Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3087 del 08/02/2018


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Cassazione civile, sez. I, 08/02/2018, (ud. 07/11/2017, dep.08/02/2018),  n. 3087

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.La Corte d’appello di Milano, per quello che ancora rileva in questa sede, ha parzialmente accolto l’impugnazione proposta dalla Banca Intesa San Paolo SpA (d’ora in avanti, semplicemente Intesa) nei confronti del signor D.B.D.V.G., riguardante la sentenza del Tribunale di quella stessa città che – a sua volta aveva accolto solo in parte le domande del risparmiatore e dichiarato nulle le operazioni di acquisto e di vendita (dei titoli azionari e dei derivati) poste in essere tra le parti, nel periodo dal 6 dicembre 1999 al 31 dicembre 2002, con esclusione di 34 ordini in quanto sottoscritti dalla sorella delegata (la sig. D.B.D.V.M.G.), ed ha, perciò, condannato la Banca convenuta al pagamento della somma di danaro corrispondente a quanto impiegato dal cliente per le operazioni di intermediazione dichiarate nulle, con gli accessori.

2. Secondo la Corte territoriale, anzitutto, il contratto quadro non poteva dirsi nullo per la mancata previsione di una facoltà di recesso del cliente, ex art. 30, comma 7, TUF, in quanto, nella specie, non ricorreva il caso della “negoziazione fuori sede” degli strumenti finanziari atteso che, con riguardo ad una tale ipotesi, l’investitore avrebbe dovuto provare (ma nella specie, l’appellante non vi era riuscito) la sussistenza di un contratto di collocamento tra l’emittente e l’intermediario o quantomeno che l’offerta, a condizioni standardizzate, fosse stata concretamente indirizzata ad una moltitudine di investitori.

3. Quanto agli ordini di acquisto dei titoli azionari (fatta eccezione per quelli relativi alle azioni di TIM e di Finmeccanica) ritenuti validi, essi dovevano essere considerati come efficaci, in quanto: a) il contratto quadro prevedeva la possibilità di impartire ordini telefonici, senza che il requisito di forma fosse prescritto ad substantiam, ma (con l’esecuzione della registrazione della telefonata) solo ad probationem; b) la sorella dell’investitore, munita dei necessari poteri, aveva efficacemente ratificato per iscritto gli ordini telefonici.

3.1. Anche in ordine alla doglianza subordinata, relativa al mancato assolvimento degli obblighi informativi da parte della Banca, la Corte territoriale ha escluso la fondatezza dell’appello in quanto, la dichiarazione dell’investitore di avere una elevata propensione al rischio e di cercare elevati rendimenti anche a costo di perdere il capitale investito, intanto avrebbe potuto giustificare la fondatezza di un’azione risarcitoria in quanto fosse stata provata l’esistenza di un nesso di causalità (viceversa, mancante di dimostrazione) tra i presunti inadempimenti posti in essere dall’intermediario e il danno, ossia che egli – se adeguatamente informato sui rischi – non avrebbe acquistato quei titoli.

4. Avverso tale decisione, ha proposto ricorso per cassazione il D.B., affidato a quattro motivi di censura, contro cui ha resistito Intesa, con controricorso e memoria.

4. Il PG ha concluso, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, affinchè la Corte: 1) rinvii la causa a nuovo ruolo in attesa della pronuncia delle sezioni unite; 2) rimetta la stessa alla pubblica udienza; 3) rigetti il ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso (Violazione e/o falsa applicazione di legge – Nullità del contratto quadro – sottoscritto solo dal cliente investitore – ex art. 23 TUFe 30 Reg. CONSOB n. 11522/98 Mancanza di accordo fra le parti ex art. 1325 c.c. – Nullità degli ordii di acquisti) l’investitore ricorrente premette che il contratto quadro sarebbe stato sottoscritto dal solo cliente e perciò esso sarebbe nullo per violazione dell’art. 23 TUF e art. 30 Reg. CONSOB n. 11522/98. Infatti, nell’ultima pagina dell’atto vi sarebbe la sola sottoscrizione, per autentica delle firme, di un “incaricato” e, “per convalida e benestare”, del “Direttore della dipendenza”, non quella del legale rappresentante della Banca, per accettazione della proposta contrattuale.

2. Con il secondo (Violazione e/o falsa applicazione di legge – Nullità delle operazioni d’investimento per nullità del contratto quadro – non sollecitato da promotore finanziario – ex art. 30, comma 7, TUF – Omessa e/o contraddittoria motivazione sul punto e sulle istanze istruttorie) l’investitore ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha respinto l’eccezione di nullità del contratto quadro, proposta in relazione all’art. 30, comma 7, TUF, avendo considerato assorbente il rilievo della non ricorrenza, nel caso, della fattispecie della “negoziazione fuori sede di strumenti finanziari”.

