Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30835 del 28/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 28/11/2018, (ud. 09/10/2018, dep. 28/11/2018), n.30835

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10449-2017 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI TRE

OROLOGI 14/A, presso lo studio dell’avvocato AGOSTINO GANIBINO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO RANIERI;

– ricorrente –

contro

CURATELA FALLIMENTO (OMISSIS) SPA, in persona del Curatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BERTOLONI 26/B,

presso lo studio dell’avvocato STEFANO SABLONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato ROBERTO MAGGIORE;

– controricorrente –

contro

P.E., F.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 851/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 09/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/10/2018 dal Consigliere Dott. MASSIMO FALABELIA

dato atto che il Collegio ha autorizzato la redazione del

provvedimento in forma semplificata.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – La Curatela del Fallimento Mapi s.p.a. conveniva in giudizio M.A. e P.E. esponendo che costoro, unici soci della società in bonis, avevano raggiunto un accordo in forza del quale il primo aveva alienato al secondo la titolarità delle proprie azioni e P. si era impegnato a trasferire a M. alcuni beni della società.

In accoglimento della domanda del Fallimento il Tribunale di Latina, nella resistenza dei due convenuti, dichiarava nulli i negozi oggetto di impugnativa.

2. – Proponeva gravame M. e la Corte di appello di Roma, con sentenza del 9 febbraio 2017, dichiarava inammissibile l’impugnazione. Osservava che M. aveva eletto domiciliopresso lo studio dell’avv. Vittoria Celli, in Latina, via Vincenzo Monti 13; aggiungeva che la Curatela aveva tentato di notificare la sentenza presso tale indirizzo e che l’ufficiale giudiziario aveva dato atto di non avervi potuto procedere in ragione del trasferimento del professionista. Attribuendo rilievo al dato della localizzazione del domicilio eletto, la Corte di merito riteneva, quindi, che correttamente la sentenza fosse stata notificata presso la cancelleria del Tribunale: dovendosi pertanto applicare, ad avviso della stressa Corte, il termine “breve” di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c., l’impugnazione proposta si rivelava tardiva.

3. – Contro tale pronuncia lo stesso M.A. ricorre per cassazione facendo valere tre motivi. Resiste con controricorso il Fallimento (OMISSIS). Il ricorrente ha depositato memoria, al pari della resistente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, dell’art. 12 preleggi, comma 2, degli artt. 24 e 111 Cost., oltre che omessa pronuncia su di un fatto decisivo. Secondo l’istante aveva errato la Corte di merito nell’applicare analogicamente al trasferimento del domiciliatario la disciplina prevista per il caso di mancata elezione di domicilio. Ad avviso dello stesso ricorrente, il giudice del gravame aveva mancato di valutare se nel caso in esame ricorresse un caso di effettiva irreperibilità del destinatario; la stessa Corte distrettuale era poi incorsa nell’omesso esame di un fatto decisivo: a tal fine l’istante richiama la documentazione prodotta concernente un avviso apposto sulla porta di ingresso dello studio, contenente l’indicazione del nuovo indirizzo e una dichiarazione dell’avv. Celli, comprovata dalle risultanze dell’albo professionale, secondo cui la stessa aveva sempre avuto uno studio nel circondario di Latina.

Col secondo motivo il ricorrente oppone la violazione e falsa applicazione del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, degli artt. 84,141 e 170 c.p.c.. Assume l’istante che la Corte di appello aveva omesso di rilevare che l’elezione di domicilio di cui al citato art. 82 è sempre riferibile al procuratore costituito e che pertanto all’elezione di domicilio presso il domiciliatario procuratore non difensore si debba applicare il criterio personalistico (in forza del quale in caso di trasferimento dello studio il domicilio eletto segue il procuratore domiciliatario nel nuovo studio).

Il terzo mezzo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del R.D. n. 37 del 1934, art. 82 e del D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 17, nonchè per “omessa pronuncia su un fatto decisivo”. Rileva il ricorrente che la notificazione al procuratore costituito poteva essere alternativamente eseguita via fax, a norma del citato art. 17 e che, in analogia a quanto affermato dalle Sezioni Unite in tema di notifica a mezzo PEC, doveva escludersi, nella fattispecie in esame, che potesse trovare applicazione la disciplina di cui al R.D. n. 37 del 1934, art. 82. In altri termini, la previsione della modalità notificatoria del fax escludeva che il Fallimento avesse facoltà di procedere alla notificazione presso la cancelleria del Tribunale.

2. – Le esposte censure non hanno fondamento.

Si ricava dalla sentenza impugnata che M.A. avesse eletto domicilio prima presso l’avv. Silvio Aurilio e quindi presso l’avv. Celli Vittoria: l’indirizzo dei due professionisti era peraltro lo stesso, posto che lo studio di entrambi era ubicato in via Vincenzo Monti 13, in Latina, ove venne tentata la notifica.

