Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30862 del 22/12/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 30862 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: CURCIO LAURA

ORDINANZA

sul ricorso 25977-2012 proposto da:
CAVALLI CORNELIO C.F. CVLCNL41H26F340U, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA QUINTINO SELLA, 41, presso
lo studio dell’avvocato MARGHERITA VALENTINI,
rappresentato e difeso dall’avvocato FERNANDO PEPE,
giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
2903

BANCA INTESA S.P.A. ora INTESA S.PAOLO S.P.A. in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LEONE IV 99,
presso lo studio dell’avvocato CARLO FERZI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANGELO

Data pubblicazione: 22/12/2017

CHIELLO, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 610/2012 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 24/05/2012 R.G.N. 4851/2008;

il P.M. ha depositato conclusioni scritte. ‘

RGN.25977
RILEVATO
Che con sentenza del 24.5.2012 la corte d’Appello di Milano ha confermato la

sentenza del Tribunale di Milano n. 4851 del 2008, che aveva respinto la domanda di
Cornelio Cavalli, dipendente di Banca Intesa spa, diretta a far accertare la
illegittimità del provvedimento di sospensione cautelare disposto nei suoi confronti dal

retributivo spettante, con condanna al pagamento in suo favore delle differenze
retributive non percepite in tale periodo, oltre che il diritto la risarcimento del danno
biologico , professionale. Il Cavalli aveva ritenuto che tale sospensione fosse
illegittima avendo la banca già irrogato per gli stessi fatti una sanzione disciplinare di
10 giorni di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione.
Che la Corte di merito, condividendo le argomentazioni del Tribunale, ha escluso che

vi fosse stata una violazione del ne bis in idem nel disporre la sospensione cautelare
con la lettera del 30.1.1996 ai sensi dell’art.75 del CCNL del settore, in relazione alla
lettera di contestazione del 15.6.1995 a cui era seguita la comminazione della
sanzione disciplinare di 10 giorni di sospensione, stante la diversità dei fatti oggetto
delle due comunicazioni, in quanto nel primo caso la sospensione dal servizio era stata
adottata in via cautelare con riferimento alla “richiesta di rinvio a giudizio , per i reati
di “traffico di titoli di Stato falsi e di appropriazione indebita ,aggravati dall’abuso delle
relazioni di ufficio”, in cui l’imputazione era riferita alla commissione in prima persona
(sia pure in concorso con altri) di tali reati, con evidente coinvolgimento diretto nelle
condotte materiali oggetto dell’ imputazione penale,
contestazione

mentre la precedente

disciplinare si riferiva ad una posizione che appariva estranea alla

commissione dei reati, essendo stata contestata un’

omessa comunicazione ” ai

superiori degli altrui propositi criminosi. Secondo la corte territoriale quindi vi era una
differenza sia nella materialità oggettiva dei fatti contestati, sia nell’elemento
soggettivo nel disvalore attribuito alle due condotte in termini di incidenza sul
rapporto fiduciario esistenza nella relazione lavorativa.
Che la corte di merito ha poi rilevato che il tenore della lettera di sospensione

cautelare del 30.1.2006, che riportava la richiesta di rinvio a giudizio, era tale da
consentire al Cavalli di rendersi edotto dei fatti contestati , peraltro non richiedendo

1.2.1996 sino al 31.12.2000 e il suo diritto al riconoscimento dell’intero trattamento

l’art.75 del CCNL citato una preventiva contestazione prima di adottare la
sospensione, essendo legata all’esito del giudizio penale l’eventuale successiva
decisione del datore di lavoro di contestare i fatti oggetto della condanna penale
definitiva.
Che infine secondo la corte distrettuale non poteva ritenersi illegittimo l’art.75 citato
che prevede la possibile durata della sospensione sino al passaggio in giudicato della
sentenza penale e che, non essendosi concluso il procedimento penale nei confronti

