Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30842 del 29/11/2018

Cassazione civile sez. III, 29/11/2018, (ud. 07/06/2018, dep. 29/11/2018), n.30842

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. OLIVIERI Stefano – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23523-2015 proposto da:

L.E., e F.L.V. personalmente e quali

legali rappresentanti delle figlie minori L.L. e

L.P. e in qualità di eredi di LO.LE.; L.A.

in qualità di erede di LO.LE., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA OTRANTO 36, presso lo studio dell’avvocato MARIO

MASSANO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO

CORNELIO giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

ALLIANZ SPA, in persona dei procuratori Dr. C.A. e

Dott.ssa G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PANAMA 88 presso lo studio dell’avvocato GIORGIO SPADAFORA, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato giusta procura

speciale in calce al controricorso;

AZIENDA U.L.S.S. N. (OMISSIS) ALTA PADOVANA, in persona del Direttore

Generale legale rappresentante Dr. B.F., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato

GIORGIO SPADAFORA che li rappresenta difende giusta procura speciale

in calce al controricorso;

MEDICI SENZA FRONTIERE ONLUS in persona del legale rappresentante pro

tempore Dott. E.G., EMERGENCY LIFE SUPPORT FOR CIVILIAN

WAR VICTIMS ONG ONLUS in persona del legale rappresentane pro

tempore Dott. BE.AL., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA FABIO MASSIMO 60, presso lo studio dell’avvocato ENRICO CAROLI,

che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati CAROLA

ROSSATO, LUIGI CORRIAS giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

O.M.A.M., O.M.M.,

OS.MI.AN., D.M.I., P.G., FONDIARIA SAI SPA;

– intimati –

Nonchè da:

D.M.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALESSANDRO

MALLADRA 31, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI IARIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato NADIA DE FRANCESCHI giusta

procura speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

MEDICI SENZA FRONTIERE ONLUS, in persona del legale rappresentante

pro tempore Dott. E.G., EMERGENCY LIFE SUPPORT FOR

CIVILIAN WAR VICTIMS ONG ONLUS in persona del legale rappresentane

pro tempore Dott. BE.AL., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA FABIO MASSIMO 60, presso lo studio dell’avvocato ENRICO

CAROLI, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati CAROLA

ROSSATO, LUIGI CORRIAS giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

L.E., L.A., F.L.V.,

P.G., O.M.M., O.M.A.M.,

OS.MI.AN., FONDIARIA SAI SPA, AZIENDA ULSS N(OMISSIS)

CITTADELLA CAMPOSAMPIERO ALLIANZ SPA;

– intimati –

Nonchè da:

O.M.M., O.M.A.M.,

OS.MI.AN. nella loro qualità di soci illimitatamente responsabili

della Società MINOS SNC DI OSTUNI E C., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI, 51, presso lo studio dell’avvocato

FABRIZIO AMELIA, rappresentati e difesi dall’avvocato MASSIMO

ROSSETTO giusta procura speciale in calce al controricorso e ricorso

incidentale;

– ricorrenti incidentali –

contro

MEDICI SENZA FRONTIERE ONLUS in persona del legale rappresentante pro

tempore Dott. E.G., EMERGENCY LIFE SUPPORT FOR CIVILIAN

WAR VICTIMS ONG ONLUS in persona del legale rappresentante pro

tempore Dott. BE.AL., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA FABIO MASSIMO 60, presso lo studio dell’avvocato ENRICO CAROLI,

che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati CAROLA

ROSSATO, LUIGI CORRIAS giusta procura speciale a margine del

controricorso;

ALLIANZ SPA in persona dei procuratori Dr. C.A. e Dott.ssa

G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88,

presso lo studio dell’avvocato GIORGIO SPADAFORA, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ANTONIO SPADAFORA giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti all’incidentale –

e contro

FONDIARIA SAI SPA, P.G., D.M.I., AZIENDA ULSS

N(OMISSIS) CITTADELLA CAMPOSAMPIERO, L.A.,

F.L.V., L.E., L.L., L.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 968/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 13/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/06/2018 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale TRONCONE Fulvio, che ha chiesto il

rigetto del ricorso principale e dei ricorsi incidentali.