Alla fattispecie in esame va applicato il principio, correttamente richiamato dalla Corte territoriale, secondo cui ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, ove la parte, nel giudizio a quo, abbia eletto domicilio autonomo, cioè presso un domiciliatario diverso dal difensore, il criterio topografico di elezione prevale sul criterio personale, quest’ultimo essendo configurabile soltanto per il domiciliatario che sia anche difensore: in conseguenza, la sopravvenuta inidoneità del criterio topografico, dovuta al fatto che il domiciliatario non difensore abbia trasferito il proprio studio professionale senza darne avviso alla controparte del domiciliante, legittima la controparte medesima a notificare la sentenza, ai fini della decorrenza del termine breve di impugnazione, presso la cancelleria del giudice a quo, ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, (Cass. 30 ottobre 2012, n. 18663). Come si vede, il principio, da cui il Collegio non intende discostarsi, è applicato all’elezione di domicilio della parte, cui fa riferimento la pronuncia impugnata: le considerazioni svolte dal ricorrente all’interno del secondo motivo non appaiono quindi concludenti.

Va inoltre considerato che la notifica dell’atto di impugnazione al procuratore che, esercente fuori della circoscrizione cui è assegnato, abbia eletto domicilio ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, presso un altro procuratore, assegnato alla circoscrizione del tribunale adito, va effettuata nel luogo indicato come domicilio eletto in forza degli artt. 330 e 141 c.p.c., senza che al notificante sia fatto onere di riscontrare previamente la correttezza di quell’indirizzo presso il locale albo professionale perchè è onere della parte che ha eletto domicilio comunicare alla controparte gli eventuali mutamenti (Cass. 18 novembre 2014, n. 24539). In tal senso, vanno disattese le deduzioni del ricorrente svolte con riferimento all’asserita documentazione del nuovo indirizzo del professionista presso cui era stato eletto domicilio: deduzioni, oltretutto, carenti in punto di autosufficienza, dal momento che l’istante non ha riprodotto, nell’atto di impugnazione, il contenuto degli scritti da lui richiamati.

Parte ricorrente paventa che la soluzione seguita dalla Corte di appello, sulla scorta della giurisprudenza di questa S.C., vulneri gli interessi costituzionali tutelati dagli artt. 24 e 111 Cost.. Può replicarsi, però, che la fattispecie del trasferimento (non comunicato) del domiciliatario è assimilabile all’ipotesi della mancata elezione di domicilio nel distretto: sicchè, sul punto, rileva quanto precisato, al riguardo, dalla Corte costituzionale con riferimento alla sospetta incostituzionalità del R.D. n. 37 del 1934, art. 82. Il giudice delle leggi ha infatti evidenziato che la prescrizione dell’onere di indicazione della residenza o dell’elezione di domicilio nel luogo ove ha sede il giudice adito rappresenta una scelta ragionevole, perchè funzionale a un più immediato e agevole espletamento delle formalità di notificazione, e la mancata elezione non impedisce il diritto di difesa, perche l’avvocato ben può, con l’ordinaria diligenza, informarsi presso la cancelleria e ritirare l’atto; la stessa Corte costituzionale ha inoltre valorizzato il dato per cui tale forma di notifica consegue al mancato adempimento dell’onere imposto al difensore dalle norme impugnate ed è quindi a lui imputabile (Corte cost. ord. n. 5 del 19 gennaio 2007).

Quanto, poi, all’argomento secondo cui il D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 17, prevedeva la notifica a mezzo fax – evenienza da cui è fatta discendere la sostanziale inoperatività della notificazione presso il domicilio eletto R.D. n. 37 del 1934, ex art. 82 -, esso si scontra col rilievo per cui una tale notificazione non poteva attuarsi in mancanza della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione e la trasmissione dei documenti informatici e teletrasmessi, contemplata dallo stesso art. 17, comma 2 (sul punto cfr. pure Cass. 31 agosto 2017, n. 20623).

Nè potrebbe sul punto farsi appello all’astratta praticabilità di una notificazione dell’atto a mezzo fax per il tramite dell’ufficiale giudiziario. Tale forma notificatoria – diversa da quella di cui al citato art. 17, comma 1, lett. a), che infatti esigeva una specifica normativa di attuazione – ha connotazione di eccezionalità e rientra tra quelle che, a mente dell’art. 151 c.p.c., possono essere prescritte dal giudice, in presenza di particolari esigenze (di celerità, riservatezza e tutela della dignità), nella fattispecie insussistenti e nemmeno dedotte (sul punto cfr., in termini generali Cass. Sez. U. 8 aprile 2008, n. 9151, pure citata dall’odierno istante). Proprio per il suo carattere eccezionale tale modalità di notificazione non può considerarsi normalmente alternativa a quella del deposito in cancelleria prescritta dal R.D. n. 37 del 1934, art. 82,comma 2, – attuata dal controricorrente.

3. – In conclusione, il ricorso è respinto.

PQM

4. – Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1 quater, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 9 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2018

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