Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30835 del 26/11/2019

Cassazione civile sez. II, 26/11/2019, (ud. 05/04/2019, dep. 26/11/2019), n.30835

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. BELLINI Ugo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20967-2015 proposto da:

ISOLTECNICA CONTROSOFFITTI SRL in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PIETRO DA

CORTONA 8 SC. B INT. 2, presso lo studio dell’avvocato MAURILIO

D’ANGELO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CODELFA SPA in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DURAZZO, 9, presso lo studio

dell’avvocato AUGUSTO PIZZOFERRATO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MARCO BALOSSINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di TORINO;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/04/2019 dal Consigliere GIANNACCARI ROSSANA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sei distinti ricorsi del decreto ingiuntivo, la società Isoltecnica Controsoffitti s.r.l. chiedeva al Tribunale di Tortona ingiungersi alla Codelfa s.p.a il pagamento in proprio favore delle somme ancora dovute per i lavori eseguiti in subappalto, per conto della società ingiunta, in diversi cantieri.

Avverso i decreti ingiuntivi emessi dal Presidente del Tribunale, proponeva opposizione la Codelfa s.p.a. e, in via riconvenzionale, chiedeva la condanna della Isoltecnica al risarcimento dei danni per inadempimento.

Con sentenza N. 17/2012, il Tribunale di Cortona accoglieva parzialmente le pretese della subalpaltatrice e, in accoglimento della riconvenzionale proposta dalla Codelfa s.p.a, condannava l’Isoltecnica al risarcimento dei danni per vizi delle opere appaltate in reazione ai cantieri presso la Scuola dello Sport di Malles e della palestra di Bressanone.

La sentenza di primo grado veniva impugnata dalla Isoltecnica s.r.l. in via principale e Codelfa s.p.a. in via incidentale.

La Corte d’Appello di Torino, con sentenza dell’11.6.2014, rigettava l’appello principale e, in accoglimento dell’appello incidentale, dichiarava che nulla era dovuto alla Isoltecnica s.p.a. in relazione ai lavori concernenti l’Ospedale di Bressanone, condannandola alla restituzione delle somme versate in esecuzione della sentenza di primo grado.

Quanto alle opere eseguite nel cantiere di (OMISSIS), il giudice d’appello accertava che la Codelfa s.p.a. era stata costretta a realizzare nuovamente le opere subappaltate alla Isoltecnica, per la presenza di difetti dalla medesima regolarmente denunciati.

Riguardo i lavori eseguiti nel cantiere palestra Tripla Tinga, la corte territoriale riconosceva alla Codelfa s.p.a. ulteriori voci di danno rispetto a quelle già liquidate dal primo giudice, comprensive dei costi per la tinteggiatura dell’intero soffitto ed il rimborso dei danni provocati agli automobilisti per il crollo del controsoffitto, per causa imputabile alla Isoltecnica s.r.l..

In ordine ai lavori eseguiti nel cantiere di Bressanone, lotto 2, il giudice d’appello rilevava che, mentre in primo grado la Codelfa aveva eccepito che dette opere non fossero mai state effettuate, in corso di CTU, sulla base di documentazione acquisita sull’accordo delle parti, emergeva che dette opere erano state eseguite extracontratto, su disposizione di un dipendente deceduto. La Codelfa eccepiva, quindi, di aver pagato. detti lavori e veniva rimessa in termini per provare l’avvenuto pagamento delle prestazioni effettuate dalla subappaltatrice.

Il giudice d’appello accertava che il pagamento di dette prestazioni era stato effettuato dalla Codelfa s.p.a. e, conseguentemente, condannava Isoltecnica s.r.l. alla restituzione delle somme percepite in esecuzione della sentenza di primo grado.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Isoltecnica Controsoffitti s.r.l. sulla base di cinque motivi.

Ha resistito con controricorso la Codelfa s.p.a..

In prossimità dell’udienza l’Isoltecnica Controsoffitti s.r.l. ha depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, si denuncia la violazione dell’art. 1670 c.c. e art. 2969 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, per avere la corte territoriale condannato la subappaltatrice all’eliminazione dei vizi, nonostante l’assenza della denuncia da parte della committente e la conseguente comunicazione della denuncia al subappaltatore nel termine di giorni sessanta. Sostiene la ricorrente che nei rapporti tra l’appaltatore subappaltatore opererebbe unicamente l’azione di regresso, solo ove il committente abbia denunciato i vizi all’appaltatore e questi abbia trasmesso la denuncia al subappaltatore entro sessanta giorni dal suo ricevimento, mentre nel caso di specie, sia per il cantiere (OMISSIS) che per la Palestra Tripla Tinga, mancherebbe la denuncia e, trattandosi di decadenza in materia sottratta alla disponibilità delle parti, il giudice avrebbe dovuto rilevarla d’ufficio.