Fatto

RILEVATO

che:

Con atto di citazione notificato il 5 febbraio 1998 i coniugi F.V. ed L.E., in proprio e quali legali rappresentanti dei figli minori Le. e L.A., convenivano davanti al Tribunale di Padova i medici D.M.I. ed Ge.El., ginecologi, e P.G., radiologo, nonchè ULSS n. (OMISSIS) e Minos s.n.c., per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni loro derivati dalla morte anteriore alla nascita del – rispettivamente figlio e fratello L.F. e dalle gravissime lesioni subite dal gemello Le. a causa di sofferenza asfittica perinatale. I convenuti si costituivano resistendo e ottenevano l’autorizzazione a chiamare in causa le rispettive compagnie assicuratrici: Ras per la Ge., Lloyd Adriatico per il D.M., Fondiaria Sai per Minos s.n.c., Allianz per ULSS n. (OMISSIS).

Con sentenza del 7 gennaio 2009 il Tribunale rigettava ogni domanda nei confronti del P. e condannava invece al risarcimento gli altri due medici, ULSS n. (OMISSIS) e Minos s.n.c., ritenendo in particolare responsabili al 75% D.M. e Minos s.n.c.; condannava altresì Lloyd Adriatico a tenere indenne il D.M. fino al massimale, dichiarava inammissibile la domanda della Ge. nei confronti di Ras e rigettava la domanda di Minos s.n.c. nei confronti di Fondiaria Sai.

In data 30 marzo 2009 M., M. e O.M.A., quali soci illimitatamente responsabili di Minos s.n.c., che era stata cancellata dal registro delle imprese il 30 gennaio 2004, notificavano appello; si costituivano proponendo appello incidentale sia la Ge. sia i coniugi F.- L., in proprio e quali legali rappresentanti dei due figli minori; si costituivano resistendo pure Fondiaria Sai, Allianz, già Lloyd Adriatico, in rapporto alla polizza del D.M., Azienda ULSS n. (OMISSIS), la sua compagnia assicuratrice Allianz e il P.. Il 18 aprile 2009 il D.M. a sua volta notificava atto d’appello. Avendo la Corte d’appello di Venezia riunito le conseguenti cause in sede di prima udienza del 23 settembre 2009 e ritenuto incidentale l’appello del D.M., all’udienza di precisazione delle conclusioni in data 17 dicembre 2014 si costituivano le eredi della Ge. nelle more deceduta, Emergency – Life Support For Civilian War Victims ONG Onlus e Medici Senza Frontiere Onlus, le quali adducevano che il (OMISSIS) era deceduto Lo.Le..

La Corte d’appello, con sentenza del 13 aprile 2015, in parziale riforma della sentenza di primo grado, tra l’altro, dichiarava nulla per ultrapetizione la condanna al risarcimento del danno morale da mancata nascita di L.F. ai fratelli A. e L.L., rideterminava l’entità del danno da risarcire a L.L. in conseguenza della sua sopravvenuta morte e il danno da risarcire ai genitori, e accertava che nei rapporti interni tra i coobbligati sulla Ge. gravava una responsabilità del 5%.

Hanno presentato ricorso, affidato a otto motivi, F.V. ed L.E. – in proprio e quali legali rappresentanti delle figlie minori P. e L.L. – nonchè L.A., tutti anche quali eredi di L.L..

Dal ricorso si sono difesi con rispettivo controricorso Azienda ULSS n. (OMISSIS) Alta Padovana, Allianz S.p.A. e le due ONLUS eredi della Ge..

Il D.M. ha presentato controricorso con ricorso incidentale, articolato in cinque motivi, da cui si difendono con controricorso le due ONLUS.

O.M.M., O.M.M. e O.M.A. hanno pure presentato controricorso con ricorso incidentale, basato su due motivi, da cui si difendono con controricorso rispettivamente le due ONLUS ed Allianz S.p.A.

Sia i ricorrenti principali sia i ricorrenti incidentali O.M. hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Deve anzitutto esaminarsi il ricorso F.- L..

