Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30855 del 22/12/2017


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Civile Sent. Sez. L Num. 30855 Anno 2017
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: DE GREGORIO FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 2010-2012 proposto da:
PRIOLO FERDINANDO C.F. PRLFDN42C03224R, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE l, presso lo
studio dell’avvocato GIANLUIGI MALANDRINO, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente .~21, contro

2017
1586

FONDIARIA SAI S.P.A. P.IVA 00818570012;

intimata

Nonché da:
FONDIARIA SAI S.P.A. P.IVA 00818570012, in persona del

Data pubblicazione: 22/12/2017

legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PIEMONTE 39, presso lo studio
dell’avvocato ALESSANDRA GIOVANNETTI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA
BERNARDINI, giusta delega in atti;

429:31~ contro

PRIOLO FERDINANDO C.F. PRLFDN42C03224R;
– intimato –

avverso la sentenza n. 280/2011 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 28/03/2011, R. G. N.
202/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/04/2017 dal Consigliere Dott. FEDERICO
DE GREGORIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO, che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato GIANLUIGI MALANDRINO;
udito l’Avvocato ALESSANDRA GIOVANNETTI.

– controricorrente e ricorrente incidentale –

12-04-17 / r.g n. 2010-12

SVOLGIMENTO del PROCESSO
Con atto del 4 febbraio 2009 PRIOLO Ferdinando appellava la sentenza del 24 aprile – 22 luglio 2008,
it
mediante la qualetgiudice del lavoro di Crotone aveva respinto la sua domanda (atto del 26 gennaio /
17 febbraio 2007) nei confronti di FONDIARIA SAI, volta a ristabilire il livello delle provvigioni spettanti,
che erano state unilateralmente decurtate dalla società a far luogo da luglio 2000 (rapporto di agenzia
durato dal 1993, cessato il 15 gennaio 2006).
La Corte di Appello di Catanzaro con sentenza n. 280 del 27 gennaio – 28 marzo 2011 rigettava
l’interposto gravame, compensando le spese e osservando che la società aveva applicato sino al luglio
dell’anno 2000 l’aliquota provvigionale 13% sulle polizze RC Auto, in virtù dell’accordo intercorso con il

venne concordato un protocollo d’intesa tra la preponente e il “gruppo agenti SAI”, in base al quale fu
stabilita la riduzione al 5% delle provvigioni spettanti sulle polizze relative ai ciclomotori, nonché la
riduzione delle provvigioni relative al ramo r.c. AUTO stipulato a decorrere dal 1° luglio 2000 nel caso
in cui l’agenzia avesse registrato un rapporto sinistri / premi superiore al 77% in ciascun anno nell’arco
di un triennio, oltre alla riduzione sull’intero portafoglio nel caso l’agenzia non avesse migliorato
l’anzidetto rapporto.
Era pacifico e comunque provato che l’appellante era iscritto al “gruppo agenti SAI” e che la compagnia
aveva correttamente applicato il protocollo suddetto, di modo che il PRIOLO aveva fruito degli incentivi
straordinari sui prodotti indicati (doc. 10). La domanda, pertanto, non poteva ritenersi fondata, atteso
che gli accordi sottoscritti dal gruppo si applicavano anche i suoi aderenti. Inoltre, veniva richiamata
giurisprudenza varia, secondo cui tra l’altro i contratti collettivi aziendali devono ritenersi applicabili a
tutti i lavoratori, anche se non iscritti alle organizzazioni stipulanti, con l’unica eccezione di quelli che
aderendo ad un’organizzazione diversa ne condividono l’esplicito dissenso dall’accordo medesimo e che
potrebbero addirittura essere vincolati ad un accordo sindacale separato e diverso.
Veniva citato, altresì, il precedente di Cass. n. 4947 del 1991, secondo cui le disposizioni dei contratti
collettivi non si incorporano nei contratti individuali, dando luogo a* diritti quesiti sottratti al potere
dispositivo ~1~:ibi, ma (salva l’ipotesi del loro recepimento ad opera del contratto individuale),
operano dall’esterno sui singoli rapporti di lavoro come fonte eteronoma di regolamento, concorrente
con quelli individuali, sicché nell’ipotesi di successione di contratti collettivi le precedenti disposizioni
non sono suscettibili di essere conservate secondo il criterio del trattamento più favorevole ex articolo

gruppo agenti SAI in data 15 maggio 1980. Parimenti, era documentato che in data 28 giugno 2000