Il motivo è inammissibile.

La questione sottesa al motivo di riscorso, attinente all’omessa comunicazione della denuncia del committente da parte dell’appaltatore, ai sensi dell’art. 1670 c.c., risulta proposta per la prima volta in sede di legittimità, non risultando la doglianza dai motivi d’appello e dalle conclusioni della Isoltecnica s.r.l..

Come affermato in modo granitico da questa Corte, ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (ex multis Cassazione civile sez. II, 24/01/2019, n. 2038; Cassazione civile sez. II, 10/01/2019, n. 480)

L’Isoltecnica s.r.l., infatti, aveva impugnato la sentenza di primo grado, lamentandosi del mancato riconoscimento, da parte del primo giudice del pagamento della fattura per i lavori svolti nel cantiere denominato (OMISSIS) di Torino e per delle ulteriori somme, non riconosciute in primo grado, in ordine ai lavori svolti nel cantiere denominato “Ospedale Bressanone”.

Il ricorrente non ha allegato di aver dedotto la questione relativa all’omessa comunicazione della denuncia dei vizi da parte della committente innanzi al giudice di merito, fondando la sua difesa sulla rilevabilità d’ufficio della decadenza della denuncia dei vizi.

La tesi è priva di fondamento, essendo pacifico che la decadenza dalla garanzia per vizi non è rimessa alla disponibilità delle parti e non può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del processo (ex multis Cassazione civile sez. II, 05/02/2013, n. 2732 in tema di decadenza del committente dall’azione di garanzia per vizi dell’opera).

Si tratta di una decadenza avente natura sostanziale, fermo restando che anche le decadenze processuali, le quali sono sottratte alla disponibilità delle parti e sono rilevabili d’ufficio, trovano il limite del giudicato, che ricorre tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito e le parti abbiano prestato acquiescenza, non contestando la sentenza sotto tale profilo (Cassazione civile sez. II 09/01/2019, n. 306)

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1218,1223 e 1224 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., per avere la corte territoriale immotivatamente riconosciuto:

– sulla somma di Euro 64.119,27 gli interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002 dalla data della sentenza al saldo ed gli interessi legali sulla somma versata dalla Codelfa dal versamento all’effettiva restituzione;

– in relazione alla somma di Euro 103.229,52, oltre rivalutazione secondo gli indici ISTAT dalla decisione, avvenuta nel 2005 ed interessi legali compensativi sugli importi maturati anno per anno dalla rivalutazione annuale della somma dovuta, nonchè sulla somma così complessivamente ricavata, oltre interessi legali dalla data della sentenza impugnata al saldo;

– sulla somma di Euro 56.782,75 gli interessi legali dalla data della sentenza impugnata al saldo.

Il ricorrente deduce la carenza di prova del maggior danno, il cumulo tra interessi e rivalutazione e l’assenza di pattuizione degli interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002.

Il motivo è inammissibile per genericità, in quanto si limita a contestare apoditticamente la non debenza degli interessi commerciali, senza allegare o trascrivere il contratto, nonostante la loro fonte sia stata accertata dal primo giudice e confermato dal giudice d’appello, che si è uniformato ai medesimi criteri.

A seguito della riforma della sentenza di primo grado, infatti, il giudice d’appello, accertato il pagamento da parte della Coldelfa s.p.a. in favore della Isoltecnica, condannava la Isoltecnica alla restituzione della somma capitale e degli interessi, come accertati dal primo giudice, che comprendevano gli interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002, oltre interessi sulla somma versata a titolo di restituzione dal versamento di tale somma all’effettiva restituzione.

Quanto gli interessi sulla somma di Euro 103.229,52, si trattata di un credito debito di valore, e, correttamente la corte di merito ha riconosciuto la rivalutazione e gli interessi legali compensativi sugli importi maturati anno per anno dalla rivalutazione annuale della somma dovuta, nonchè sulla somma così complessivamente ricavata, gli interessi legali dalla data della sentenza impugnata al saldo.

Non sussiste, pertanto, alcuna violazione dell’art. 1124 c.c., in quanto, trattandosi di debito di valore, è dovuta la rivalutazione monetaria e i c.d. “interessi compensativi”, quali componenti dell’obbligazione di risarcimento del danno, da riconoscere, anche d’ufficio dal giudice (cfr. ex multis, Cass. civ., sez. III, n. 19995/2016, n. 26374/2014, n. 20943/2009, Cassazione civile sez. un., 17/02/1995, n. 1712).