2.1. Ma, da un lato, sarebbe stata la stessa Banca ad ammettere che il “contratto quadro” era stato sottoscritto al di fuori dei locali commerciali dell’Istituto creditizio e, inoltre, mai il risparmiatore si sarebbe recato nei detti locali per la trattativa; e, da un altro, tali essendo i fatti certi, la Banca aveva mancato di trattare fuori della propria sede con l’ausilio di un promotore finanziario iscritto all’apposito albo (art. 107 TUF).

3. Con il terzo motivo (Violazione e/o falsa applicazione di legge Nullità degli ordini di acquisto non scritti, ratificati a posteriori dalla delegata Maria Grazia D.B., per difetto di prova del loro conferimento anche nelle forme di cui al contratto quadro Violazione dell’art. 60 Reg. CONSOB n. 11522/98 – Violazione della forma convenzionale degli ordini prevista dal contratto quadro ex art. 1352 c.c. – Impossibilità della ratifica ex post di ordini nulli, ex art. 1423 c.c. – Violazione del dovere di buona fede contrattuale (artt. 1375 e 1176 c.c.)) il ricorrente prospetta una pluralità di doglianze: A) anzitutto, che non sarebbe stata data la prova del conferimento degli ordini in forma telefonica registrata, così come previsto dal contratto quadro, sicchè tali ordini andrebbero considerati nulli per difetto di prova in ordine al loro conferimento; B) inoltre, trattandosi di ordini nulli per difetto di “forma telefonica registrata”, essi non sarebbero suscettivi di ratifica, nè per facta concludentia e nè con conferma scritta successiva (come sarebbe accaduto nella specie); C) infine, la Banca avrebbe trasmesso la documentazione in esame oltre il termine stabilito dall’art. 28, comma 5, e art. 61 Reg. CONSOB n. 11522/98, ossia oltre il settimo giorno lavorativo successivo a quello di esecuzione.

4. Con il quarto (Violazione di legge – Inadeguatezza delle operazioni di investimento in titoli azionari – Violazione degli artt. 28 e 29 Reg. CONSOB n. 11522/98 – Inefficacia informativa sulla propensione al rischio e Inadempimento della Banca) si lamenta la mancata affermazione della responsabilità della Banca in considerazione del fatto che la dichiarazione resa dall’investitore circa la sua alta propensione al rischio, per le modalità in cui era stata resa, doveva essere considerata inefficace e, di conseguenza, l’Istituto bancario avrebbe dovuto fornire all’interessato le puntuali e specifiche informazioni sui singoli strumenti finanziari, in difetto delle quali sarebbe conseguita la sua responsabilità in ordine al mancato assolvimento degli obblighi informativi.

5. Il primo motivo di ricorso (con il quale si chiede la verificazione delle circostanze del fatto documentale secondo cui nell’ultima pagina dell’atto vi sarebbe la sola sottoscrizione, per autentica delle firme, di un “incaricato” e, “per convalida e benestare”, del “Direttore della dipendenza”, ma non quella del legale rappresentante della Banca, posta per accettazione della proposta contrattuale), ove pure rilevante ai fini della decisione, è inammissibile perchè attinente a circostanza nuova, essendo stato introdotta dal ricorrente solo in questa sede di legittimità e non avendo formato oggetto di motivazione da parte del giudice distrettuale.

6. Il secondo (che lamenta il fatto che la sentenza abbia respinto l’eccezione di nullità del contratto quadro, non munito del diritto di recesso – secondo la previsione di cui all’art. 30, comma 7, TUF – , avendo considerato assorbente il rilievo della non ricorrenza, nel caso, della fattispecie della “negoziazione fuori sede di strumenti finanziari”) è del tutto infondato, in quanto, da un lato, le censure del ricorrente non colgono la ratio decidendi contenuta nella sentenza impugnata e, da un altro, esse sono ellittiche rispetto ai principi di diritto già elaborati da questa Corte.

6.1. Infatti, il giudice distrettuale ha respinto la corrispondente doglianza d’appello, oggi riproposta con il secondo mezzo di cassazione, sulla base di una articolata interpretazione in diritto che non ha formato oggetto di specifica censura.

