Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30847 del 22/12/2017


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 30847 Anno 2017
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: CRISCUOLO MAURO

ORDINANZA
sul ricorso 9163-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la
rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
ST DI SANDRI FELICE & C., elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA POSIDIPPO 9, presso lo studio dell’avvocato
DONATO CASTELLUCCI, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MARIA TERESA DIMARIA in virtù
di procura a margine del controricorso;

Data pubblicazione: 22/12/2017

SANDRI FELICE, TESTAI MARIA LUISA, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA POSIDIPPO 9, presso lo studio
dell’avvocato DONATO CASTELLUCCI, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MARIA TERESA DIMARIA

– controricorrenti avverso la sentenza n. 77/2011 della COMM.TRIB.REG. di
TORINO, depositata il 17/10/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 07/12/2017 dal Consigliere Dott. MAURO
CRISCUOLO;
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO
La ST di Sandri Felice & C. snc avvalendosi della
possibilità di definizione del proprio debito erariale in
adesione alla proposta del concessionario per la
riscossione, ai sensi dell’art. 12 della legge n. 289 del
2002, mediante il versamento del 25 % del debito, da
effettuarsi con le modalità previste dalla legge stessa,
provvedeva al pagamento dell’80% entro la data del 16
ottobre 2003, mentre, a seguito delle varie proroghe del
termine per il pagamento della seconda rata, provvedeva
in tal senso in data 18 aprile 2005, versando il residuo
20%.
L’ufficio tuttavia emetteva provvedimento di diniego della
definizione dei carichi ex art. 12 citato, assumendo che in
occasione del pagamento della seconda rata, la società
aveva versato una somma inferiore rispetto a quella
dovuta, avendo omesso di versare anche gli interessi
maturati dal 17 ottobre 2003 al saldo.
Ric. 2012 n. 09163 sez. ST – ud. 07-12-2017 -2-

giusta procura a margine del controricorso;

Avverso tale provvedimento proponeva ricorso la società e
la CTP di Asti, con la sentenza n. 96/2/2010 accoglieva il
ricorso, respingendo la richiesta di chiamata in causa della
società concessionaria.
A seguito di appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, la

2011 rigettava il gravame.
In primo luogo disattendeva la deduzione circa la
necessità della chiamata in causa della concessionaria per
la riscossione, atteso che l’impugnazione riguardava un
atto emesso dall’Agenzia, dovendosi escludere la valenza
processuale della circostanza che la concessionaria
subentrasse, nella gestione dei ruoli pregressi, in tutti i
diritti e gli obblighi inerenti la gestione dell’ufficio.
Quanto al secondo motivo di appello, rilevava che la
lettura dell’art. 12 delle legge n. 289 del 20002 non
supportava l’assunto dell’Ufficio secondo cui il ritardato o
omesso versamento di rate di pagamento del condono
determini una decadenza dal beneficio. Peraltro la società
aveva versato l’importo dovuto nel termine, avendo
omesso solo di versare gli interessi sull’importo della
seconda rata.
L’Agenzia delle Entrate ha chiesto la cassazione della
sentenza del giudice di appello con ricorso affidato a tre
motivi notificato, oltre che alla società anche ai soci
Sandri Felice e Testai Maria Luisa.
Gli intimati hanno resistito con controricorso.
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

Ric. 2012 n. 09163 sez. ST – ud. 07-12-2017 -3-

CTR di Torino con la sentenza n. 77/34/11 del 17 ottobre

Il primo motivo denunzia ex art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c. ,a
violazione dell’aRT. 10 del d.lgs. n. 546/1992 atteso che il
ricorso in primo grado è stato proposto in data 24
novembre 2009, allorquando la società opponente
risultava già cancellata ed estinta, come da certificato

2007.
Ne deriva che la società non avrebbe potuto impugnare
l’atto essendo priva ab origine di legittimazione ad agire.
Ed, invero rileva il Collegio che debba darsi seguito alla
giurisprudenza di questa Corte la quale ha ribadito che la
cancellazione di una società di capitali dal registro delle
imprese (e per l’affermazione di analoghi principi in tema
di effetti della cancellazione anche delle società di
persone, quale quella in esame, cfr. ex multis Cass. n.
26196/2016) ne determina l’estinzione con la
conseguente cessazione della sua capacità processuale, il
cui difetto originario è rilevabile d’ufficio anche in sede di
legittimità, comportando in questo caso l’annullamento
senza rinvio della sentenza impugnata per cassazione
(così da ultimo Cass. n. 21188/2014, che ha cassato
senza rinvio la sentenza con la quale il giudice di merito
aveva accolto l’impugnazione proposta dal liquidatore
della società estinta nei confronti di avvisi di accertamento
notificati in data successiva alla cancellazione della
società ancorché relativi a tributi sorti in epoca anteriore).
In senso conforme si veda anche Cass. n. 5736/2016 che
ha appunto ribadito che per tale ipotesi debba disporsi la
cassazione della sentenza impugnata senza rinvio.
Ric. 2012 n. 09163 sez. ST – ud. 07-12-2017 -4-

camerale che attesta tale evento alla data dell’Il gennaio

Trattasi di conseguenza appunto imposta dal venir meno
del soggetto destinatario della pretesa tributaria in epoca
anteriore non solo alla proposizione del giudizio, ma alla
stessa adozione dell’atto impugnato, dovendosi quindi
escludere che tale carenza possa essere supplita mediante

la evocazione in giudizio, e peraltro solo in sede di
legittimità dei soci, in quanto (cfr. Cass. n. 10980/2017) i
soci assumono la legittimazione attiva e passiva alla lite
instaurata nei confronti della società estinta – con o senza
la partecipazione originaria anche dei soci – per effetto
della mera estinzione della società, e senza che si ponga
alcun problema di integrazione del contraddittorio nei
confronti dell’ente ormai estinto, solo se sin dall’inizio
evocati in giudizio, ma non anche nella ipotesi qui
ricorrente in cui l’opposizione originaria sia stata avanzata
dal soggetto non più giuridicamente esistente.
Ne deriva altresì che ( cfr. Cass. N. 15177/2016) va
dichiarato inammissibile il controricorso proposto da una
società ormai cancellata dal registro delle imprese atteso
che, da un lato, l’estinzione, in questo caso intervenuta
addirittura prima della pendenza dei giudizio, determina la
perdita della capacità processuale, non potendosi quindi
ammettere il rilascio di una procura speciale necessaria
per il giudizio in cassazione.
L’accoglimento del

primo

motivo determina

poi

evidentemente l’assorbimento del secondo motivo con il
quale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art.
12 della legge n. 289 del 2002 nella parte in cui si è
escluso che il mancato pagamento, anche parziale della
Ric. 2012 n. 09163 sez. ST – ud. 07-12-2017 -5-

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seconda rata del condono non implichi la decadenza dal
beneficio, e del terzo motivo che denuncia la violazione
degli artt. 2 e 22 della Direttiva 77/388/CE e dell’art. 10
del Trattato CE, per reputarsi ammissibile il condono
anche in relazione al crediti tributari IVA, trattandosi di

di Giustizia UE nella decisione C-132/06.
Atteso il rilievo della intervenuta cancellazione solo in
sede di legittimità si ritiene che sussistano giusti motivi
per compensare le spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo ed assorbiti i restanti,
cassa senza rinvio la sentenza impugnata, dichiarando
inammissibile il ricorso originario della società.
Compensa le spese di lite.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
Quinta Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione,
in data 7 dicembre 2017.

soluzione incompatibile con quanto affermato dalla Coorte

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