Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30851 del 22/12/2017


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 30851 Anno 2017
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: CRISCUOLO MAURO

ORDINANZA
2-gA;

sul ricorso 25273-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente contro

ICA SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIUSEPPE
MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato SERGIO LIO,
rappresentata e difesa dagli avvocati LUIGI CINQUEMANI, ed
ORESTE NATOLI giusta procura a margine del cotroricorso;
SERIT SICILIA SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
POLIBIO 15, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE LEPORE,
rappresentata e difesa dall’avvocato ACCURSIO GALLO nonchè
dall’avvocato GIOVANNI DI SALVO;

Data pubblicazione: 22/12/2017

- controricorrenti avverso la sentenza n. 186/2011 della COMM.TRIB.REG. di
PALERMO, depositata il 20/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 07/12/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO
La ICA S.r.l. impugnava dinanzi alla CTP di Palermo la cartella
esattoriale con la quale le era stato ingiunto il pagamento
dell’IRPEG, IVA ed IRAP per gli anni 2000 e 2001, rilevando
che in data 16 giugno 2003 aveva presentato una prima
istanza di condono ai sensi dell’art. 9 bis della legge n.
289/2002 per la definizione dei versamenti omessi e ritardati
per gli anni in esame, aggiungendo che in data 27 maggio
2004 aveva presentato una seconda istanza integrativa,
sempre in relazione alle omissioni ed ai ritardi ulteriori di cui
alle medesime annualità, approfittando a tal fine della
riapertura dei termini di cui all’art. 2 co. 45 della legge n. 350
del 2003.
Rilevava altresì che, in relazione alla seconda

istanza di

condono, l’Ufficio aveva adottato in data 14 dicembre 2005 un
formale provvedimento di diniego, il quale era stato oggetto di
impugnazione dinanzi alla CTP di Palermo che con la sentenza
n. 180/13/06, passata in cosa giudicata in difetto di tempestiva
impugnazione, aveva accolto il ricorso della società.
La CTP di Palermo, decidendo sull’opposizione avverso la
cartella esattoriale, con la sentenza n. 446/7/07 dell’8 maggio
2008 accoglieva le richieste della contribuente, annullando la
cartella previa compensazione delle spese di lite.

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Lette le memorie depositate da Riscossione Sicilia S.p.A.

La CTR di Palermo con la sentenza n. 186/25/11 del 20
settembre 2011, a seguito di gravame dell’Ufficio, ha rigettato
l’appello, confermando la sentenza impugnata.
A tal fine rilevava che in relazione alla prima istanza di
condono (rectius seconda istanza) era stata emessa una

cui l’Ufficio avrebbe dovuto tenere conto al momento
dell’iscrizione a ruolo.
Quanto invece al secondo condono (rectius primo condono),
mancava una comunicazione di diniego dello stesso.
Inoltre ai sensi dell’art. 9 bis della legge n. 289 del 2002, in
caso di omissioni o ritardi nei versamenti, laddove la parte
privata si sia avvalsa della modalità di pagamento rateale,
deve reputarsi che ciò non determini l’inefficacia della
definizione agevolata, mancando un principio generale che
imponga l’integrale pagamento delle rate del condono al fine di
poter considerare perfezionata la definizione del condono.
Ne derivava quindi che era illegittimo il diniego per ritardato o
anche omesso versamento di un rateo.
L’Agenzia delle Entrate ha chiesto la cassazione di tale
sentenza con ricorso affidato ad un motivo.
L’intimata società ha resistito con controricorso.
Ha depositato controricorso con ricorso incidentale adesivo al
ricorso principale anche Riscossione Sicilia S.p.A., già Serit
S.p.A., quale agente per la riscossione per la Provincia di
Palermo.
In via preliminare deve dichiararsi l’inammissibilità del
controricorso contenente anche ricorso incidentale proposto
dalla Riscossione Sicilia, peraltro intervenuta in questa sede
con il patrocinio di due diversi difensori che hanno depositato
due distinti controricorsi, trattandosi di soggetto che non