Quanto agli interessi sulla somma maggior somma di Euro 56.782,75, rispetto a quella liquidata dal giudice di merito, va evidenziato che essa deriva dalla maggiore percentuale di colpa accertata in sede d’appello, sicchè il giudice di merito, in assenza di appello da parte di Isoltecnica, si è attenuto ai criteri del primo giudice sulla determinazione degli interessi.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione, e falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c. e dell’art. 183 c.p.c., comma 6, perchè il giudice d’appello avrebbe ammesso la modifica dell’eccezione da parte della Codelfa s.p.a., la quale, mentre nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo aveva negato che i lavori fossero stati eseguiti dall’Isoltecnica s.r.l., nel corso della CTU, aveva ammesso che i lavori fossero stati eseguiti dalla subappaltatrice, eccependone, però il pagamento. Si tratterebbe, quindi, secondo il ricorrente, di una nuova eccezione proposta oltre i termini previsti dall’art. 183 c.p.c..

La Corte d’appello avrebbe, in secondo luogo, erroneamente rimesso in termini la Codelfa per la produzione di documentazione, che adduceva di non aver potuto produrre nei termini a causa della morte di un dipendente.

Il motivo non è fondato.

L’istituto della rimessione in termini può consentire l’acquisizione in giudizio di un documento prodotto tardivamente alla sola condizione che l’intervenuta decadenza non sia imputabile alla parte che ne abbia interesse, ossia che sia dipendente da fattori estranei alla sua volontà. Di tali fatti la parte che invoca la rimessione deve fornire allegazione e prova, sicchè può essere prodotto oltre la maturazione delle barriere preclusive il documento che si sia formato successivamente alla scadenza dei termini perentori concessi per la delimitazione del thema probandum. A rigore, in tale evenienza neanche può parlarsi di rimessione in termini, essendo il documento venuto ad esistenza in epoca successiva alla cristallizzazione delle preclusioni istruttorie.

Un’altra ipotesi può riguardare la sopravvenienza subiettiva, che ugualmente consente la produzione fuori termine. Detta ipotesi si realizza ove il documento di cui si intende effettuare la produzione in giudizio, sebbene formatosi oggettivamente prima della scadenza dei termini perentori all’uopo concessi, sia venuto a conoscenza della parte interessata ad avvalersene in causa in un momento successivo al decorso di tali termini, senza sua colpa. In tali casi dovrà essere ugualmente permessa la produzione in giudizio entro la prima udienza utile successiva all’acquisizione di tale conoscenza, alla condizione che l’istante deduca e dimostri di avere avuto contezza del documento in un dato momento, senza che possa essere addebitata a sua colpa la circostanza di non averne avuto cognizione in un momento antecedente (Cassazione civile sez. III, 06/07/2018, n. 17729).

Facendo applicazione di tale estensione dell’istituto della remissione in termini, il giudice d’appello ha ammesso la produzione di documentazione acquisita dal CTU nel corso delle operazioni peritali, dalle quali emergeva che le opere di cui la subappaltatrice Isoltecnica s.r.l. chiedeva il pagamento erano state effettivamente svolte, ma si trattava di opere svolte extra contratto, di cui vi era prova del pagamento. I documenti, di cui chiedeva la produzione, attraverso la rimessione in termini, non erano stati prodotti a causa del decesso del responsabile di cantiere, che si occupava della contabilità.

Sulla valutazione della mancata imputabilità, va ricordato che si tratta di apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, vieppiù per mancata deduzione del vizio motivazionale (Cass. Civ, 3.4.2015 n. 6829).

Quanto all’eccezione di pagamento, che il ricorrente assume essere stata tardivamente introdotta in appello, va richiamata la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui l’eccezione di pagamento è rilevabile d’ufficio poichè l’estinzione del debito, ove sia provata, va accertata dal giudice anche in assenza di richiesta da parte del debitore, sicchè la questione può essere sollevata per la prima volta anche in appello (Cassazione civile sez. II, 16/05/2016, n. 9965; cfr. Cass. 16.3.2010, n. 6350).

Non è ravvisabile, pertanto, una problema di modifica delle domande e delle eccezioni avvenuta dopo il maturarsi delle preclusioni, ma di una mera difesa desumibile dagli atti, legittimamente acquisiti dopo la remissione in termini. Con il quarto motivo di ricorso di deduce l’erronea valutazione del “certificato di pagamento” in materia di appalto e subappalto, da cui sarebbe derivato il mancato riconoscimento di ulteriori somme per i lavori svolti in favore della ditta appaltatrice.

Il motivo è inammissibile, non rientrando in una delle censure previste dall’art. 360 c.p.c., per proporre ricorso per cassazione, attenendo a valutazioni meramente fattuali demandate al giudice di merito.

Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 91 c.p.c., per aver compensato il giudice d’appello parzialmente compensato per metà le spese del doppio grado di giudizio.

Il motivo non è fondato.

Il giudice d’appello, in ragione della riforma della sentenza di primo grado e della reciproca soccombenza della parti, ha compensato parzialmente le spese del giudizio, facendo corretta applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2.

Il ricorso va pertanto rigettato

– Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, il 5 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019

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