Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30822 del 28/11/2018

Cassazione civile sez. I, 28/11/2018, (ud. 13/09/2018, dep. 28/11/2018), n.30822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2189/2015 proposto da:

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Antonio Bosio n.2, presso lo studio dell’avvocato Luconi Massimo,

che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.S.;

– intimato –

avverso la sentenza non definita n.1538/2013 e la sentenza definitiva

n. 1419/2014, depositate il 30/7/2013 e il 29/10/2014 della CORTE

D’APPELLO di CATANIA;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/09/2018 dal cons. GENOVESE FRANCESCO ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Catania, sul gravame proposto dal correntista A.S., ha parzialmente riformato la pronuncia di rigetto resa dal Tribunale di quella stessa città sulle contrapposte domande: a) quella della Banca Monte dei Paschi di Siena SpA, agente in via monitoria, che vedeva revocato il decreto ingiuntivo ottenuto, per la nullità delle clausole afferenti il rapporto di conto corrente (e relative agli interessi convenzionali, a quella anatocistica ed alla previsione della CMS oltre delle spese); b) quella avanzata dal correntista (in uno con i fideiussori), di dichiarazione dell’invalidità delle pattuizioni afferenti al contratto di conto corrente bancario e di esatta determinazione dei rapporti di dare ed avere tra esso attore e la Banca, con condanna di quest’ultima alla ripetizione di tutte le somme addebitate e riscosse con gli interessi legali.

1.1. In particolare, la Corte territoriale, con la sentenza non definitiva n. 1538 del 2013, ha affermato il diritto di correntista alla ripetizione dell’indebito e, con la successiva sentenza (definitiva) n. 1419 del 2014, ha condannato l’Istituto di credito a pagare al cliente, attore ed appellante, la somma di Euro 52.347,21, oltre interessi legali, dal 1 gennaio 2001 sino al soddisfo, e alle spese di lite.

1.2. Secondo le due sentenze della Corte, aveva errato il primo giudice a disattendere la domanda del correntista in ragione del deposito degli estratti conto da parte della Banca (a seguito dell’ordine giudiziale, dato ai sensi dell’art. 210 c.p.c.) solo a far data da quello del 7 gennaio 1993, essendo scoperto il periodo dall’apertura del conto (1987) fino a quella data, e ciò per fatto ascrivibile alla Banca (cfr. SND p. 6), ritenendo che la mancanza della documentazione completa del rapporto potesse essere utilmente ovviata attribuendo il valore O (zero) al posto di quello passivo risultante dal primo estratto prodotto in giudizio e così ricostruendo l’andamento del rapporto proprio a partire da quella data, per il mezzo di una CTU.

1.3. E così, escludendo ogni capitalizzazione passiva e le commissioni di massimo scoperto (CMS), operando la capitalizzazione annuale degli interessi attivi, si perveniva alla determinazione del saldo in favore del correntista al cui pagamento veniva condannata la Banca, con gli accessori.

2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la Banca Monte dei Paschi di Siena SpA con un unico mezzo di doglianza.

3. Il correntista A. ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione degli artt. 1832,1857,2033,2220 e 2697 c.c.artt. 633 e 645 c.p.c. e D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 119) la Banca ricorrente si duole, in estrema sintesi, del fatto che la Corte d’appello, con le sue due sentenze, abbia condannato la Banca a pagare la menzionata somma, in accoglimento della domanda riconvenzionale del correntista, ma in violazione dell’onere probatorio di quest’ultimo e sostituendo arbitrariamente al saldo debitore passivo, alla data del 7 gennaio 1995, il saldo zero.

2. Il detto motivo di ricorso, relativo al riparto dell’onere probatorio, in relazione alla controversia di ripetizione dell’indebito proposta dal correntista della Banca (essendo passata in giudicato la sentenza con riferimento alla reiezione della domanda avanzata dall’Istituto di credito, per la mancata impugnazione da parte di quello), si rivela fondato, per le ragioni che seguono.