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sentenza favorevole alla società passata in cosa giudicata, di

risulta essere stato parte dei precedenti gradi di merito, e che
nemmeno risulta essere formalmente tra i destinatari del
ricorso principale, che risulta indirizzato per la notifica alla sola
opponente originaria.
Ben potrebbe reputarsi che l’Ufficio abbia inteso notificare il

denuntiatio litis, onde renderla edotta della impugnazione della
sentenza di secondo grado, ed allo scopo di informare la
concessionaria della non ancora natura definitiva
dell’accoglimento del ricorso della contribuente, ma ove anche
ciò sia avvenuto, la notifica avente tale finalità non legittimava
la concessionaria a poter spiegare intervento, ancorchè adesivo
alle difese della ricorrente principale, dovendosi a tal fine dare
seguito all’orientamento di questa Corte per il quale (cfr. Cass.
n. 7930/2005) è inammissibile nel giudizio di Cassazione
l’intervento di terzi che non hanno partecipato alle pregresse
fase di merito (conf. Cass. n. 12448/2004, secondo cui alla
inammissibilità dell’intervento volontario del terzo in sede di
giudizio per cassazione consegue la inammissibilità del
controricorso proposto da un soggetto che non rivestiva la
qualità di parte nel giudizio di merito, atteso che detto
controricorso dovrebbe, per l’appunto, essere interpretato
come intervento volontario del terzo).
L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 9 bis della legge n. 289 del 2002 nella
parte in cui la CTR ha ritenuto che l’omesso o ritardato
versamento di una delle rate previste non implichi anche la
decadenza dal beneficio di legge.
Si sostiene che in realtà il ragionamento dei giudici di appello si
fonda sull’erroneo presupposto della tipicità delle ipotesi di
condono per le quali il mancato o ritardato pagamento implichi

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ricorso anche alla società concessionaria, ma ai soli fini di una

la decadenza, essendosi per converso trascurata la pacifica
giurisprudenza in materia che con specifico riferimento al
condono di cui all’art. 9 bis, ne ha rimarcato il carattere
clemenziale, imponendo quindi la puntuale e tempestiva
regolarizzazione dei pagamenti, onde poter fruire degli effetti

Il motivo è fondato nei termini di cui in motivazione che segue.
In primo luogo deve darsi atto che la stessa Agenzia nel
formulare le proprie censure ha inteso limitare le medesime
alla sola istanza di condono in relazione alla quale non risulta
essere stato formulato un espresso provvedimento di diniego,
prendendo atto che per l’istanza de qua, e precisamente quella
avanzata in data 27 maggio 2004, era intervenuta una
statuizione della CTP di accoglimento dell’impugnazione della
contribuente, passata in cosa giudicata e tale quindi da
escludere la possibilità che potesse rimettersi in discussione il
perfezionamento del condono in parte qua, e che quindi
sempre per i tributi interessati da tale istanza, fosse possibile
avanzare una richiesta di pagamento con la cartella impugnata.
Trattasi tuttavia di statuizione che attiene ad una diversa
istanza di condono, e che non può ritenersi che spieghi
efficacia preclusiva in ordine alla disamina della presente
controversia.
Peraltro deve ricordarsi che secondo la giurisprudenza di
questa Corte ( cfr. Cass. n. 11458/2012), in tema di condono
fiscale, e con riferimento alla definizione amministrativa ex art.
9 bis della legge 27 dicembre 2002, n. 289, l’annullamento di
un provvedimento di rigetto dell’istanza di condono non
comporta alcuna decadenza a carico dell’Amministrazione
finanziaria, né ciò pregiudica il diritto di difesa del
contribuente, poiché da un lato, l’iscrizione a ruolo si fonda su

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vantaggiosi previsti dalla norma.

presupposti diversi, costituiti dagli atti di accertamento e di
liquidazione dell’imposta, e rappresenta comunque un
sostanziale diniego della precisata istanza, e dall’altro nel
giudizio relativo all’impugnazione di tale iscrizione il
contribuente può sempre far valere, tra le proprie difese, anche

Quanto appunto alla istanza del 16 giugno 2003, reputa il
Collegio che debba escludersi che la motivazione resa sul punto
dai giudici di appello precluda la possibilità di esaminare la
natura clemenziale o meno del condono, ai fini di invocarne la
decadenza.
La sentenza impugnata, infatti, afferma che in relazione al
secondo condono (rectius primo condono) non era mai stata
effettuata la comunicazione del diniego espresso, ma non è
dato ravvisare in tale motivazione una autonoma ratio
decidendi idonea a escludere che possa esaminarsi nel merito
la sussistenza o meno del diritto dell’Ufficio al versamento delle
somme dovute.
Trattasi invero di un’affermazione che non conteneva in sè
anche una valutazione circa la ricorrenza di una causa ostativa
all’emissione della cartella impugnata, dovendosi a tal fine
peraltro richiamare la giurisprudenza di questa Corte per la
quale (cfr. Cass. n. 15881/2016) in tema di condono fiscale,
qualora il contribuente abbia presentato richiesta di definizione
amministrativa ex art. 9 bis della I. n. 289 del 2002, la
mancata notificazione del provvedimento motivato di rigetto
dell’istanza di condono non comporta alcuna decadenza a
carico dell’Amministrazione finanziaria, né si traduce in una
violazione del diritto di difesa del contribuente, poiché questi, a
norma dell’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, può
proporre tutte le censure deducibili avverso il provvedimento