2077 c.c., che riguarda il rapporto tra contratto collettivo e contratto individuale, restando la
conservazione di quel trattamento affidata all’autonomia contrattuale delle parti collettive stipulanti,
che possono prevederla con apposita clausola di salvaguardia, la verifica della cui esistenza con relativa
indagine interpretativa è riservata al giudice di merito.
Dunque, l’accordo a livello aziendale ben poteva derogare a quello stipulato su base nazionale, salvo
patto contrario, mentre non vi era norma alcuna che impedisse il comportamento derogatorio.
L’insistere sull’accordo individuale individuale era del tutto incongruo e si poneva contro il principio
della pluralità delle fonti contrattuali.
Peraltro, non risultava neppure una reformatio in pejus del precedente trattamento, occorrendo al
riguardo una complessiva valutazione.
Ad abundantiam, del resto, anche il comportamento dell’appellante, che senza nulla contestare durante
il rapporto aveva sempre fatturato le provvigioni nella misura prevista dal protocollo era sintomatico

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ud. 12-1)4-17

rrg. n. 3)10-12

dell’accettazione individuale della pattuizione del protocollo medesimo con tutte le conseguenze di tale
condotta. Pertanto, dovendosi ritenere l’applicabilità del protocollo d’intesa in data 28 giugno 2000
anche al rapporto dedotto il giudizio, andava rigettata la domanda del ricorrente.
Avverso l’anzidetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione PRIOLO Ferdinando, con atto di cui è
stata chiesta la notifica 1’11 gennaio 2012, affidato a due motivi, cui ha resistito la S.p.A. FONDIARIA SAI ( già SAI -Società Assicuratrice Industriale S.p.A.) mediante controricorso in data primo – 2 marzo
2012, contenente anche ricorso incidentale condizionato, a tal riguardo osservando che vi era stata
omessa pronuncia da parte della Corte di Appello sulla eccezione di inammissibilità opposta con
riferimento alla mancata impugnazione della decisione di primo grado per la parte in cui era stata

ad opera del protocollo: l’appello era quindi inammissibile, siccome limitata ad una sola parte della
motivazione, però articolata in due autonome rationes.
Sono state depositate memorie ex art. 378 c.p.c.

MOTIVI della DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione dell’articolo 2077
codice civile, errata interpretazione della norma di legge, mancata valutazione degli elementi
decisivi della controversia – insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso
decisivo per il giudizio, sostenendo che il trattamento provvigionale, pattuito individualmente dalla
preponente con l’agente, non poteva essere legittimamente ridotto senza l’accettazione esplicita di
quest’ultimo. Pur essendo esso PRIOLO associato al

GRUPPO AGENTI SAI, la sua adesione a

questo sindacato non era di per sé sufficiente ad attribuire la piena disponibilità di posizioni
individuali. Infatti, le oo. ss. non potevano comunque incidere su diritti soggettivi del lavoratore.
Risultava 3./2i9a falsamente applicato secondo comma dell’articolo 2077 c.c. laddove nella specie
vi era stata la successione temporale del contratto aziendale, ossia del protocollo d’intesa, a
contratto individuale contenente un trattamento pro vvigionale più favorevole.
La Corte di appello aveva omesso di considerare la fattispecie in esame, caratterizzata dal fatto
che al contratto individuale di agenzia aveva fatto seguito un contratto collettivo, cioè il protocollo
d’intesa, che derogava in peggio all’originale trattamento provvigionale, mentre la motivazione si
limitava ad argomentare in ordine ad un ipotetico potere derogatorio dell’accordo aziendale
rispetto alla contrattazione collettiva. La pronuncia

de qua era inoltre incorsa nel vizio di

violazione e falsa applicazione dell’art. 2077 c.c., relativo soltanto alla disciplina dei rapporti tra
contratto individuale e quello collettivo, laddove tale norma era stata ritenuta però non ostativa
della deroga in pejus delle condizioni più favorevoli per l’agente, previste dal contratto individuale,
assumendosi non operante il contenuto dell’anzidetta disposizione di legge.
Peraltro, la Corte distrettuale, probabilmente nella consapevolezza di avere sviato il problema,
secondo il ricorrente, si era limitata ad esaminare la successione di contratti collettivi, e non già
quella di contratto collettivo a contratto individuale, ed aveva svolto ulteriori considerazioni circa
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comunque altresì ritenuta l’accettazione di fatto dell’agente della nuova individuazione delle provvigioni

mi 12-111 17

r.sz. n. 31111-12

la valutazione, che andava complessivamente svolta, ed in ordine al comportamento dell’agente,
che senza nulla contestare per anni aveva sempre fatturato le provvigioni nella misura prevista
dal protocollo.
Come secondo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1321
c.c. nonché dell’articolo due accordo nazionale agenti 2003, nonché insufficiente e contraddittoria
motivazione – per aver l’impugnata sentenza affermato quale pacifica circostanza, non vera, che il
trattamento pro vvigionale dell’agente di cui al suo capitolato individuale dipendesse
Non si poteva prescindere dal

ricordare che gli accordi economici collettivi di settore, nella specie quello ANA

