Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30850 del 22/12/2017


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 30850 Anno 2017
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: CRISCUOLO MAURO

ORDINANZA
i

ì

sul ricorso 22067-2012 proposto da:
SAN BENEDETTO SRL 00257210641, elettivamente domiciliata
in ROMA presso la Cancelleria della Corte di Cassazione e
rappresentata e difesa dagli avvocati GIUSEPPE GORGA e
CARLO NUNZIANTE CESARO giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE
AVELLINO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 22/12/2017

avverso

sentenza

la

n.

68/2012

della

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di SALERNO, depositata il
01/02/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 07/12/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

La società ricorrente proponeva ricorso dinanzi alla CTP di
Salerno avverso la cartella esattoriale n. 01220060009676327
avente ad oggetto l’iscrizione a ruolo della somma di C
31.937,68 a titolo di IVA, IRAP e ritenute per l’anno di imposta
2004, lamentando che la stessa aveva aderito al condono di cui
alla legge n. 289 del 2002, sicché era illegittima la pretesa
tributaria.
La CTP con la sentenza n. 59/08/08 riteneva operativo il
condono, in quanto nessuna norma prevede che lo stesso
divenga inefficace in caso di tardivo o omesso versamento.
La CTR di Napoli – sezione di Salerno, con la sentenza n.
41/14/2011 accoglieva l’appello dell’Ufficio osservando che
mentre l’istanza di condono era stata presentata nei termini,
viceversa il pagamento della prima rata era stato effettuato in
data 16 maggio 2003, anziché in data 16 aprile 20003, come
invece previsto dalla legge, con la conseguente inefficacia del
condono stesso.
Avverso tale sentenza ha quindi proposto ricorso per
revocazione la società contribuente assumendo la ricorrenza di
un errore di fatto revocatorio in quanto, alla luce della
normativa sopravvenuta il pagamento avvenuto in data 16
maggio 20003 doveva essere reputato tempestivo, e quindi
valido ed efficace ai fini del condono.
La CTR di Napoli – Sezione di Salerno, con la sentenza n.
68/5/2012 del 1 febbraio 2012 ha dichiarato inammissibile il

Ric. 2012 n. 22067 sez. ST – ud. 07-12-2017 -2-

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

ricorso, osservando che l’art, 64 co. 1 del D. Lgs. n. 546/1992
prevede che possano essere impugnate per revocazione le
sentenze delle commissioni tributarie che involgono
accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente
impugnabili.

revocazione la sentenza de qua era ancora suscettibile di
essere oggetto di ricorso per cassazione, con la conseguente
inammissibilità del gravame proposto.
La San Benedetto ha chiesto la cassazione di tale sentenza con
ricorso affidato ad un motivo.
L’intimata ha resistito con controricorso.
Il ricorso è infondato.
Il motivo denunzia la violazione degli artt. 9 bis della legge n.
289 del 2002 e dell’art. 64 del D. Lgs. n. 546/92 laddove è
stato ritenuto inammissibile il ricorso per revocazione proposto
avverso la sentenza d’appello.
A tal fine si rileva che erroneamente i giudici autori della
sentenza gravata hanno escluso che quello commesso dal
giudice di appello fosse un errore di fatto, sicchè
l’impugnazione andava ritenuta ammissibile.
Ed, invero la censura non appare in primo luogo confrontarsi
con la specifica ratio della decisione gravata, che ha ritenuto
che, stante la proposizione della revocazione ancora in
pendenza dei termini per proporre ricorso per cassazione
avverso la medesima sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 64
del citato D. Lgs. n. 546 del 1992, non era dato il rimedio
proposto.
Trattasi di affermazione che è stata anche supportata con il
richiamo alla costante giurisprudenza di questa Corte a mente
della quale (cfr. Cass. n. 5827/2011) in tema di contenzioso

Ric. 2012 n. 22067 sez. ST – ud. 07-12-2017 -3-

Nella fattispecie emergeva che alla data di proposizione della

tributario, a norma dell’art. 64, comma 1, del d.lgs 31
dicembre 1992, n. 546, l’istanza di revocazione è ammessa
solo nei confronti di sentenze che, involgendo accertamenti di
fatto, non siano ulteriormente impugnabili sul punto
controverso o che non siano state impugnate nei termini, con

allorché una sentenza, involgente accertamenti di fatto, sia
impugnabile o sia stata impugnata coi mezzi ordinari di
gravame (conf. Cass. n. 11596/2007).
La sentenza impugnata ha quindi fatto corretta applicazione dei
principi affermati nei precedenti di questa Corte e pertanto
appare incensurabile, mancando peraltro una specifica critica
alla puntuale ratio decidendi che ha portato alla declaratoria di
inammissibilità.
La ricorrente insiste tuttavia per la tesi secondo cui la
revocazione sarebbe stata in ogni caso ammissibile in quanto
volta a denunciare un errore di fatto e non di diritto, sicchè
potrebbe a tal fine farsi richiamo a quanto precisato da Cass.
n. 19522/2008, secondo cui l’art. 64, comma primo, del d.lgs.
31 dicembre 1992, n. 546, nella parte in cui subordina
l’ammissibilità della revocazione ordinaria alla non ulteriore
impugnabilità della sentenza sul punto dell’accertamento in
fatto, non si riferisce all’inoppugnabilità derivante dalla
scadenza dei termini per l’impugnazione, ma a quella derivante
dalle preclusioni relative all’oggetto del giudizio, ovverosia, per
le sentenze di secondo grado, all’impossibilità di contestare
l’accertamento in fatto in sede di legittimità: è pertanto
ammissibile la revocazione ordinaria avverso una sentenza
della commissione tributaria regionale inoppugnabile sotto il
profilo dell’accertamento in fatto, ancorché non sia ancora

Ric. 2012 n. 22067 sez. 5T – ud. 07-12-2017 -4-

la conseguenza che la richiesta di revocazione è inammissibile

scaduto il termine per la proposizione del ricorso per
cassazione.
Tuttavia in tal senso appare palesemente erronea la
conclusione secondo cui l’errore denunciato sia un errore di
fatto e non già di diritto.

effettivo pagamento da parte della società, essendovi perfetta
coincidenza tra l’accertamento in fatto compiuto dai giudici di
appello con quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente,
laddove si contesta non già l’erroneità di tale accertamento
quanto la correttezza dell’affermazione secondo cui la data
ultima di versamento utile ai fini della efficacia del condono sia
quella ritenuta in sentenza e non anche quella in cui è stato
effettuato il pagamento.
A tal fine si assume altresì che non si sarebbe tenuto conto
dell’intervenuta proroga del termine di adempimento per
effetto di una norma sopravvenuta, affermazione questa che
rende evidente come la censura investa un errore in diritto e
non già in fatto, imputandosi ai giudici di merito di non avere
correttamente applicato la norma, e precisamente quella che
aveva assicurato la proroga dei termini.
Risulta in tal modo viepiù avvalorata la conclusione circa
l’inammissibilità della revocazione, in quanto appunto tesa alla
denuncia di un errore di diritto, mediante uno strumento che
non risulta deputato dal legislatore a tale finalità.
Il ricorso va quindi rigettato e le spese seguono la
soccombenza, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso
delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi C
2.200,00, oltre spese prenotate a debito;

Ric. 2012 n. 22067 sez. ST – ud. 07-12-2017 -5-

Ed, invero appare pacifica la individuazione della data di

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta
Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 7

dicembre 2017.

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