6.2.11 giudice distrettuale, infatti, ha affermato l’insufficienza della prova circa la sottoscrizione del contratto al di fuori dei locali aziendali e comunque la necessità di provare la sussistenza, alternativamente, del seguente requisito: quella di un contratto di collocamento tra l’emittente e l’intermediario oppure, quantomeno, di una offerta indirizzata ad una moltitudine di investitori, a condizioni standardizzate.

6.3. Sennonchè, con il motivo in esame, il ricorso si attarda, da un lato, a rivendicare l’apposizione della firma del “contratto quadro” al di fuori dei locali sede della Banca (ciò che non basta ai fini dell’attribuzione dell’invocata qualificazione) e dall’altro si affanna, inammissibilmente in questa sede di legittimità, a rivendicare la prova che anche la contrattazione era stata svolta fuori sede, senza compiere alcun tentativo volto a provare quantomeno l’esistenza di una offerta indirizzata ad una moltitudine di investitori a condizioni standardizzate.

6.4. Peraltro, a tacere di ogni profilo probatorio, si aggiunga che questa Corte (Cass. civ., Sez. 1^, sent. n. 11401 del 2016) ha già avuto modo di affermare il principio di diritto, che chiude ogni discussione al riguardo, secondo cui il collocamento fuori sede prestato dall’intermediario in favore dell’emittente o dell’offerente di strumenti finanziari non riguarda “la stipulazione del c.d. contratto quadro, che di per sè non implica l’acquisto di strumenti finanziari ed è perciò sicuramente estranea alla nozione di “collocamento”, sia pur latamente intesa.”.

7. Il terzo mezzo comprende più profili di doglianza tra i quali il terzo (quello relativo alla tardiva trasmissione dell’ordine di acquisto) appare del tutto nuovo e, perciò, risulta inammissibile.

7.1. Gli altri due profili (gli ordini telefonici nulli perchè non rispettosi della forma telefonica e non suscettibili di ratifica o conferma), invece, sono infondati.

7.2. A tale proposito, questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 612 del 2016), esaminando alcuni aspetti del problema posto dal ricorrente, ha avuto modo di affermare che:

“l’art. 60 del regolamento CONSOB n. 11522/98, che impone alla banca intermediaria di registrare su nastro magnetico, o altro supporto equivalente, gli ordini inerenti alle negoziazioni in valori mobiliari impartiti telefonicamente dal cliente, costituisce uno strumento atto a garantire agli intermediari, mediante l’oggettivo ed immediato riscontro della volontà manifestata dal cliente, l’esonero da ogni responsabilità quanto all’operazione da compiere, ma non impone, in assenza di specifica previsione, un requisito di forma, sia pure “ad probationem”, degli ordini suddetti, restando inapplicabile la preclusione di cui all’art. 2725 c.c.”.

7.3. Infatti, come dedotto nel ricorso per cassazione, la possibilità di dare all’intermediario ordini di acquisto per telefono è una modalità espressamente consentita dal regolamento intermediari della Consob, che l’ha prevista sia all’art. 29, che all’art. 60, già menzionati.

7.4. Tuttavia, una cosa è la facoltà di dare ordini oralmente ed un’altra è quella di poter provare quanto richiesto all’intermediario mediante la registrazione dell’ordine su supporti idonei. In tali casi, infatti, non si può certo parlare di una forma ad substantiam, essendo l’ordine dell’investitore dato oralmente all’intermediario, ma solo di una disciplina legislativa di facilitazione della prova, garantita attraverso la registrazione della conversazione.

7.5. Tutto questo, ovviamente, prescinde dalla generale facoltà che le parti si accordino per un diverso tenore della regolamentazione degli ordini, anche in via formale, ai sensi dell’art. 1352 c.c..

7.6. E’ quanto ha già riconosciuto questa Corte (Sez. 1 -, Sentenza n. 19759 del 2017) là dove, dopo aver ricordato che “il D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, laddove impone la forma scritta, a pena di nullità, per i contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento, si riferisce ai contratti quadro e non ai singoli ordini di investimento (o disinvestimento) che vengano poi impartiti dal cliente all’intermediario, la cui validità non è invece soggetta a requisiti formali, salvo diversa previsione dello stesso contratto quadro”, ha significativamente affermato che “il principio di cui all’art. 1352 c.c., secondo cui la forma convenuta dalle parti per la futura stipulazione di un contratto si presume pattuita “ad substantiam”, è estensibile, ai sensi dell’art. 1324 c.c., agli atti che seguono a quella stipulazione, come nell’ipotesi degli ordini suddetti”.