2003, non

definivano minimi inderogabili di trattamento economico, allo stesso modo che per i contratti
collettivi di lavoro subordinato, ma servivano unicamente a disciplinare gli aspetti normativi del
rapporto. Di conseguenza, i compensi spettanti all’agente formavano oggetto di contrattazione
individuale nell’ambito della quale assumevano rilievo aspetti peculiari del singolo rapporto; ciò
che era avvenuto anche nel caso di specie, nel quale era pacifico che la preponente aveva
applicato sino a luglio 2000 l’aliquota provvigionale 13% sulle polizze r.c.a. in forza dell’accordo
individuale intervenuto tra il Priolo e FONDIARIA SAI .
Tanto premesso, entrambe le censure, che per la loro connessione possono esaminarsi
congiuntamente, appaiono infondate, in quanto prescindono dal complesso delle argomentazioni
svolte dalla Corte di merito, a loro volta di conferma della decisione di primo grado, in base alle
quali risultano debitamente acclarate circostanze di fatto, incompatibili con le allegazioni e le
conseguenti pretese di parte ricorrente, specie in sede di legittimità, dove non sono ammesse
rivisitazioni dei fatti diversi da quelli accertati e valutati nei precedenti gradi del giudizio.
Invero, dalla lettura della sentenza di appello, unitamente a quella di primo grado, confermata
mediante il rigetto dell’interposto gravame, risulta appurato che fino al mese di luglio dell’anno
2000 le provvigioni corrisposte al PRIOLO sono avvenute in base all’accordo aziendale del 15
maggio 1980, e non già al contratto individuale di agenzia (come invece pretende il PRIOLO, che
peraltro ha omesso compiute allegazioni riproduttive in proposito – essendo assolutamente
insufficiente l’accenno fatto a pag. 26 del ricorso, senza neanche indicare la data di stipula, sicché
a nulla rileva il mero riferimento doc. /, senza ulteriori precisazioni di sorta, tanto più che lo
stesso ricorso a pag. 29 non contiene nemmeno un elenco analitico della documentazione
prodotta, non bastando di certo la generica dizione fascicoli dei precedenti gradi di giudizio, e lo
stesso dicasi per l’Accordo Nazionale Agenti 2003, di cui al secondo motivo di ricorso, a pag. 21 e
ss. – perciò contravvenendo a quanto previsto a pena d’inammissibilità dall’art. 366 c.p.c.,

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dall’applicazione di un precedente accordo collettivo aziendale.

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12-04-17

r.g. n. 2010-12

segnatamente in relazione al comma I nn. 3 e 6, e d’improcedibilità a norma del successivo art.
369, co. II n. 4).
I giudici di merito, inoltre, hanno evidenziato il comportamento del ricorrente «che, senza nulla
contestare, durante il rapporto ha sempre fatturato le provvigioni nella misura prevista dal
protocollo»;

ciò risultava

«sintomatico dell’accettazione individuale delle pattuizioni del

protocollo medesimo, con tutte le conseguenze di tale condotta…».

Ed è altresì pacifica

l’adesione del PRIOLO al gruppo agenti SAI, organizzazione sindacale con la quale sono stati