2.1. Alle controversie tra Banca e correntista, introdotte su domanda del secondo allo scopo di contestare il saldo negativo per il cliente e di far rideterminare i movimenti ed il saldo finale del rapporto, alla luce della pretesa invalidità delle clausole contrattuali costituenti il regolamento pattizio e, così, ottenere la condanna della Banca al pagamento delle maggiori spettanze dell’attore, quest’ultimo è gravato del corrispondente onere probatorio, che attiene agli aspetti oggetto della contestazione, così come questa Corte ha già affermato in diverse pronunce.

2.2. Si è infatti stabilito, con orientamento a cui il collegio intende dare continuità (Cass. nn. 24948 del 2017, 7501 del 2012, 3387 del 2001, 2334 del 1998, 7027 del 1997, 12897 del 1995) che il correntista, il quale “agisca in giudizio per la ripetizione dell’indebito è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida “causa debendi”, sicchè il medesimo ha l’onere di documentare l’andamento del rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme non dovute.”

2.3. La Corte di appello di Catania – affermando nella sentenza non definitiva n. 1538 del 2013 che, avendo la banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. versato in atti, in ottemperanza dell’emesso ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., gli estratti conto del dedotto conto corrente soltanto a far data dal 7 gennaio 1993 e sino alla chiusura del rapporto, il credito è rimasto certamente indeterminato nell’an per il periodo intercorrente tra la data di apertura del conto corrente (1987) e il 31 dicembre 1992, per fatto ascrivibile processualmente alla banca, con la conseguenza che del tutto correttamente dovevano essere azzerate le risultanze negative del primo estratto conto disponibile, in quanto non provate, e che il calcolo dei rapporti di dare e avere doveva essere computato a partire dal 7 gennaio 1993 con saldo contabile pari a zero (v. pagg. 5-6 della sentenza citata) – non si è uniformata al principio sopra enunciato, esonerando il correntista attore dall’onere probatorio su di lui gravante e imputando illegittimamente detto onere probatorio alla banca.

2.4 Infatti, se è vero che questa Corte ha affermato, ma solo con riferimento alla ipotesi in cui la banca sia attrice e quindi soggetta all’onere di provare il credito vantato, che si “impone la rideterminazione del saldo finale mediante la ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, sulla base degli estratti conto a partire dalla sua apertura dell’intero andamento del rapporto (…) non potendo ritenersi provato il credito in conseguenza della mera circostanza che il correntista non abbia formulato rilievi in ordine alla documentazione prodotta nel procedimento monitorio” (Cass. nn. 21466 del 2013; e 15148 del 2018), è anche vero che il richiamato orientamento non può essere fatto valere in relazione alla diversa ipotesi in cui sia il correntista ad agire con azione di ripetizione d’indebito e sia pertanto gravato dell’onere di provare la pretesa creditoria fatta valere, attraverso la produzione degli estratti conto relativi all’intero periodo del rapporto a cui riferisce la domanda d’indebito. Di conseguenza, non può neppure legittimamente ritenersi, come invece erroneamente statuito dalla Corte di appello, che qualora il primo estratto conto disponibile, sia pure in ottemperanza di un ordine giudiziale di esibizione rivolto alla banca ex art. 210 c.p.c., evidenzi un saldo negativo, il calcolo dei rapporti di dare e avere tra correntista e banca decorrano dalla data della posta iniziale a debito annotata nel primo estratto conto disponibile, previo azzeramento di detto saldo negativo in quanto non provato, dovendo invece detto calcolo essere effettuato proprio partendo dal primo saldo a debito del cliente documentalmente riscontrato.

3. Il ricorso va, pertanto, accolto e le sentenze impugnate (definitiva e non definitiva) cassate in parte qua, in ossequio agli enunciati principi di diritto.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa le sentenze impugnate e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile della Corte di cassazione, il 13 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2018

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