7.7. Ovviamente, l’aver riprodotto nel contratto quadro la previsione normativa generale della possibilità di dare ordini di acquisto di valori mobiliari oralmente (attribuendo poi alla banca, così come previsto nel Regolamento intermediari, l’onere di eseguire la registrazione dell’ordine, del quale è dato apposito avviso al cliente), non può trasformare la forma orale documentata attraverso la sua registrazione in una nuova ed inedita tipologia di forma convenzionale ad substantiam, tale essendo, semmai, proprio la possibilità relativa all’ordine impartito oralmente, in sè e per sè, non certo la sua documentazione estrinseca, attraverso il supporto della registrazione.

7.8. Il ricorrente, chiedendo di dare il valore della forma ad substantiam alla registrazione su supporto magnetico (et similia) dell’ordine impartito oralmente, confonde il piano della convenzione sulla forma (che nella specie riguarda la possibilità degli ordini orali di acquisto e di vendita all’intermediario) con quella della prescrizione sulla documentazione di tale forma (prescritta in linea generale dal regolamento intermediari, con la registrazione della conversazione su supporto magnetico et similia).

7.9. Infatti, per quanto oggetto di convenzione inter partes, ai sensi dell’art. 1352 c.c., l’ordine orale tale resta anche se di esso si prescrive la registrazione su appositi supporti, idonei ad agevolare la prova della loro esistenza e consistenza, senza che per questo si operi una trasformazione della forma orale in altra e diversa, quand’anche sub specie di forma ad substantiam.

7.10. Infatti, la legge prevede esclusivamente la cautela della registrazione su nastro magnetico (ed equivalenti) dell’ordine impartito oralmente, a fini di agevolazione probatoria, venendo a costituire un regime differenziato rispetto a quello della ordinaria prova della conclusione (orale) del negozio che, in questa sede, non essendo rilevante ai fini decisori, non può trovare certo trattazione.

7.11. Del resto anche le cd. forme ad probationem si risolvono in un particolare regime della prova, escludendo quella testimoniale ma consentendone quelle con mezzi diversi.

7.12. Conseguentemente il ricorso va respinto in parte qua, secondo il seguente principio di diritto:

in tema di intermediazione finanziaria, ove la previsione contenuta nel contratto quadro richiami ai sensi dell’art. 1352 c.c., la possibilità di dare all’intermediario ordini orali, secondo quanto prevede il regolamento CONSOB n. 11522/98, imponendo alla banca intermediaria di registrare su nastro magnetico, o altro supporto equivalente, gli ordini inerenti alle negoziazioni in valori mobiliari impartiti telefonicamente dal cliente, la documentazione attraverso la registrazione dell’ordine non costituisce, un requisito di forma, sia pure ad probationem, degli ordini suddetti ma uno strumento atto a facilitare la prova – altrimenti più difficile – dell’avvenuta richiesta di negoziazione dei valori, con il conseguente esonero da ogni responsabilità quanto all’operazione da compiere.

7.13. Restando validi gli ordini telefonici, quand’anche non registrati su supporto magnetico, deve essere respinto anche il profilo critico, avanzato dal ricorrente, relativo alla inefficacia della sanatoria degli ordini ovvero, più correttamente, della firma a fini di integrazione probatoria dell’ordine dato oralmente, atteso che il fatto in sè neppure viene contestato, dandosi per pacifico che l’incaricata era munita dei necessari poteri, comprensivi di quelli di firma e che tale attività di documentazione richiesta dalla Banca non ha travalicato quanto la delegata aveva il potere di compiere. Insomma, più che di ratifica di ordini invalidi (che invece il giudice a quo ha reputato come dati effettivamente) si tratta solo di una integrazione del supporto probatorio acquisito dalla Banca in vista di un possibile contenzioso.

8. L’ultimo mezzo di cassazione è inammissibile, poichè le censure del ricorrente non colgono la ratio decidendi contenuta nella sentenza impugnata.

8.1. Infatti, la Corte territoriale ha respinto il corrispondente motivo d’appello sulla base del fatto che l’investitore intanto avrebbe potuto giustificare la fondatezza di un’azione risarcitoria in quanto fosse stata provato l’esistenza di un nesso di causalità (viceversa, mancante di dimostrazione) tra i presunti inadempimenti dell’intermediario e il danno, ossia che egli – se adeguatamente informato sui rischi – non avrebbe acquistato quei titoli.

9. Il ricorso, complessivamente infondato, va respinto, con le conseguenze di legge: le spese, poste a carico della parte soccombente e liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Respinge il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 7 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2018

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