZO, rappresentato e difeso dall’avvocato TORCHIA ANSELMO

con delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.M. (OMISSIS), VO.FR.,

(OMISSIS), VO.MA.RI. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI DAUNI 2, presso lo studio

dell’avvocato MANNI MARIA OLGA, che li rappresenta e difende con

delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 4185/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Sezione Agraria, emessa il 01/10/2004; depositata il 02/02/2005;

R.G.N. 151/20 03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2009 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

udito l’Avvocato MARIA OLGA MANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con l’unico motivo di ricorso. V.A. censura la decisione della Corte di Appello di Roma del 3 ottobre 2004, notificata il 18 febbraio 2005, con la quale è stata rigettata la sua domanda riconvenzionale, diretta all’accertamento della usucapione ordinaria sul fondo agricolo di proprietà di F. M., Vo.Fr. e Vo.Ma.Te., ed accolta invece la domanda di questi ultimi, di rilascio del fondo.

I giudici di appello concordavano con quanto già affermato dal Tribunale, in ordine alla esistenza di un comodato gratuito, non snaturato dal vincolo di una piccola quantità di vino (140 litri all’anno).

Resistono con controricorso gli originari attori.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1803 c.c. e segg., nonchè travisamento dei fatti, omessa e/o insufficiente motivazione.

Le circostanze poste dai giudici di appello alla base della qualificazione del rapporto come di comodato gratuito erano del tutto insufficiente a sorreggere la decisione. La Corte territoriale non aveva considerata, con la dovuta attenzione, l’entità dei lavori eseguiti sul fondo ed i molti cambiamenti operati.

Osserva il Collegio:

il ricorso è inammissibile ancor prima che infondato.

Con motivazione adeguata che sfugge a tutte le censure di violazione di legge e di vizi della motivazione, i giudici di appello hanno escluso che nel caso di specie fosse intervenuta usucapione ordinaria del fondo, per effetto dell’azione giudiziaria intrapresa.

Il teste sentito, del resto, aveva confermato che il V. aveva iniziato a coltivare il fondo nel (OMISSIS).

La affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale al momento della vendita di un più ampio terreno allo stesso V., furono le stesse venditrici ad immettere quest’ultimo nel possesso gratuito del terreno escluso dalla vendita, non è stata censurata espressamente dal ricorrente.

La presunzione di possesso utile “ad usucapionem” di cui all’art. 1141 cod. civ. non opera quando la relazione con la cosa consegua non ad un atto volontario d’apprensione, ma ad un atto o ad un fatto del proprietario – possessore, poichè l’attività del soggetto che dispone della cosa (configurabile come semplice detenzione o precario) non corrisponda all’esercizio di un diritto reale, non essendo svolta in opposizione al proprietario.

In tal caso la detenzione non qualificata di un bene immobile può mutare in possesso solamente all’esito di un atto d’interversione idoneo ad escludere che il persistente godimento sia fondato sul consenso, sia pure implicito, del proprietario concedente (Cass. N. 5551 del 15 marzo 1995). Ipotesi, questa ultima, neppure ipotizzata dal ricorrente: donde un primo profilo di inammissibilità delle censure proposte.

Le uniche doglianze formulate dal ricorrente riguardano la qualificazione del rapporto dedotto in causa.

Come già accennato, i giudici di appello hanno rilevato che il rapporto che si era instaurato tra il V. ed il fondo era dipeso dalla esplicita volontà dei venditori, i quali – al momento della vendita di un terreno più ampio allo stesso V. – avevano inteso riservarsi una parte del terreno, per mantenere vivo il ricordo del genitore, richiedendo solo la consegna periodica di una piccola quantità di vino, tratto dalla vigna coltivata nel fondo.

La decisione impugnata appare in linea con il consolidato orientamento di questa Corte.

Per costante giurisprudenza, il carattere di essenziale gratuità del comodato non viene meno se vi si inserisce un modus posto a carico del comodatario di consistenza tale da non costituire corrispettivo del godimento della cosa (sent. n. 1843/76; 3834/80; n. 2151/84, 9694 del 1994, 498176 del 1997, 8703 del 2002).

In particolare, è stato più volte affermato che il carattere essenzialmente gratuito del comodato non viene meno per effetto della apposizione, a carico del comodatario, di un “modus”(nella specie, la consegna periodica di una certa quantità di prodotti del fondo concesso dal comodante) di consistenza tale da non poter integrare le caratteristiche di corrispettivo del godimento del bene. (Cass. 8703 del 17 giugno 2002, 9694 del 1994, 4976 del 1997).

Ora, ha ritenuto la Corte d’appello che la previsione della consegna di un certo, modesto, quantitativo di vino, da effettuarsi ogni anno, non fosse tale da snaturare la gratuità del rapporto.

A fronte di tale motivata conclusione, si infrangono tutte le censure formulate con il ricorso.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 1.800,00 (milleottocento/00) di cui Euro 1.600,00 (milleseicento/00) per onorari di avvocato, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2010

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