Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30863 del 26/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 26/11/2019, (ud. 02/10/2019, dep. 26/11/2019), n.30863

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2224/2017 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

EUROPA 190, (AREA LEGALE TERRITORIALE CENTRO DI POSTE ITALIANE),

presso lo studio dell’Avvocato, ANNA MARIA ROSARIA URSINO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO LEDDA;

– ricorrenti –

contro

M.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SESTO RUFO,

23, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI ERCOLE MOSCARINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato EVO TALONE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 717/2016 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 14/07/2016 R.G.N. 25/20106.

Fatto

RILEVATO

1. Che la Corte di appello di L’Aquila, in parziale riforma della sentenza di primo grado, revocato il decreto ingiuntivo opposto da M.N., ha condannato quest’ultimo alla restituzione a Poste Italiane s.p.a. della somma di Euro 22.241,69, oltre interessi, somma inferiore a quella portata dal decreto opposto;

1.1. che la pretesa azionata in via monitoria da Poste Italiane s.p.a. concerneva la restituzione di somme (calcolate al lordo delle ritenute fiscali) corrisposte dalla società in esecuzione della statuizione di condanna al risarcimento del danno adottata dal giudice di primo grado in sentenza resa in altro giudizio avente ad oggetto l’accertamento della illegittimità del termine apposto al contratto stipulato tra le parti; tale statuizione era stata riformata dal giudice di seconde cure il quale aveva negato il diritto del lavoratore al risarcimento;

1.2. che la Corte di merito, per quel che ancora rileva, in dichiarata adesione alla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 1464 del 2012), ha ritenuto che l’obbligazione restitutoria a carico del lavoratore avesse ad oggetto le sole somme effettivamente entrate nel patrimonio di questi da calcolarsi, quindi, al netto e non al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali, ulteriormente precisando che, a differenza di quanto sostenuto dalla società, la ipotesi in esame era riconducibile a quelle che ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, consentivano a Poste Italiane s.p.a. la presentazione della istanza di rimborso all’Amministrazione finanziaria delle somme versate quale sostituto di imposta del lavoratore;

2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Poste Italiane s.p.a. sulla base di due motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso illustrato con memoria ai sensi dell’art. 380- bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

1. Che con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38,artt. 12 e 14 preleggi, art. 2033 c.c., D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 23 e 64, art. 2041 c.c.. Si censura la sentenza impugnata per avere escluso il diritto del datore di lavoro ad ottenere dal lavoratore anche il pagamento delle somme versate all’erario nella veste di sostituto di imposta del lavoratore; si argomenta, in particolare, dal carattere tassativo, non suscettibile di estensione analogica, delle ipotesi di diritto a rimborso contemplate dal D.P.R. n. 602 del 1973 cit., art. 38, alle quali non sarebbe riconducibile la concreta fattispecie; le ritenute in questione non erano, infatti, frutto di errore materiale duplicazione ed inesistenza totale parziale di versamento come previsto dal citato art. 38, ma costituivano adempimento di un obbligo di legge scaturente dal provvedimento giudiziale di primo grado riformato in seconde cure;

2. che con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973 cit., art. 38, D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. d bis, D.P.R. n. 600 del 1973 cit., art. 23, art. 53 Cost., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, art. 112 c.p.c., art. 111 Cost. e nullità della sentenza per omessa pronuncia sul motivo di gravame relativo al D.P.R. n. 917 del 1986 cit., art. 10, comma 1, lett. d bis, in correlazione alle circolari e risoluzioni dell’amministrazione finanziaria; si censura la sentenza impugnata sul rilievo che, mentre il sistema, nel suo complesso, non consentiva l’accesso a Poste Italiane s.p.a., alla procedura di rimborso D.P.R. n. 602 del 1973 cit., ex art. 38, D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. d bis, consentiva comunque al lavoratore il recupero delle ritenute indebitamente versate dalla parte datrice attraverso il meccanismo delle deduzioni; si deduce, quindi, l’omessa pronunzia in relazione alla richiesta applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986 cit., art. 10, in tema di oneri deducibili;

