Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30864 del 29/11/2018

Cassazione civile sez. III, 29/11/2018, (ud. 18/10/2018, dep. 29/11/2018), n.30864

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16185/2017 R.G. proposto da:

G.E., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Gianni Maria

Saracco e Davide Finocchiaro;

– ricorrente –

contro

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., rappresentata e difesa

dall’Avv. Emanuele Balbo di Vinadio e dall’Avv. Massimo Luconi, con

domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via

Antonio Besiu, n. 2;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino, n. 251/2017,

pubblicata il 1 febbraio 2017;

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 18 ottobre

2018 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Torino ha confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato l’opposizione proposta da G.E. avverso il decreto con il quale il Tribunale di Torino, su ricorso della Monte dei Paschi di Siena S.p.A., gli aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 332.486,72, oltre accessori, pretesa in relazione all’esposizione della G.B. Segnaletica S.r.l., di cui era fideiussore.

Ha infatti rigettato, per quel che ancora in questa sede interessa, le eccezioni (di liberazione del fideiussore per fatto del creditore ai sensi dell’art. 1955 c.c. e/o per difetto di speciale autorizzazione del creditore, ai sensi dell’art. 1956 c.c.) che l’appellante aveva riproposto (con il terzo motivo di gravame) sull’assunto che la banca, una volta venuta a conoscenza della situazione di dissesto della G.B. S.r.l., non avrebbe adottato alcuna misura a salvaguardia del fideiussore e gli avrebbe così anche impedito di surrogarsi nella posizione del creditore.

2. Avverso tale decisione il soccombente propone ricorso per cassazione con due mezzi, cui resiste la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., depositando controricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.; altrettanto ha fatto la società Juliet S.p.a., in rappresentanza di Siena NPL 2018 S.r.l. unipersonale, cessionaria del credito.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo G.E. denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1175,1375,1956 c.c. e del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 119 (Testo unico sulle leggi in materia bancaria e creditizia); nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

Richiamati numerosi precedenti della giurisprudenza di legittimità in tema di liberazione del fideiussore dalle obbligazioni future ex art. 1956 c.c., lamenta il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe violato i principi da essi espressi, attribuendo rilievo al fatto che la fideiussione rilasciata prevedeva un obbligo di tenersi aggiornato sull’andamento economico della società.

Soggiunge che gli oneri informativi gravanti sulla banca non potevano nel caso di specie ritenersi superati per effetto del rapporto di parentela intercorrente con l’amministratore e soci della società garantita, essendo egli rimasto sempre estraneo alla gestione alla proprietà della società, ancor prima della interruzione dei rapporti familiari.

Lamenta che la Corte d’appello ha omesso di prendere in considerazione questi elementi e ha totalmente omesso di verificare la censurata violazione dei doveri di buona fede e correttezza e dell’obbligo di comunicazione periodica ex art. 119 t.u.b., così incorrendo anche in un vizio di motivazione.

Rileva inoltre che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto non provata la sussistenza dei presupposti della fattispecie liberatoria di cui all’art. 1956 c.c., per essere questi dimostrati – assume -dalla scansione cronologica degli eventi, ossia dal fatto (di cui lamenta l’omessa considerazione in sentenza) che, prima del fallimento, la banca aveva revocato le linee di credito, manifestando così di aver percepito il mutamento delle condizioni economiche del debitore medesimo.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia poi violazione e falsa applicazione degli artt. 1175,1375,1955 c.c. e dell’art. 119t.u.b.; nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte d’appello omesso di dichiarare l’estinzione della fideiussione, ai sensi dell’art. 1955 c.c., non considerando che il fallimento della G.B. S.r.l. ha comportato una sensibile diminuzione (se non l’azzeramento) delle possibilità per il fideiussore di soddisfarsi utilmente.

Lamenta che la sentenza d’appello ha accolto una accezione eccessivamente ristretta del concetto di “fatto del creditore”, limitata alla sola azione positiva, con esclusione delle omissioni e, dunque, nel caso di specie, della mancata tempestiva comunicazione delle peggiorate condizioni economiche del debitore principale.

Rileva inoltre che la banca non ha dimostrato di avere adottato le necessarie misure a salvaguardia del diritto, allorquando è venuta a conoscenza della situazione di grave dissesto economico della G.B. S.r.l..

3. E’ pregiudiziale – in quanto attinente alla procedibilità del ricorso – il rilievo del mancato deposito, da parte del ricorrente, unitamente a copia autentica della sentenza impugnata, della relata – nè in originale o in copia autentica, nè in copia semplice – della notificazione (che si afferma essere stata effettuata in data 18/04/2017), in violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2.

Tale relazione non è stata aliunde acquisita, non avendone fatta allegazione nemmeno la controricorrente.

La notifica del ricorso non supera la c.d. prova di resistenza (Cass. n. 17066 del 2013), essendo stata effettuata in data 16/06/2017, oltre 60 giorni dopo la data di pubblicazione della sentenza (01/02/2017).

4. Può comunque incidentalmente rilevarsi anche l’inammissibilità di entrambi i motivi di ricorso.

Quelle dedotte con il primo motivo sono critiche aspecifiche (poichè appuntate su affermazioni non presenti nella sentenza impugnata) ovvero estranee all’oggetto e/o al paradigma censorio di cui al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quale come noto interpretato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053; Cass. 22/09/2014, n. 19881).

Il secondo motivo è poi manifestamente infondato (e anche inammissibile ex art. 360-bis c.p.c., n. 1) nella parte in cui deduce error in iudicando.

La Corte d’appello si è sul punto, invero, conformata al principio, costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui perchè si verifichi la liberazione del fideiussore per fatto del creditore occorre che il creditore abbia con il suo comportamento causato al garante un pregiudizio giuridico e non soltanto economico, vale a dire la perdita del diritto di surrogazione, ex art. 1949 c.c., o di regresso, ex art. 1950 c.c. (Cass. 20/09/2017, n. 21833; 06/02/2004, n. 2301), ovvero che il creditore abbia omesso l’esplicazione di un’attività che la legge o il contratto impongono al fine specifico di rendere giuridicamente possibile la surrogazione (v. Cass. 23/04/2004, n. 7719; 17/04/2003, n. 6171; 21/01/2000 n. 675).

Lo stesso motivo è poi ancora inammissibile laddove denuncia omesso esame, non risultando nemmeno specificato quale sia il fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, che la Corte ha omesso di considerare.

4. Il ricorso va pertanto dichiarato improcedibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento, in favore di controparte, delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.

Ricorrono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per l’applicazione del raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara improcedibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore di Siena NPL 2018 S.r.l., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.200 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2018

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