Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3087 del 09/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 09/02/2021, (ud. 29/09/2020, dep. 09/02/2021), n.3087

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

Dott. MELE F. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26189-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ICF SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI

5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CESARE GLENDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7/2014 della COMM.TRIB.REG. di AOSTA,

depositata il 01/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/09/2020 dal Consigliere Dott. MELE FRANCESCO;

Per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale di Aosta n. 7/2/14 depositata l’1.7.2014.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29 settembre 2019 dal relatore, consigliere Dott. Mele Francesco.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– A seguito di verifica per l’anno 2006 a carico della ditta individuale P.A. di Catanzaro, la G. di F. di quella città segnalava l’emissione di fatture per operazioni inesistenti alla G. di F. di Aosta, la quale avviava verifica nei confronti della società I.C.F. srl di Aosta, intestatarìa delle fatture in questione, contestando, all’esito, nel relativo PVC, di avere contabilizzato e dedotto dal reddito per l’anno 2006 una fattura della ditta individuale P.A., rilasciata in assenza di rapporti tra le due.

La I.C.F. sri comunicava alla G. di F. di avere ricevuto dalla ditta P. n. 4 fatture, tutte pagate, nel periodo corrente tra gennaio 2006 e luglio 2009; la ditta P. faceva presente di non conoscere la società aostana e di non avere mai svolto la propria attività imprenditoriale al di fuori del territorio calabrese.

L’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di I.C.F. srl avviso di accertamento per recuperare a tassazione maggiori importi per IRES, IRAP ed IVA, con l’irrogazione della relativa prevista sanzione amministrativa.

– Avverso tale atto impositivo proponeva ricorso la società contribuente; resisteva l’Ufficio. La Commissione tributaria provinciale di Aosta rigettava il ricorso con sentenza che veniva appellata dalla società, appello accolto dalla Commissione tributaria regionale di Aosta con la menzionata sentenza.

Per la cassazione di tale sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, affidato a due motivi, al quale resiste con controricorso la società contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorso consta di due motivi che recano: 1) “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, 22, 27,55, art. 57, comma 2 e art. 61, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2 e degli artt. 112,113 e 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”; 2) “Omesso esame di fatti decisivi in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 (subordinata)”.

– Con il primo motivo, la ricorrente si riferisce alla sentenza della CTP laddove il primo giudice “ebbe a dichiarare la mancanza in atti della copia notificata del ricorso, ancorchè ritenne di non dichiarare del ricorso, bensì di rigettarlo nel merito”. Ciò premesso e considerato che la società non ebbe ad impugnare la sentenza se non per le statuizioni di merito, l’Ufficio conclude evidenziando la formazione del giudicato sul punto in questione -in assenza di gravame anche da parte dell’Agenzia, per carenza di interesse- il che avrebbe dovuto imporre alla CTR di dichiarare la inammissibilità (rilevabile in ogni stato e grado) del ricorso introduttivo, piuttosto che accogliere il gravame nel merito.

– Il motivo è inammissibile.

– L’Ufficio non ha sollevato dinanzi alla CTR la questione oggetto della prima doglianza (è stato invocato, infatti, il rigetto del ricorso “in quanto infondato in fatto e in diritto”), anzi con la costituzione in giudizio ha sanato eventuali irregolarità; in sede di appello, poi, non risulta che l’Ufficio si sia avvalso dello strumento idoneo previsto dal codice di rito (ricorso incidentale condizionato) per sollevare la questione in parola e non è dato, comunque, rinvenire, in sede di gravame, deduzione alcuna avente ad oggetto la inammissibilità in parola.

Con il secondo motivo, la ricorrente incentra l’attenzione sulle conclusioni della sentenza della CTR, secondo la quale “la fattura in discussione può essere ritenuta non inficiata da fittizietà, in quanto correlata a prestazioni effettive costituenti il presupposto per la sua regolare emissione, non potendosi attribuire alcun valore probatorio alle dichiarazioni rese da P.A., perchè smentite da dichiarazioni successive dello stesso P. e in quanto contraddette dalla evidenza dei fatti emersi in sede di indagine penale”; riassume quindi le argomentazioni, dalla CTR poste a base delle trascritte conclusioni, relative alle dichiarazioni del P. (contraddittorietà delle medesime rese dinanzi alla G. di F. e al giudice penale); al richiamo alla sentenza penale (da cui emerge che “il P. aveva posseduto un IVECO 330 al quale si riferiscono le fatture ritenute false”, che detto veicolo, noleggiato da una impresa calabrese era stato utilizzato per circa due anni sui cantieri della contribuente), alla asserzione per cui “la fattura appare conforme alle prescrizioni normative”, al riferimento, infine, al modus operandi seguito dalla ditta P. nel rilascio delle fatture che si è accertato -da entrambi i nuclei verificatori intervenuti-come confermato anche nella circostanza alla quale si riferiscono i fatti di causa.

– Ciò premesso la ricorrente dimostra di essere ben consapevole degli “odierni limiti alla censurabilità in sede di giudizio di legittimità delle argomentazioni adoperate dal giudice di merito” con riguardo al vizio motivazionale (esclude infatti l’Ufficio la discussione in ordine ai “ben conosciuti principi elaborati da codesta Ecc.ma Suprema Corte in tema motivazione del giudicante di merito”), tanto da costituire il trascritto passaggio una preliminare avvertenza; tuttavia si duole, l’Ufficio, che la CTR abbia omesso di esaminare le circostanze di fatto rappresentate da esso ricorrente nel giudizio di appello (peraltro già evidenziate in prime cure). In particolare appaiono rilevanti -argomenta l’Agenzia- nel percorso decisorio e tali da confliggere con le argomentazioni poste a base della sentenza i seguenti elementi: a) circostanza della distanza della sede della ditta noleggiatrice rispetto a quella della contribuente; b) mancanza di documenti di trasporto; c) identificazione del veicolo in mancanza di elementi di riscontro rispetto ad una generica indicazione, alla luce del fatto, indiscutibile, che sono migliaia i furgoni Iveco che si muovono sul territorio italiano; d) inesistenza di prove in punto effettività dell’apertura dei cantieri nei quali i lavori sarebbero stati eseguiti; e) contraddittorietà del teste Ai.

Osserva il collegio che tali deduzioni, lungi dal costituire il denunciato omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, appaiono piuttosto configurarsi come una serie di allegazioni difensive che tendono a sindacare -inammissibilmente- il giudizio di merito contenuto nella sentenza impugnata, che appare congruamente motivata, solo osservandosi che alla deposizione del teste Ai. la CTR neppure fa riferimento; che -come attestato dalla sentenza penale divenuta definitiva-il veicolo Iveco “sui cantieri della soc. I.C.F. era stato utilizzato per circa due anni”: che la fattura in questione è risultata conforme alle prescrizioni normative (per come si legge nella sentenza impugnata nella parte sopra trascritta); che infine la CTR si è puntualmente attenuta all’insegnamento della giurisprudenza di legittimità in ordine al rapporto tra giudicato penale e giudizio tributario, escludendo l’automatica valenza del primo all’interno del secondo, ma traendo, motivatamente, dal primo indizi adeguatamente vagliati e tali da contribuire a formare il quadro indiziario complessivo destinato a costituire il fondamento della decisione.

Per le ragioni esposte anche il secondo motivo è inammissibile. Le spese liquidate in dispositivo, sono regolate per soccombenza.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 4.100,00 oltre spese forfettarie al 15% oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2021

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