1.1 Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 e 1224 c.c. in ordine all’individuazione del termine in cui opera la liquidazione delle singole voci di danno, trasformando i debiti di valore in debito di valuta.

Il giudice d’appello si sarebbe riferito alla sentenza di primo grado per la quantificazione delle voci di danno, per cui “sembra” fare riferimento alla “sua emissione come momento di efficacia della liquidazione”; invece occorrerebbe riferirirsi al momento della liquidazione, dal momento che il debito di valore si converte in debito di valuta quando diventa definitiva la sentenza che lo liquida.

Il motivo si appalesa inammissibile perchè generico e meramente assertivo. Lo stesso motivo, infatti, anzichè individuare con corretta chiarezza il ragionamento della corte territoriale che sarebbe erroneo, adduce che “sembra” che la corte decida come esso sostiene. E in realtà – si nota già ad abundantiam, vista tale incerta e aspecifica prospettazione della censura – nella sentenza impugnata si rinviene soltanto un rilievo in motivazione alla fine della pagina 34 (“ai valori da considerare all’epoca della sentenza, al fine di rendere omogenei i conteggi”) per il danno morale da perdita di L.F. (ictu oculi liquidato equitativamente) che però non si riverbera nel dispositivo. Invero, nella sentenza di primo grado su tutte le somme liquidate erano stati applicati per rivalutazione ed interessi i noti criteri dettati da S.U. 1712/1995; e nel dispositivo della sentenza di secondo grado la corte territoriale a sua volta applica sulle somme riliquidate rivalutazione ed interessi “così come già stabiliti dal tribunale”. Il passo appena citato presente nella motivazione, per cui (soltanto) con riferimento al danno morale patito dai genitori per la morte del figlio prima della nascita i valori sono ” da considerare all’epoca della sentenza, al fine di rendere omogenei i conteggi” di per sè non può comunque apportare alcun effetto lesivo sull’interesse dei ricorrenti, in quanto, per quel che si è appena evidenziato, anche la somma rappresentante il risarcimento di tale danno morale, per il chiaro dettato del dispositivo, deve essere rivalutata sino alla data del pagamento con applicazione degli interessi sugli importi via via rivalutati.

1.2 Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c. per erronea liquidazione del danno non patrimoniale e mancata applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano per la morte di L.F..

Non sarebbe differente il dolore dei genitori per una morte avvenuta “pochi minuti prima” del parto o successivamente al parto; si richiamano quindi le tabelle milanesi del 2014 per il danno non patrimoniale da morte del congiunto chiedendo che sia concesso almeno, quale danno da devalutare all’epoca del fatto, un importo di Euro 163.990 per ogni genitore (cioè il minimo delle tabelle del 2014). Si richiede che si tenga in conto che i genitori vennero a sapere della morte di L.F. solo dopo il parto, il che confermerebbe un valore pari a quello della morte di un neonato.

Pure questo motivo è inammissibile perchè nella sua sostanza, a ben guardare, richiede una valutazione alternativa di elementi fattuali, con riferimento alla sofferenza che avrebbero subito i ricorrenti in rapporto per la morte del figlio nella vicenda in esame, che il giudice di legittimità dovrebbe concretamente valutare per equipararla o meno alla sofferenza che avrebbero patito invece se il figlio fosse morto poco dopo ma quando era già nato. E ancor più evidente l’inammissibilità che affligge la doglianza sotto un’ulteriore profilo: i ricorrenti si limitano a indicare la rubrica ma non trascrivono il motivo di gravame con cui si sarebbe introdotta dinanzi alla corte territoriale la questione tabellare. In sostanza, non sussiste autosufficienza in ordine alla asserita devoluzione, al giudice d’appello, di tale questione. Ovvero, non è dato comprendere (si vedano sia la premessa descrittiva della vicenda processuale – pagine 6-7 del ricorso – sia appunto l’esposizione del motivo, che non afferma di aver chiesto l’applicazione delle tabelle milanesi in appello; e cfr. pure la precisazione delle conclusioni dell’appello riportata a pagina 9) se con l’atto d’appello sia stata lamentata la violazione del “minimo tabellare milanese” o sia stato soltanto richiesto in generale un importo superiore a quello concesso dal giudice di prime cure, magari in applicazione dei criteri tabellari del Triveneto che – si nota meramente ad abundantiam – sarebbero stati in precedenza criterio di riferimento. I suddetti profili di inammissibilità che inficiano il motivo assorbono quindi ogni ulteriore questione.