del Cavalli con una sentenza definitiva di assoluzione piena, non spettava la differenza
retributiva richiesta.
Che avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Cornelio Cavalli , affidato
a quattro motivi al quale ha opposto difese la Banca con controricorso.
Che il PG in data 10.5.2017 ha richiesto il rigetto del ricorso. Che sono state
depositate memorie ex 378 c.p.c .
CONSIDERATO
Che i motivi hanno riguardato:1) la violazione a falsa applicazione dell’art.7 legge
n.300/70 in riferimento all’art.2106 c.c. e all’art. 110 c.p.c., in relazione all’art.360
n.1 n.3 c.p.c., per avere la Corte territoriale erroneamente escluso che la sospensione
cautelare ai sensi dell’art.75 del CCNL del settore fosse stata adottata per gli stessi
fatti materiali contestati con la prima comunicazione del giugno 1995, fatti poi
divenuti oggetto dell’imputazione penale – condotte omissive e commissive dirette a
mettere in circolazione titoli falsi , utilizzando fogli di carta intestata della banca-. Con
la prima contestazione, seguita poi da sanzione conservativa, la Banca aveva esaurito
il proprio potere disciplinare, cosi che adottando la sospensione per gli stessi fatti,
aveva violato il principio del ne bis in iedm contenuto nelle norme di cui all’art.2016
c.c. e all’art.7 legge n.300; 2) l’insufficiente o contraddittoria motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art.360 c.1 n. 5 c.p.c., per
avere la corte di merito erroneamente ritenuto di natura omissiva gli addebiti
contestati con la missiva del 15 giugno1995 e definiti come “omessa comunicazione
alla Banca” di fatti penalmente rilevanti e invece di natura commissiva le stesse
contestazioni in relazione alla sospensione adottata in base all’art.75 del CCNL, con
evidente sostanziale e palese contraddizione logica, atteso che l’imputazione penale
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riguardava il coinvolgimento del Cavalli per la commissione in concorso, dunque non
necessariamente in prima persona, dei fatti reato ascrittigli; 3) la violazione , in
relazione all’art.360 n.1 n.3 c.p.c.„ degli artt.7 legge n.300, in riferimento
all’art.1406 c.c. e all’art.75 del CCNL citato, per avere la corte ritenuto non solo la
legittimità della disposta sospensione, ma anche la legittimità della trattenuta sulla
retribuzione, sebbene alla medesima non fosse seguito alcun procedimento
disciplinare con relativa adozione di provvedimento, anche di licenziamento , ma

motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio , ai sensi dell’.360 c.1
n. 5 c.p.c.,per essere la sentenza priva del tutto dei passaggi motivazionali, su uno
specifico motivo di appello in cui Cavalli aveva sua volta lamentato un’omessa
motivazione del giudice di prime cure circa la mancata comminazione di una sanzione,
successivamente alla sospensione cautelare di cui all’art.75 citato e quindi alla
correlata mancata revoca della sospensione.
Che il collegio ritiene che si debba rigettare il ricorso.
Che possono trattarsi congiuntamente il primo ed il secondo motivo in quanto

connessi, avendo entrambi ad oggetto l’ identità o meno dei fatti posti a fondamento
dei provvedimenti posti in essere dalla Banca e la conseguente violazione o meno
del principio del ne bis in idem.
Che i motivi sono infondati, perché la condotta addebitata al Cavalli , posta a base del

procedimento disciplinare iniziato con la contestazione del giugno 1995 , seguita
dalla sanzione di 10 gg di sospensione, risulta essere diversa dai fatti oggetto dei
reati contestati con il capo di imputazione di cui a rinvio a giudizio penale, in base ai
quali la Banca ha ritenuto di avvalersi del provvedimento di sospensione previsto
dall’art.75 del CCNL del settore bancario, così che non può dirsi che siano stati violati
gli art.1406 c.c. e 7 legge n.300/70 in base ai quali il potere disciplinare del datore di
lavoro si esaurisce con il procedimento disciplinare instaurato e con la sanzione
irrogata, non potendo il lavoratore essere sanzionato nuovamente per gli stessi fatti.
Che nel caso in esame, come rilevato dalla sentenza impugnata, i fatti contestati con il

procedimento disciplinare non hanno riguardato la commissione dei reati poi oggetto
dell’indagine penale, perché ciò che la datrice di lavoro ha inteso contestare al Cavalli
con la comunicazione del giugno 1995 era la condotta colposamente negligente di
3

neanche una revoca, in violazione a quanto disposto dell’art.75 del ccnI., 4) l’omessa