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quelle relative al diritto di beneficiare del condono.

presupposto, a lui non notificato, in sede di impugnazione della
cartella esattoriale emessa per il recupero dell’imposta,
equivalendo la notifica di questo atto a manifestazione
implicita, da parte dell’Ufficio, del convincimento di ritenere
consolidata la pretesa tributaria e, conseguentemente, della

11458/2012).
Pertanto, ed in relazione alle somme ricollegabili alla prima
istanza di condono, va osservato che le censure formulate
dall’Ufficio sono pienamente fondate, avendo i giudici di merito
evidentemente disatteso la costante interpretazione che questa
Corte ha offerto del citato art. 9 bis.
In tal senso, infatti, si è reiteratamente affermato che (cfr.
Cass. n. 21364/2012) la definizione agevolata ai sensi dell’art.
9 bis della legge 27 dicembre 2002, n. 289, comportante la
non applicazione delle sanzioni relative al mancato versamento
delle imposte o delle ritenute risultanti dalle dichiarazioni
annuali presentate entro il 31 dicembre 2002, e per le quali il
termine di versamento è scaduto anteriormente a tale data, si
perfeziona solo se si provvede all’integrale pagamento del
dovuto nei termini e nei modi previsti dalla medesima
disposizione, attesa l’assenza di previsioni quali quelle
contenute negli artt. 8, 9, 15 e 16 della medesima legge, che
considerano efficaci le ipotesi di condono ivi regolate anche
senza adempimento integrale, e che sono insuscettibili di
applicazione analogica, in quanto, come tutte le disposizioni di
condono, di carattere eccezionale ( conf. Cass. n. 25328/2013
che, proprio in difformità da quanto argomentato nella
sentenza gravata, afferma che le disposizioni in materia di
condoni fiscali sono derogatorie di quelle generali
dell’ordinamento tributario ed integrano sistemi compiuti di

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volontà di negare l’ammissione al condono (conf. Cass. n.

natura eccezionale, così che ciascuna delle diverse ipotesi di
definizione agevolata previste dalla legge 27 dicembre 2002, n.
289, costituisce una propria specifica disciplina, di stretta
interpretazione, non suscettibile di essere integrata in via
ermeneutica né dalle norme generali dell’ordinamento

persino se contemplate dalla medesima legge, dovendosi,
quindi, escludere l’applicabilità dei principi elaborati con
riguardo all’ipotesi di condono fiscale regolati dall’art. 62 bis
della legge 30 dicembre 1991, n. 413, alla previsione di cui
all’art. 9 bis della legge n. 289 del 2002, in quanto con
riguardo a quest’ultima ipotesi di condono cosiddetto
clemenziale è necessaria, non venendo in discussione la
sussistenza dei debiti tributari emergenti dalle dichiarazioni
dello stesso contribuente, l’integrità e la tempestività di tutti i
versamenti in sanatoria; conf. da ultimo, sempre per la
necessità di integrale adempimento, Cass. n. 26683/2016).
Il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve pertanto
essere cassata nei limiti di cui in motivazione, con rinvio per
nuovo esame alla CTR della Sicilia, in diversa composizione,
che provvederà anche sulle spese del presente giudizio nei
rapporti tra l’Ufficio e la contribuente.
Quanto alla regolamentazione delle spese nei confronti della
società concessionaria, rilevato che era evidente che il ricorso
non le era stato indirizzato, e che la stessa abbia solo
equivocato circa la portata dell’intervenuta notifica, si ritiene
che sussistano giusti motivi per disporre la compensazione nei
rapporti con le altre parti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale nei limiti di cui in
motivazione e per l’effetto cassa la sentenza impugnata con

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tributario, né da quelle dettate per altre forme di definizione,

rinvio alla CTR della Sicilia in diversa composizione, anche per
le spese del presente giudizio;
dichiara inammissibile il ricorso incidentale proposto da Serit
Sicilia S.p.A.;
compensa le spese nei rapporti tra Serit Sicilia S.p.A. e le altre

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta
Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 7
dicembre 2017.

parti.

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