alle provvigioni maturate a far luogo dalla sua operatività, ossia dal primo luglio in avanti, quindi
senza pregiudizio dei diritti quesiti per l’epoca anteriore.
Ne deriva che è inapplicabile nella specie l’art. 2077 c.c., che disciplina l’efficacia del contratto
collettivo su quello individuale (cfr. Cass. lav. n. 16635 del 5/11/2003: il divieto di deroga in
pejus posto dall’art. 2077 cod. civ. è relativo solo alle disposizioni contenute nel contratto
individuale di lavoro in relazione alle disposizioni del contratto collettivo, non viceversa, mentre i
rapporti di successione temporale tra contratti collettivi sono regolati non dall’art. 2077 cod. civ.,
ma dal principio della libera volontà delle parti stipulanti, cosicché, nell’ipotesi di successione tra
contratti collettivi, le precedenti disposizioni possono essere modificate da quelle successive anche
se in seguito sfavorevole al lavoratore, con il solo limite dei diritti quesiti, ovvero di quei diritti che
sono già entrati a far parte del patrimonio individuale del lavoratore. Cfr. altresì id. sentenza n.
13092 del 23/01 – 05/06/2007: «…La Corte più volte ha avuto modo di precisare che le funzioni
specifiche riconosciute dall’ordinamento alle associazioni sindacali consistono (come emerge dalle
varie norme che, pur senza dare attuazione all’art. 39 Cost., fanno ad esse riferimento) nella
stipula di contratti collettivi aventi efficacia obbligatoria per tutti gli iscritti e nello svolgimento, in
favore degli stessi, di opera di promozione civile, sostegno nelle rivendicazioni e assistenza nelle
controversie, senza che possa però configurarsi una legittimazione delle associazioni medesime a
rinunciare, transigere o conciliare diritti soggettivi (ancorché acquisiti dai singoli lavoratori in forza
di pattuizioni collettive), in difetto di espressa previsione normativa in tal senso o di uno specifico
mandato da parte degli associati (Cass. n, 1140 del 1983; n. 1577 del 1985).
Ma non vi è contrasto tra questo principio e quello, del pari fermamente enunciato dalla Corte
nella sua giurisprudenza consolidata, secondo il quale, in tema di successione di contratti
collettivi, il lavoratore non può invocare un diritto acquisito in forza della precedente
contrattazione. Infatti, una cosa è l’indisponibilità, da parte del sindacato, dei diritti soggettivi
perfetti attribuiti da un determinato contratto collettivo, ed altra è la pretesa, da parte del
lavoratore, di mantenere definitivamente acquisito al suo patrimonio un diritto nato da una norma
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siglati i protocolli del 15 maggio 1980 e del 26 giugno 2000, quest’ultimo peraltro con riferimento

12-04-17 / r.u. n. 2010-12

collettiva che ormai non esiste più perché caducata o sostituita da una successiva contrattazione
collettiva (ex plurimis, Cass. n. 4947 del 1991; n. 2155 del 1990; n. 1147 del 1988; n. 9175 del
1987; n. 5592 del 1986). Ciò perché le disposizioni dei contratti collettivi non si incorporano nel
contenuto dei contratti individuali, dando luogo a diritti quesiti sottratti al potere dispositivo delle
organizzazioni sindacali, ma operano invece dall’esterno sui singoli rapporti di lavoro, come fonte
eteronoma di regolamento, concorrente con la fonte individuale, sicché, nell’ipotesi di successione
fra contratti collettivi, le precedenti disposizioni non sono suscettibili di essere conservate secondo

civ., al rapporto tra contratto collettivo ed individuale), restando la conservazione di quel
trattamento affidato all’autonomia contrattuale delle parti collettive stipulanti, che possono
prevederla con apposita clausola di salvaguardia. …
Unico limite del potere dispositivo del sindacato è costituito dal precetto dell’art. 36 Cost. – ma è
evenienza rara che tale norma sia violata dalla contrattazione collettiva, dovendosi anche
osservare che quasi sempre una valutazione in termini di trattamento peggiorativo è fatta sotto
profili esclusivamente monetari ed individuali, mentre la pratica della contrattazione è sempre
diretta a realizzare complessivi miglioramenti, ove la valutazione sia effettuata nella corretta
prospettiva “collettiva”.
In applicazione di questi principi, non può essere messo in discussione il potere del sindacato di
sostituire la precedente disciplina collettiva, anche con esito peggiorativo per il trattamento
economico e normativo di tutti o alcuni lavoratori. Nella specie si tratta proprio, ed
esclusivamente, della successione nel tempo di contratti collettivi, e non di disposizione di diritti
patrimoniali già insorti nel patrimonio dei singoli lavoratori. La questione controversa concerne
infatti trattamenti integrativi del contratto nazionale introdotti con decorrenza dal 1991, secondo
le regole dettate dal contratto integrativo di durata stipulato in quell’anno.
Ne discende che il nuovo contratto del 1997 – che aveva tratto origine da una situazione di crisi
della società datrice di lavoro, resasi tuttavia disponibile ad una revoca dei licenziamenti – poteva
legittimamente determinare il contenuto degli obblighi, anche retributivi, del datore di lavoro a
partire dalla sua entrata in vigore, non avendo operato alcuna disposizione di diritti già maturati a
favore dei lavoratori.
…OMISSIS
Al riguardo va ricordato il principio di diritto secondo il quale ove un contratto collettivo aziendale,
stipulato dal sindacato per la tutela degli interessi collettivi dei lavoratori dell’azienda, venga
successivamente modificato o integrato da un nuovo accordo aziendale stipulato dallo stesso
sindacato, tutti i lavoratori che abbiano fatto adesione all’originario accordo, ancorché non iscritti
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il criterio del trattamento più favorevole (che attiene esclusivamente, ai sensi dell’art. 2077 cod.

ud. 12-04-17 / r..