mancata comunicazione alla Banca delle operazioni delittuose di trasferimento
all’estero di titoli falsi, poste in essere da una persona dal Cavalli conosciuta, che
aveva proposto all’odierno ricorrente di parteciparvi ed al quale il Cavalli aveva
suggerito il nominativo di una terza persona disponibile a collaborare , come anche
consentito l’utilizzo dell’ufficio della figlia per depositare materiale ed omesso di
riferire alla banca che tale operazione di trasferimento all’estero dei titoli falsi
avveniva con l’utilizzo di carta intestata della Banca. Con la richiesta di rinvio a

provvedimento di sospensione disciplinato dall’art.75 del culi del settore, i fatti
contestati riguardavano invece la commissione da parte del Cavalli dei reati di traffico
di titoli di Stato falsi e di appropriazione indebita, con l’aggravante dell’abuso di
ufficio, essendo stato contestato dall’autorità requirente il concorso di persone.

Che pertanto i fatti oggetto della contestazione disciplinare non indicano alcun
contributo partecipativo del Cavalli, morale o materiale, a quelle che poi sono state le
condotte criminose oggetto dell’indagine penale, ma indicano in realtà una connivenza
che tuttavia, nella descrizione degli addebiti fatta dalla Banca , ancora non assurge a
vera e propria commissione di atti diretti in equivocamente a commettere i reati di cui
poi il ricorrente è stato imputato nel giudizio penale. Nella contestazione cioè non vi è
alcun cenno ad un chiaro apporto eziologico del Cavalli poi confluito in una impresa
comune agli altri soggetti con lui imputati in concorso e che hanno invece portato la
Banca a disporre la sospensione, una volta venuta a conoscenza dell’inizio del
procedimento penale e delle relative imputazioni.

Che sono infondati anche il terzo ed il quarto motivo di ricorso che possono trattarsi
congiuntamente in quanto altrettanto connessi, riferendosi entrambi alla mancata
adozione di provvedimenti disciplinari dopo la disposta sospensione ed in alternativa
alla mancata revoca della sospensione stessa. Ed infatti l’art.75 del CCNL del settore
prevede al 5° comma che “in caso di assoluzione per inesistenza del reato o per non
aver commesso il fatto, salvo eventuali responsabilità disciplinari o amministrative , il
funzionario riacquista il diritto alla retribuzione che gli sarebbe spettata qualora fosse
restato in attività di servizio”. La norma collettiva stabilisce quindi che la durata della
sospensione , che prescinde dall’avvio o meno di una procedimento disciplinare , è
correlata alla definizione del procedimento penale ed alla formula assolutoria

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giudizio effettuata dalla procura di Modena, che ha portato la Banca ad avvalersi del

adottata, nella misura in cui solo la

formula di assoluzione piena consente la

restituzione della parte di retribuzione trattenuta.
Che la sentenza penale definitiva, giunta solo nel 2010 quando oramai il rapporto era

cessato con licenziamento collettivo poi oggetto di conciliazione tra le parti, non è
stata di assoluzione, trattandosi sentenza di proscioglimento per prescrizione del reato
ascritto, in quanto derubricato in tentata truffa, come precisato dalla sentenza di

sentenza penale ( “dopo che il provvedimento sia divenuto definitivo”) la scelta
dell’azienda di riammissione in servizio o meno.
Ne consegue la non configurabilità di una nullità del provvedimento di sospensione per
la sua eccessiva durata; ne’ può lamentarsi una disparità di trattamento in riferimento
a quanto previsto per il pubblico impiego,come indirettamente sembrerebbe fare il
ricorrente richiamando l’orientamento del Consiglio di Stato espresso nelle sentenze
n.4649/2002Sez. VI e n.2/2002 Adunanza Plenaria, che ha ritenuto la “restituito in

integrum”anche in caso di sentenza penale dichiarativa della prescrizione, data la non
comparabilità delle due distinte discipline ( cfr cass.10855/1997) con riferimento in
particolare all’ impianto sanzionatorio del settore pubblico, soprattutto antecedente
alla regolamentazione intervenuta con il Dlgs n.165/2001 .
Il ricorso deve essere pertanto respinto, con condanna del ricorrente, soccombente ,
alla rifusione delle spese del presente grado, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente ala rifusione delle spese di lite
del presente giudizio che liquida in euro 4000,00 per compensi professionali, euro
200,00 per esborsi , oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Così deciso nell’Adunanza camerale del 27.6.2017

appello impugnata. La norma contrattuale citata subordina alla definitivià della

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