3. che i due motivi di ricorso, esaminati congiuntamente per connessione, sono infondati;

3.1. che la decisione, laddove riconosce il diritto alla ripetizione delle sole somme corrisposte e, quindi, al netto delle ritenute fiscali, è coerente con la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale in caso di riforma, totale o parziale, della sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di somme in favore del lavoratore, il datore di lavoro ha diritto a ripetere quanto il lavoratore abbia effettivamente percepito e non può, pertanto, pretendere la restituzione di importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente, atteso che il caso del venir meno con effetto “ex tunc” dell’obbligo fiscale a seguito della riforma della sentenza da cui è sorto ricade nel raggio di applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, comma 1, secondo cui il diritto al rimborso fiscale nei confronti dell’amministrazione finanziaria spetta in via principale a colui che ha eseguito il versamento non solo nelle ipotesi di errore materiale e duplicazione, ma anche in quelle di inesistenza totale o parziale dell’obbligo (Cass. n. 13530 del 2019, Cass. 8614 del 2019Cass. n. 19735 del 2018, Cass. n. 1464 del 2012);

3.2. che le questioni che prospettano l’errore di diritto della soluzione condivisa dalla Corte di merito con riferimento alla normativa fiscale risultano superate dai condivisibili approdi sul punto ai quali è pervenuta la giurisprudenza di legittimità. In particolare, è stato ritenuto che nella ipotesi – qui ricorrente – nella quale il datore di lavoro, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 23, abbia operato la ritenuta d’acconto dell’imposta sui redditi delle persone fisiche su somme corrisposte al lavoratore, divenute, come nel caso di specie, non dovute per effetto della riforma della sentenza in forza delle quali le somme in questione erano state erogate, si configura un’ipotesi di inesistenza, totale o parziale, dell’obbligo fiscale venuto meno, secondo una fisiologica dinamica processuale, con effetto ex tunc (Cass. n. 990 del 2019, Cass. n. 19735 del 2018, Cass. n. 6072 del 2012, Cass. n. 8829 del 2007). In tal senso, del resto, Cass. n. 21699 del 2011 ha ben evidenziato che l’azione di restituzione e riduzione in pristino, che venga proposta a seguito della riforma o cassazione della sentenza contenente il titolo del pagamento si collega ad un’esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale anteriore a detta sentenza con riferimento a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti, e quindi giuridicamente di un pagamento non dovuto;

3.3. che legittimati a richiedere alla Amministrazione finanziaria il rimborso delle somme non dovute e ad impugnare l’eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario sono sia il soggetto che ha effettuato il versamento -cd. “sostituto di imposta”-, sia il percipiente delle somme assoggettate a ritenuta – cd. “sostituito” – (cfr., tra le altre, Cass. n. 517 del 2019, Cass. n. 19735 /2018 cit., Cass. n. 16105 del 2015, Cass. n. 14911 del 2015, Cass. 5653 del 2014);

3.4. che in ipotesi di concreta inutilizzabilità da parte di Poste Italiane del rimedio previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, comma 1, per decorso del termine di presentazione dell’istanza di rimborso, ivi stabilito a pena di decadenza, di quarantotto mesi decorrente dal “versamento” delle somme non dovute, trova applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, avente carattere residuale e di chiusura del sistema, secondo il quale l’istanza di rimborso può essere presentata entro due anni dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione (Cass. 12919 del 2019, Cass. n. 82 del 2014);

3.5. che quanto ora osservato rende ininfluenti, al fine dell’accoglimento della tesi della restituzione al lordo e non al netto delle ritenute fiscali, le argomentazioni formulate dalla società in tema di possibilità per il sostituito di recuperare le ritenute fiscali divenute non dovute attraverso il meccanismo della deducibilità D.P.R n. 917 del 1986, ex art. 10, comma 1, lett. d bis);

4. che in base alle considerazioni che precedono il ricorso di Poste Italiane deve essere respinto e la società condannata alla rifusione delle spese di lite, con distrazione al difensore Evo Talone antistatario, secondo la sua richiesta;

5. che sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della società ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Con distrazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019

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