Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30867 del 29/10/2021

Cassazione civile sez. trib., 29/10/2021, (ud. 22/04/2021, dep. 29/10/2021), n.30867

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8108-2017 proposto da:

L.E., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difesa

dall’Avvocato BALZARETTI SERGIO ALBERTO, che lo rappresenta e

difende giusta procura speciale estesa in calce al ricorso

– ricorrente –

contro

CONSORZIO DEI COMUNI DEI NAVIGLI, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’Avvocato CHIESSI STEFANIA giusta procura speciale estesa

in calce’ al controricorso

e

SAN MARCO S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso la Cancelleria della Corte

di Cassazione, rappresentata e difesa dall’Avvocato MORETTI DARIO

giusta procura speciale estesa in calce al controricorso

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 5942/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 16/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/4/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

DELL’ORFANO ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

L.E. propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 10019/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano in rigetto del ricorso proposto avverso ingiunzioni di pagamento TARSU/TIA 2003-2007 e 2013 emesse dal concessionario San Marco S.p.A. per conto del Consorzio dei Comuni dei Navigli;

il Consorzio ed il Concessionario resistono con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. con il primo mezzo si censura la sentenza denunciando omesso esame di fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e si lamenta che la CTR abbia respinto l’appello sul rilievo della mancata prova, da parte del contribuente, circa l’erroneità degli accertamenti da parte dell’Ente impositore relativi alla superficie occupata, pur avendo il ricorrente prodotto documentazione (“denuncia dei locali ed aree tariffabili… del giorno 1.1.2003 su modulistica del Consorzio”) attestante la riduzione della superficie assoggettata a tassazione;

1.2. con il secondo motivo si lamenta violazione di norme di diritto (art. 112 c.p.c.) per avere la CTR negato l’espletamento di c.t.u. circa la superficie occupata, ritenuta meramente esplorativa, pur avendo il contribuente fornito documentazione relativamente alla riduzione della superficie assoggetta a tassazione;

1.3. le censure, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, sono infondate;

1.4. come più volte affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 21250/2017), in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, poiché la stessa, ai sensi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, comma 1, che costituisce previsione di carattere generale, è dovuta unicamente per il fatto di occupare o detenere locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti (ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni), spetta al contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle aree in cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani (da lui smaltiti direttamente, essendo esclusi dal normale circuito di raccolta), che pertanto non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile, in applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, posto che, pur operando anche nella materia in esame il principio secondo il quale spetta all’amministrazione provare i fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria (nella specie, l’occupazione di aree nel territorio comunale), per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull’interessato (oltre all’obbligo di denuncia ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 70) un onere d’informazione, al fine di ottenere l’esclusione delle aree sopra descritte dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale;

1.5. la circostanza che tale norma abbia riguardo alla Tarsu, non ne esclude la rilevanza interpretativa anche con riferimento alla Tia, non solo perché espressiva di una finalità pratica comune all’imposizione ambientale in quanto tale – connotata dall’esigenza non di ricostruire documentalmente un patrimonio ovvero un movimento di affari, quanto di accertare, in una data annualità, l’effettiva e materiale detenzione/occupazione di superfici produttive di rifiuti – ma anche perché relativa ad un tributo (appunto la Tarsu) nei cui confronti la Tia si pone in rapporto di sostanziale continuità, per natura e caratteri distintivi (cfr. Cass. SSUU n. 23114/2015 e SSUU n. 26268/2016, secondo cui la TIA “non costituisce una entrata patrimoniale di diritto privato, ma una mera variante della TARSU disciplinata dal D.P.R. 15 novembre 1993, n. 507, di cui conserva la qualifica di tributo (…)”;

1.6. nel caso in esame, la denuncia dello stesso contribuente circa la superficie occupata non costituisce prova circa tali asserzioni poiché è un documento proveniente dalla stessa parte interessata;

1.7. come più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, il documento proveniente dalla parte che voglia giovarsene non può costituire prova in favore della stessa né determina inversione dell’onere probatorio in caso di contestazione (cfr. Cass. nn. 31173/2018 in motiv., 8290/2016 in motiv., 9685/2000, 5573/1997);

1.8. ne consegue che la CTR ha correttamente respinto l’impugnazione del ricorrente riscontrando il mancato assolvimento dell’onere probatorio sullo stesso gravante in mancanza di documentazione “idonea a suffragare l’assunto dell’erroneità degli accertamenti dell’Ufficio” e l’inconferenza della richiesta di espletamento di c.t.u. in quanto meramente esplorativa;

2. per quanto fin qui osservato il ricorso va integralmente rigettato;

3. le spese della presente fase di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio in favore dei controricorrenti, liquidandole, in favore di ciascuna difesa, in Euro 4.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 22 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2021

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