1.3.1 A questo punto il ricorso espone quel che così definisce: “Problemi processuali e sostanziali posti dalla morte di Le. nel corso dell’appello”.

Adduce che la corte territoriale ha citato Cass. 23739/2011 per cui, per calcolare il danno biologico patito da chi muore prima della liquidazione del danno, occorre riferirsi alla effettiva durata della sua vita. Ma il momento di liquidazione del danno dovrebbe identificarsi nel momento del passaggio in giudicato della liquidazione, e sussisterebbe “un’ovvia aleatorietà” per ogni liquidazione di “danno permanente” quanto alla durata della vita del danneggiato. Sarebbe necessario “un momento di iato” tra il tempo in cui si applica la liquidazione del danno permanente coperto dal giudicato per la morte del danneggiato e il tempo in cui si applica la liquidazione del danno come invalidità temporanea, momento che sarebbe fornito dall’art. 346 c.p.c.: una volta devoluta al giudice d’appello la questione come invalidità permanente, tale resterebbe nonostante la morte del danneggiato prima della fine del giudizio di secondo grado, benchè il quantum “non dell’invalidità tout court” ma dell’invalidità permanente sia ancora impugnato. “Le controparti credono di potersi avvantaggiare” dell’essere stata così grave la malattia di Lo.Le. da portarlo alla morte “in età giovanissima”; ma ciò non sarebbe consentito dal sistema delle impugnazioni, non essendo stato impugnato che si trattasse di danno biologico e lavorativo permanente, potendosi quindi discutere solo sui criteri di quantificazione e non, invece, anche sulla natura di danno per invalidità permanente. Sarebbe pertanto condivisibile ma irrilevante la giurisprudenza surrichiamata secondo cui la morte antecedente la liquidazione del danno trasforma l’invalidità permanente in temporanea, per essere già avvenuta in primo grado la liquidazione del danno come invalidità permanente. A questo la corte territoriale non avrebbe dovuto riferirsi (non essendo “mai stata investita di tale aspetto”) per modificare la liquidazione, da ciò derivando che i successivi motivi del ricorso dovrebbero essere ripartiti in due gruppi: i motivi principali, che prospettano permanente l’invalidità di Lo.Le., e quelli subordinati, che criticano l’applicazione delle regole della liquidazione della invalidità temporanea.

1.3.2 Il terzo motivo, allora, denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c. e art. 346 c.p.c. per erronea liquidazione del danno non patrimoniale subito da Lo.Le..

Come appena argomentato – osservano i ricorrenti – non sarebbe stata impugnata la qualificazione del danno come danno da invalidità permanente, sia biologico sia lavorativo. “Si è impugnato l’an” e si è impugnata pure la quantificazione. Si chiede quindi “in principalità” di cassare per violazione del giudicato interno (ai sensi dell’art. 346 c.p.c.) la sentenza impugnata per avere il giudice d’appello convertito il danno biologico da permanente a temporaneo ed escluso il danno lavorativo, e ciò per essersi investito “d’ufficio delle conseguenze della morte” di Lo.Le..

