Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30865 del 29/11/2018

Cassazione civile sez. III, 29/11/2018, (ud. 24/10/2018, dep. 29/11/2018), n.30865

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8237/2017 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del legale

rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è

difesa per legge;

– ricorrenti –

contro

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE LIEGI 44,

presso lo studio dell’avvocato PAOLA MORESCHINI, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO PALMIGIANO giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

CONSORZIO LOTTOMATICA GIOCHI SPORTIVI IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 750/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 06/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/10/2018 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato FEDERICA VARRONE;

udito l’Avvocato PAOLA MORESCHINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.Con atto di citazione del 19 aprile 2006 C.L. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Roma, l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato e il Consorzio Lottomatica Giochi Sportivi per far accertare il proprio diritto ad ottenere il pagamento della vincita di Euro 51.014,00 relativa al concorso “il9” esponendo che il (OMISSIS) aveva giocato una schedina del Totocalcio che riportava, oltre alla giocata minima di due colonne unitarie, anche il concorso abbinato prognostici “il9”. Successivamente si avvedeva di avere indovinato i nove prognostici richiesti e, facendo ritorno da un viaggio all’estero, si recava il giorno (OMISSIS) presso il punto vendita Lottomatica per riscuotere la vincita, vedendosi rifiutare la validazione del titolo sulla base di un ritardo nella presentazione del titolo ai sensi degli artt. 14 e 17 del Regolamento dei concorsi prognostici approvato con D.M. 13 giugno 2003, n. 179. In via subordinata eccepiva la vessatorietà delle clausole del Regolamento dei concorsi prognostici, ai sensi degli articoli 33-36 del Codice del consumo.

2. Si costituivano Lottomatica S.p.A. e l’Amministrazione chiedendo il rigetto delle domande. L’attore chiedeva e otteneva di chiamare in causa l’effettivo gestore del concorso, Consorzio Lottomatica Giochi Sportivi il quale eccepiva di avere solo la gestione tecnica del concorso e quindi di non essere legittimato passivamente.

3. Con sentenza del 26 aprile 2011 il Tribunale di Roma dichiarava il difetto di legittimazione passiva di Lottomatica S.p.A. e rigettava le domande, compensando le spese di lite. Il primo giudice rilevava che il pagamento del premio era subordinato alla verifica della ricevuta di partecipazione, da parte del concessionario, da effettuarsi presso i punti vendita; che le uniche modalità di riscossione erano previste presso gli sportelli degli istituti di credito o presso i punti di pagamento e che la decadenza era collegata alla mancata verifica della ricevuta di partecipazione, presso i punti vendita e gli sportelli, entro il termine di 90 giorni dalla pubblicazione del bollettino ufficiale, aggiungendo che l’interpretazione ragionevole dell’art. 17 del Regolamento non poteva prevedere contestualmente un termine di decadenza e il riconoscimento della sussistenza del credito.

4. Avverso tale decisione proponeva appello C.L., lamentando l’omessa pronunzia ex art. 112 c.p.c., la violazione della disciplina in tema di onere della prova, ai sensi dell’art. 33 del Codice del Consumo e l’errata interpretazione della clausola di decadenza. L’Amministrazione chiedeva il rigetto del gravame e proponeva appello incidentale condizionato, contestando la sussistenza di un rapporto di natura privatistica tra ente gestore e giocatore, in luogo della natura normativa del D.M. n. 179 del 2003. Si costituiva il Consorzio Lottomatica Giochi Sportivi in liquidazione, che chiedeva il rigetto dell’appello.

5. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 6 febbraio 2017, rilevava che l’espressione “Ferma la sussistenza del credito maturato” contenuta nell’art. 17 della Regolamento di gioco significava che il credito, ove maturato, restava fermo oltre il termine di decadenza, che riguarderebbe solo la modalità di riscossione più agevole, presso gli sportelli o i punti vendita, mentre decorso il termine, il giocatore avrebbe dovuto seguire il più complesso procedimento di riscossione previsto per le vincite di importo superiore ad Euro 100.000. Conseguentemente condannava l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato a corrispondere al C. l’importo richiesto oltre alle spese, compensandole nei rapporti con il Consorzio Lottomatica.