20i0-12

al sindacato, sono vincolati dall’accordo successivo e non possono invocare l’applicazione soltanto
del primo (Cass. 11 novembre 1987 n. 8325; 5 luglio 2002 n. 9764). Dovendosi ritenere
sussistente l’adesione dei non iscritti al contratto del 1991, per esserne stati anch’essi beneficiari,
ne discende l’irrilevanza della mancata partecipazione all’accordo del 1997 della diversa
organizzazione sindacale cui gli stessi erano iscritti».
V. ancora Cass. lav. n. 21234 del 10/10/2007, secondo cui nell’ipotesi di successione tra contratti
collettivi, per cui le precedenti disposizioni possono essere modificate da quelle successive anche

pretendere di mantenere come definitivamente acquisito al suo patrimonio un diritto derivante da
una norma collettiva non più esistente e ciò in quanto le disposizioni dei contratti collettivi non si
incorporano nel contenuto dei contratti individuali, ma operano dall’esterno come fonte eteronoma
di regolamento, concorrente con la fonte individuale, sicché, nel caso di successione di contratti
collettivi, le precedenti disposizioni non sono suscettibili di essere conservate secondo il criterio
del trattamento più favorevole ex art. 2077 c.c., che riguarda il rapporto fra contratto collettivo ed
individuale. In senso analogo, v. altresì Cass. lav. n. 13960 del 19/06/2014, nonché n. 3982 del
19/02/2014, secondo la quale, poi, in particolare per diritti quesiti devono intendersi soltanto le
situazioni che siano entrate a far parte del patrimonio del lavoratore, come i corrispettivi di
prestazioni già rese, e non anche quelle situazioni future o in via di consolidamento, che sono
autonome e suscettibili, come tali, di essere differentemente regolate in caso di successione di
contratti collettivi).
Disatteso, dunque, il ricorso principale di PRIOLO Ferdinando, resta così assorbito quello
incidentale (esperito in via condizionata, ossia subordinatamente all’eventuale accoglimento del
primo), peraltro non assistito da interesse processualmente apprezzabile, stante l’esito
completamente vittorioso per la controricorrente del giudizio di merito, con conseguente
inammissibilità (cfr. tra le altre Cass. lav. n. 658 del 16/01/2015, id. n. 7057 del 24/03/2010,
secondo la quale in tal caso alla sola modifica della motivazione della sentenza impugnata è
possibile rimediare mediante correzione ottenuta tramite la semplice riproposizione delle difese
nel controricorso o attraverso l’esercizio del potere correttivo attribuito alla Corte di Cassazione
dall’art. 384 cod. proc. civ. Conformi, Cass. nn. n. 3654 e 6631 del 2006, nonché 6519 del 2007.
V. altresì Cass. lav. n. 21652 del 14/10/2014: deve ritenersi assorbito l’esame del ricorso
incidentale nell’ipotesi in cui venga dichiarato inammissibile il ricorso principale avverso una
sentenza di rigetto nel merito, in quanto l’interesse a proporre il ricorso incidentale sorge solo con
la soccombenza e non è configurabile con riguardo ad un ricorso volto ad ottenere un “minus” –

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in senso sfavorevole al lavoratore, con il solo limite dei diritti quesiti, il lavoratore stesso non può

Mi. 12-0417 /r g. n. 201012

pronuncia di inammissibilità della domanda avversaria- rispetto alla sentenza impugnata, ovvero
una mera modifica della motivazione.
V. ancora, più recentemente, Cass. I civ. n. 4472 del 7/3/2016, secondo cui il ricorso incidentale
per cassazione, anche se qualificato come condizionato, presuppone la soccombenza e non può,
quindi, essere proposto dalla parte che sia risultata completamente vittoriosa nel giudizio di
appello).
Pertanto, il ricorso va respinto, con conseguente condanna del soccombente al rimborso relative
spese, in favore della controparte.
P.Q.M.
la Corte RIGETTA il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato. Condanna il
ricorrente al pagamento delle spese, che liquida, a favore della società controricorrente, nella
misura di euro 4000,00 (quattromila/00) per compensi professionali ed in euro 200,00
(duecento/00) per esborsi, oltre spese generali al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Roma il dodici aprile 2017

IL PRESIDENTE

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