Il motivo a parte la natura evidentemente eccentrica oltre che illogica dei rilievi presenti nell’introduzione appena riportata, posta per tutti i motivi dal terzo in poi sul piano processuale e sostanziale: si prospetta l’irrilevanza della morte del soggetto biologicamente danneggiato nelle more del giudizio ancora in corso, laddove, a tacer d’altro, è indiscusso che il risarcimento del danno era all’epoca incluso nel devolutum al giudice d’appello è del tutto privo di consistenza: il giudice d’appello neppure qualifica che tipo di danno riduce (a parte che il danno biologico rimane tale come species sia che sia permanente sia che sia temporaneo), ma semplicemente segue expressis verbis (si veda in particolare l’incipit della pagina 36 della sentenza) l’insegnamento della giurisprudenza di questa Suprema Corte in ordine alla necessaria valutazione della durata effettiva della vita già conclusasi (cfr., tra quelle massimate, le sentenze nn. 19057/2003, 3806/2004. 22338/2007 e 2297/2011), per poi rimarcare l’unitarietà del danno non patrimoniale. Non sussiste pertanto alcuna consistenza della doglianza in relazione all’art. 346 c.p.c. e all’art. 1226 c.c.: la prima norma non è pertinente dal momento che solo gli attuali ricorrenti erano risultati – seppur parzialmente vittoriosi all’esito del primo grado, e la seconda, che conferisce al giudice la potestà di valutazione equitativa del danno, è a sua volta non pertinente dato che l’utilizzabilità del criterio equitativo in ordine al quantum di un pregiudizio non può certo espungere l’effetto dell’evento morte di Lo.Le. avvenuto appunto nelle more del processo attinente (anche) al quantum del danno; morte di cui, non si può non rilevare, in modo tutt’altro che corretto gli attuali ricorrenti avevano taciuto alla corte territoriale, che – come sopra si è visto ne venne a conoscenza solo tramite la costituzione delle eredi della Ge..

1.4 Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c. per erronea liquidazione del danno per invalidità lavorativa di Lo.Le..

Come per l’invalidità biologica e i danni morali conseguenti varrebbe, secondo i ricorrenti, quanto già illustrato: si sostiene qui, peraltro, che si sarebbe discusso sul quantum, “ma non sull’an di tale voce di danno”, per cui si sarebbe limitato ex art. 346 c.p.c. il devolutum alla corte territoriale. La corte, cioè, non sarebbe stata investita del fatto che Lo.Le. fosse un invalido lavorativo permanente, per cui il relativo danno andrebbe risarcito “nella prospettiva del suo eventuale raggiungimento” dell’età lavorativa; e così il danno liquidato in primo grado andrebbe “esaminato sulla base della rispettiva impugnazione in appello”, onde si insiste per l’adozione di un criterio di reddito e di un criterio di capitalizzazione che tengano conto della “situazione così come derivante dal tasso legale di interesse”, tenendo poi presente che l’odierno tasso legale di interesse non è più 2,5% bensì 0,5%, per cui “la capitalizzazione dell’ipotetico danno futuro sarebbe più alta” di quella calcolata in atto d’appello. E questo sarebbe “un fatto nuovo normativo”: la domanda si sarebbe riferita alla capitalizzazione sul tasso d’interesse del 2,5%, e pertanto almeno tale tasso (più svantaggioso “per la parte creditrice di una rendita futura”) andrebbe “valutato entro i limiti di quanto devoluto”.

Il motivo, evidentemente, tenta di riproporre, in sostanza, le argomentazioni della censura precedente, e comunque non tiene in conto la unitarietà del tipo di danno (si considera la capacità lavorativa generica) di cui contesta il quantum risarcitorio determinato dal giudice d’appello, ovvero del danno biologico; la doglianza disperde poi ogni linearità e chiarezza, miscelando argomentazioni direttamente fattuali e qualificando un profilo normativo come “fatto nuovo”, profilo peraltro ancora una volta riportato a sostenere la richiesta di inammissibile revisione fattuale del quantum risarcitorio che pervade tutto il motivo.

1.5 Il quinto motivo, presentato in subordine, denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c. per erronea liquidazione del danno non patrimoniale subito da Leopoldo L. e per la mancata applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano.