6.Avverso tale decisione l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli propone ricorso per cassazione affidandosi a un motivo. Resiste con controricorso C.L., che illustra con memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 496 del 1948, del D.P.R. n. 581 del 1951, della L. n. 400 del 1988, art. 17, comma 3, della L. n. 133 del 1999, art. 16, comma 1, degli artt. 11,14 e 17 del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze n. 179 del 2003 e degli artt. 1 e 12 disp. gen. e dell’art. 2964 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

2. Secondo l’amministrazione il D.M. n. 179 del 2003 avrebbe natura normativa per una pluralità di ragioni: in primo luogo perchè in tale materia l’esercizio della potestà normativa è attribuito all’Esecutivo dalla L. n. 400 del 1988, art. 13,comma 3 e dalla L. 13 maggio 1999, n. 133, art. 16 che consentono al Ministero dell’Economia di emanare regolamenti per disciplinare le modalità, i tempi di gioco e i proventi dovuti a qualsiasi titolo. Il modello procedimentale per l’emanazione del decreto ministeriale era stato correttamente osservato, con l’acquisizione del parere del Consiglio di Stato e la comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. In terzo luogo, l’art. 43 del Regolamento disciplina l’entrata in vigore delle norme in esso contenute, come avviene per ogni disposizione di legge. Infine, è stato adottato da una autorità di settore diversa dalla parte contrattuale.

3. Quanto all’interpretazione della norma, l’articolo 11 del decreto ministeriale prevede che la ricevuta di partecipazione, in originale ed integra, costituisce l’unico titolo al portatore e va verificata dal concessionario. L’articolo 14 prevede che entro 45 giorni dalla data degli esiti del concorso, per vincite non superiori ad Euro 100.000, i giocatori possono recarsi presso gli sportelli degli istituti di credito, mentre entro 90 giorni, per gli stessi importi è possibile recarsi presso i punti di pagamento dei premi individuati dal concessionario operatore del gioco. L’art. 17 prevede poi un termine di decadenza che dovrebbe essere interpretato nel senso che, decorso il termine massimo di 90 giorni, il giocatore perde definitivamente il diritto di riscuotere la vincita. La dizione “Ferma la sussistenza del credito maturato”, significherebbe che il diritto di credito, oltre il termine di 90 giorni, continua ad esistere, ma la decadenza incide sull’azione, per cui tale diritto non può essere più esercitato. La decadenza, in sostanza, inibirebbe l’azione, ma non intaccherebbe il diritto, il che consentirebbe, ad esempio, un pagamento spontaneo, seppure non dovuto, da parte dell’ente gestore.

4. Sotto altro profilo l’interpretazione adottata dalla Corte territoriale, la quale ha ritenuto che, in caso di decadenza, il giocatore dovrà seguire il più complesso procedimento di riscossione per vincite superiori ad Euro 100.000 sarebbe errata, perchè l’art. 15 prevede modalità assolutamente analoghe per le vincite di importo superiore ad Euro 100.000.

5. In terzo luogo, il termine di 90 giorni sarebbe inderogabile, poichè le vincite non riscosse entro tale termine sono sommate sul montepremi del concorso successivo.

6. La medesima dizione letterale, che fa salva la sussistenza del credito maturato, prevedendo la decadenza dal diritto alla riscossione, è, poi, contenuta nel D.M. 1 marzo 2006, n. 111 e nel D.M. 20 settembre 2005, n. 249 in materia di scommesse su eventi sportivi.

7. Infine, l’esistenza di un termine di decadenza non derogabile sarebbe in linea con la giurisprudenza della Corte dei Conti secondo cui sulle vincite non richieste dai giocatori e da riversare all’erario maturano gli interessi che, al contrario, non potrebbero incominciare a decorrere nel caso di mancata previsione di un termine.

8. Il motivo è inammissibile. L’interpretazione delle clausole contrattuali rientra tra i compiti esclusivi del giudice di merito ed è insindacabile in cassazione se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica ed assistita da congrua motivazione, potendo il sindacato di legittimità avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (tra le molte, v. Cass. 31/03/2006, n. 7597; Cass. 01/04/2011, n. 7557; Cass. 14/02/2012, n. 2109; Cass. 29/07/2016, n. 15763).

9. Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. 09/10/2012, n. 17168; Cass. 11/03/2014, n. 5595; Cass. 27/02/2015, n. 3980; Cass. 19/07/2016, n. 14715).

10. Nel caso di specie, il ricorso per cassazione si fonda esclusivamente sulla premessa della natura normativa del decreto ministeriale n. 179 del 2003 che ha introdotto il Regolamento de quo con conseguente inapplicabilità dei criteri di ermeneutica contrattuale (artt. 1362 c.c. e segg.) e la necessaria applicazione dei criteri di interpretazione disciplinati dall’art. 12 preleggi (“Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”). Al contrario, la natura contrattuale e non normativa dei predetti regolamenti è affermata da costante giurisprudenza secondo cui i decreti istitutivi delle singole lotterie, emanati dal Ministro delle finanze sulla base dell’autorizzazione prevista dal suddetto art. 6 a seguito dell’adozione del D.M. n. 183, e concernenti – ai sensi dell’art. 3 di quest’ultimo – la fissazione dei criteri e delle modalità di ogni singola lotteria nazionale ad estrazione istantanea ed in particolare il D.M. 2 novembre 1995, istitutivo della lotteria istantanea “La fortuna sotto la neve”, hanno natura di regolamentazione contrattuale unilateralmente predisposta, che viene implicitamente accettata dal partecipante alla lotteria con l’acquisto del biglietto, essendo il relativo decreto (avente valore, non di atto normativo, ma di negoziazione pubblico-amministrativa) affisso nei luoghi di vendita dei biglietti; ne consegue che l’interpretazione di tali norme va condotta secondo i criteri di ermeneutica contrattuale (pur con gli adattamenti imposti dalla natura di tali atti), e non secondo quelli dettati dall’art. 12 preleggi (Sez. 3, Sentenza n. 5062 del 05/03/2007, Rv. 596533 – 01). Negli stessi termini, più di recente, Cass. 8 luglio 2015, n. 1428 che afferma l’applicabilità della disciplina del Codice del consumo e degli artt. 1341 e 1342 c.c. ai Regolamenti di giochi e scommesse.

11. A tale riguardo, il ricorso non contiene alcun riferimento, neppure giurisprudenziale, idoneo a ribaltare tale orientamento. Conseguentemente, viene meno il richiamo alle regole legali di interpretazione, poichè quelle prospettate (normative) sono infondate. Inoltre, nel ricorso non vi è alcun riferimento alle regole di ermeneutica contrattuale. Parte ricorrente non precisa in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sarebbe discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti.

12. Per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che l’interpretazione data dal giudice sia l’unica possibile, o la migliore in astratto, sicchè, quando siano possibili due o più interpretazioni di un clausola, non è consentito alla parte, che abbia proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. 22/02/2007, n. 4178; Cass. 03/09/2010, n. 19044).

13. Occorre aggiungere che sia le norme di ermeneutica contrattuale, alle quale, si ribadisce, non viene formulato alcun riferimento, sia quelle previste all’art. 12 preleggi fanno riferimento, come primo parametro, a quello della chiarezza del tenore letterale. Tale profilo è espressamente enunciato dalla Corte territoriale (con l’espressione “ferma la sussistenza del credito maturato” nel suo inequivoco tenore letterale – a pagina 2 della sentenza – e più avanti, “diversamente opinando, l’incipit della disposizione, così chiaro e preciso nella riferimento alla diritto”, e quindi non alla azione) e non è contrastato dalla amministrazione ricorrente, che non ha sostenuto che il tenore letterale è di equivoco significato, così legittimando l’utilizzo di ulteriori criteri integrativi.

14. Solo se il significato letterale non è chiaro trovano applicazione gli altri criteri, sia degli artt. 1362 e segg. c.c. sia dell’art. 12 preleggi.

15. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, va dato atto dell’insussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito poichè parte ricorrente pubblica è rappresentata dall’Avvocatura dello Stato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidandole in Euro 4.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione, il 24 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2018

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