La corte territoriale si sarebbe avvalsa di un criterio contraddittorio per liquidare il danno biologico subito da Lo.Le.: da un ipotetico danno permanente di Euro 1.250.000 avrebbe estratto una riduzione del 60% per la sopravvenuta morte. Ma o si ritiene, come sostenuto nel quarto motivo, che l’invalidità liquidata dal Tribunale come permanente non fosse stata impugnata nella qualificazione – e allora non vi sarebbe giustificazione per riduzioni arbitrarie – o si ritiene che la morte abbia trasformato il danno da invalidità permanente in danno da invalidità temporanea, secondo giurisprudenza consolidata riguardante il decesso prima del giudicato sulla liquidazione del danno. Viene effettuato quindi, basandosi sulle tabelle milanesi, un calcolo del danno biologico da invalidità assoluta, per cui spetterebbe la somma di Euro 755.885 anzichè quella di Euro 568.080 determinata dal Tribunale per il danno biologico permanente; sarebbe poi necessario aggiungere il danno morale. E dunque, liquidato come invalidità permanente, il risultato non sarebbe particolarmente esorbitante rispetto alla liquidazione di danno da invalidità temporanea, comunque estranea al devolutum al giudice d’appello ai sensi dell’art. 346 c.p.c.

Non a caso questo motivo viene proposto in subordine: in realtà, si orienta alla riproposizione dei precedenti motivi – per cui si rimanda a quanto già osservato – e decade comunque assai presto in una alternativa versione fattuale, perseguendo dal giudice di legittimità un terzo grado di merito sul quantum risarcitorio e ancora una volta attingendo alle tabelle milanesi sulla richiesta della cui applicazione, come si è visto più sopra, il ricorso non ha mai fornito un’adeguata autosufficienza.

1.6 Il sesto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c. per erronea liquidazione del danno esistenziale subito da Lo.Le..

Dopo una brevissima premessa, dal contenuto generico ed assertivo, il motivo si concreta nell’ampia trascrizione del relativo motivo d’appello (si vedano le pagine 30-40 del ricorso) senza aggiungere alcunchè. Evidente è l’inammissibilità del motivo, che non confuta la sentenza impugnata bensì conduce il giudizio a regredire al secondo grado.

1.7 Il settimo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c. per erronea liquidazione dei danni subiti dai genitori.

Quanto al danno morale i giudici di merito – sostiene la doglianza – “non si sono cimentati” sul danno derivato dalla totale dedizione dei genitori al figlio. Sussisterebbe poi un danno esistenziale sempre patito dai genitori, per la responsabilità e la perdita di libertà personale in relazione alla responsabilità verso il figlio, essendo quest’ultimo sempre “in pericolo” per le sue patologie, onde non sarebbe stato possibile lasciarlo solo o affidato a “personale generico”.

Infine, sussisterebbe altresì danno per “l’assistenza” e “i costi di riabilitazione”, commisurati ai 5213 giorni della vita di Lo.Le., per cui spetterebbe l’importo di Euro 632.700.

Si tratta, ancora una volta, nel perseguimento da parte del giudice di legittimità di una revisione fattuale, in quanto tale fondata esclusivamente su argomenti di merito, in ordine a quel che viene definito danno morale ed esistenziale subito dai genitori di L.L..

Quanto poi al danno materiale da spese di assistenza e riabilitazione, oltre alla sua impostazione fattuale (commisurata addirittura ad ogni giorno della vita di Lo.Le., e dunque includendo inevitabilmente, alla luce del notorio, anche i giorni in cui egli non è stato affidato alle cure dei genitori bensì all’ospedale dove è nato e i giorni dei probabili ricoveri successivi), la doglianza è pure eccentrica, non investendo la ratio decidendi in base alla quale il giudice di merito ha adottato un criterio equitativo puro in difetto di prove documentali.

1.8 L’ottavo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 112 c.p.c. per erronea liquidazione delle spese processuali del primo e del secondo grado: vi sarebbe stato motivo d’appello sulla liquidazione delle spese del primo grado, e la corte territoriale avrebbe dovuto poi liquidare le spese del secondo. La corte, allora, ha parzialmente modificato la liquidazione delle spese di primo grado e ha liquidato le spese del secondo, “ma in entrambi i casi si è distaccata dalla nota spese”. Pertanto la liquidazione delle spese andrebbe rivista secondo i valori di scaglione derivanti dalle “quantificazioni che risulteranno dalla liquidazione definitiva”.

Si tratta, a tacer d’altro, di un motivo totalmente generico, in quanto non indica quale sarebbe stata la corretta quantificazione in concreto emergente dalla “liquidazione definitiva” delle spese di lite.

In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato.

2. Deve ora esaminarsi il ricorso D.M..

2.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. per non avere il giudice d’appello onerato i coniugi F.- L. della dimostrazione che il ricorrente era il ginecologo di fiducia e che la F. denunciò “sintomatologia” alla visita del 13 maggio 1996.

Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto discusso e decisivo, ovvero l’avere la consulenza tecnica d’ufficio “accertato fatti posti a fondamento di domande ed eccezioni” che “sarebbero stati demandati alle iniziative allegatorie e all’onere probatorio” dei coniugi F.- L..

Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un punto discusso e decisivo per avere il giudice d’appello “trascurato le denunciate lacune di accertamento e gli errori di apprezzamento” della c.t.u. – depositata il 6 settembre 2002 e il cui supplemento è stato poi depositato il 20 novembre 2008 – e per non averla rinnovata.

Il quarto motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 1218 c.c. e artt. 40-41 c.p. quanto all’accertamento del nesso causale e della colpa del ricorrente, nonchè, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa o apparente motivazione “in punto responsabilità”: il ricorrente avrebbe provato di avere totalmente adempiuto alla sua obbligazione, ma tale prova sarebbe stata ignorata dal giudice d’appello che lo ha dichiarato responsabile. Vengono indicati elementi probatori, aggiungendo che i coniugi F.- L. non avrebbero mai chiesto di provare, “ne è emersa tale prova”, che il ricorrente fosse il ginecologo di fiducia; anzi sarebbe risultato che egli era estraneo alla conduzione della gravidanza. Non vi sarebbe prova del nesso causale tra la condotta del ricorrente e l’evento, non avendo la corte territoriale “correttamente valutato gli elementi probatori” (si riportano al riguardo rilievi tratti dalla c.t.u. oltre ad altri elementi probatori). Non vi sarebbe neppure prova della colpa del ricorrente, e anche questo argomento si sviluppa sui dati probatori.

Il quinto motivo infine denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un punto discusso e decisivo “per omessa o apparente motivazione e per avere completamente trascurato” il giudice d’appello fatti ed elementi fondamentali per la dichiarazione della responsabilità esclusiva o prevalente di altri sanitari o di strutture o di F.V., con violazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’art. 2055 c.c. e art. 1277 c.c., comma 1.

2.2 La sintesi appena tracciata del contenuto dei motivi dimostra ictu oculi che, pur tentando di sfaccettarlo con varie modalità, esso li accomuna tutti in una evidente valutazione alternativa della vicenda fattuale offerta in ordine all’an della responsabilità del ricorrente, in riesame di quanto valutato – e, non si può non notare, esternato con una motivazione del tutto congrua dal giudice di merito nella sentenza impugnata, come se il giudice di legittimità svolgesse un ruolo di ulteriore giudice d’appello.

Si quindi è dinanzi ad un ricorso del tutto inammissibile.

3. Si deve infine esaminare il ricorso O.M..

3.1 Il primo motivo denuncia falsa ed errata applicazione degli artt. 1218 e 1228 c.c. e dei principi relativi alla responsabilità della struttura sanitaria e al contatto sociale.

Incorrendo in un errore materiale, la corte territoriale avrebbe confuso il Poliambulatorio (OMISSIS) con il Policlinico (OMISSIS), il che “tradisce l’errore sostanziale” della corte di considerare il Poliambulatorio come una struttura sanitaria complessa, cioè come un Policlinico. Una “corretta lettura dei rapporti contrattuali” avrebbe invece dovuto portare i giudici di merito ad escludere la responsabilità di Minos s.n.c., che non sarebbe stata una struttura sanitaria e non avrebbe mai avuto un rapporto contrattuale con la F., avendolo avuto invece con il D.M., il quale a sua volta lo avrebbe avuto con la gestante. Minos s.n.c. non avrebbe potuto stipulare un contratto di spedalità, e comunque non avrebbe potuto erogare prestazioni mediche od opere intellettuali, dato che svolgeva soltanto servizi logistici e amministrativi. A pagina 23 della sentenza, infatti, la corte territoriale definisce il D.M. “unico referente” per la F.. Segue un’analisi del rapporto contrattuale tra Minos s.n.c. e il D.M., per giungere ad affermare che la corte territoriale addossa a Minos s.n.c. la responsabilità ex articolo 1228 c.c. e la mancata prova liberatoria, che Minos s.n.c. non avrebbe mai potuto fornire non potendosi intromettere nella prestazione medica del D.M., da essa non vigilabile; pertanto la società non avrebbe potuto dimostrare che doveva esserle rimosso l’onere probatorio di scarsa diligenza e di imperizia. Si argomenta inoltre sull’inesistenza nel caso in esame del contratto di spedalità, che non sarebbe esistente nè in via diretta nè in via mediata come contatto sociale.

Il secondo motivo denuncia errata e falsa applicazione dell’art. 2055 c.c., nonchè errata, omessa e contraddittoria motivazione in ordine alla ripartizione delle quote di responsabilità, ed espone l’esito del primo e del secondo grado al riguardo.

Vengono valutati elementi probatori criticando la motivazione (anche quella della sentenza di primo grado laddove richiamata dal giudice d’appello) e concludendo che, se in caso di responsabilità solidale concorrente ai sensi dell’art. 2055 c.c. il giudice quantifica le quote di responsabilità, deve peraltro quantificarle con adeguata e precisa motivazione, a maggior ragione visto che la quantificazione non fu effettuata dai consulenti tecnici d’ufficio.

3.2 Pure questo ricorso patisce un’evidente inammissibilità in quanto diretto a perseguire un terzo grado di merito da questa Suprema Corte. I due motivi, infatti, prospettano entrambi un esito alternativo del compendio probatorio rispettivamente in ordine al rapporto che sarebbe esistito tra la gestante e la società Minos e in ordine alla quantificazione del grado delle rispettive responsabilità.

4. In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato e ciascuno dei ricorsi incidentali deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna solidale dei ricorrenti principali a rifondere sia ad Azienda ULSS n. (OMISSIS) Alta Padovana sia ad Allianz S.p.A. sia ad Emergency – Life Support For Civilian War Victims ONG Onlus e Medici Senza Frontiere Onlus le spese processuali del grado come liquidate in dispositivo; vista la reciproca soccombenza, si compensano invece le spese processuali tra i ricorrenti principali e tutti i ricorrenti incidentali. Devono altresì essere condannati solidalmente O.M., O.M. e Os.An. a rifondere ad Allianz S.p.A. e ad Emergency – Life Support For Civilian War Victims ONG Onlus e Medici Senza Frontiere Onlus le spese processuali del grado come liquidate in dispositivo; deve infine condannarsi D.M.I. a rifondere ad Emergency – Life Support For Civilian War Victims ONG Onlus e Medici Senza Frontiere Onlus le spese processuali del grado, come liquidate in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il rispettivo ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibili i ricorsi incidentali; condanna solidalmente i ricorrenti principali a rifondere ad Azienda ULSS n. (OMISSIS) Alta Padovana le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 7500, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge; condanna solidalmente i ricorrenti principali a rifondere ad Allianz S.p.A. le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 7500, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge; condanna solidalmente i ricorrenti principali a rifondere ad Emergency – Life Support For Civilian War Victims ONG Onlus e Medici Senza Frontiere Onlus le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 7500, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge; compensa le spese processuali tra i ricorrenti principali e tutti i ricorrenti incidentali; condanna solidalmente O.M., O.M. e Os.An. a rifondere ad Allianz S.p.A. le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 7500, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge; condanna solidalmente O.M., O.M. e Os.An. a rifondere ad Emergency – Life Support For Civilian War Victims ONG Onlus e Medici Senza Frontiere Onlus le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 7500, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge; condanna D.M.I. a rifondere ad Emergency – Life Support For Civilian War Victims ONG Onlus e Medici Senza Frontiere Onlus le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 7500, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il rispettivo ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 novembre 2018

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