Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30820 del 22/12/2017


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 30820 Anno 2017
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: CASTORINA ROSARIA MARIA

SENTENZA
sul ricorso 21755-2010 proposto da:
GIURA ANTONIO in persona del legale rappresentante
della Famiglia dei Discepoli, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA EDOARDO D’ONOFRIO 43, presso
lo studio dell’avvocato UMBERTO CASSANO, che lo
rappresenta e difende giusta delega a margine;
– ricorrente –

2017
1765

contro

COMUNE DI ORVIETO in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA SCIPIO SLATAPER
9 C/0 STUDIO FILIE, presso lo studio dell’avvocato
SERGIO FINETTI, che 1o rappresenta e difende giusta

Data pubblicazione: 22/12/2017

delega in calce;
– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 24/2010 della COMM.TRIB.REG. di
PERUGIA, depositata il 15/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MARIA CASTORINA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l’Avvocato CASSANO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il resistente l’Avvocato DE CARO per delega
dell’Avvocato FINETTI che si riporta agli atti.

udienza del 06/12/2017 dal Consigliere Dott. ROSARIA

n.21755/2010

Svolgimento del processo
La Famiglia Discepoli Istituto Religioso propone ricorso per
cassazione, notificato in data 9.9.2010 affidato a tre motivi,
avverso la sentenza della commissione tributaria regionale
dell’Umbria n. 24/04/10, del 22.2.2010 depositata il 15 marzo
2013, la quale rigettava l’appello dalla medesima proposto
contro la decisione di quella provinciale n.100/02/2008

La controversia concerne l’impugnazione di un avviso di
accertamento per ICI anni 2002, 2003, 2004 e 2005 relativo
ad una unità immobiliare di proprietà dell’Istituto religioso sito
in Orvieto (destinato a “chiesa, albergo, bar e ristorante ecc.”
foglio 153 particella 442) e affidato in gestione con apposito
contratto di locazione – ad esclusione della chiesa destinata in
maniera esclusiva al culto della Chiesa cattolica – alla società
Hotel Svevo s.r.l. per l’attività di albergo, bar e ristorante.
L’Istituto religioso, posto in evidenza che all’interno
dell’immobile era ubicata una chiesa destinata in maniera
esclusiva al culto della Chiesa cattolica, reclamava l’esenzione
prevista dall’art. 7, comma 1, lettera i), d.lgs. n. 504 del
1992,«secondo l’interpretazione autentica» fornita con il d.l.
n. 203 del 2005, non potendo costituire ostacolo al
riconoscimento di tale trattamento agevolato il fatto che per i
servizi resi fossero previsti corrispettivi (trattandosi di attività
svolte per fini sociali e non di profitto) né che l’immobile fosse
stato locato a terzi (in quanto tanto l’Istituto aveva fatto non
per trarne “guadagno”, ma proventi da reinvestire
integralmente nella realizzazione delle proprie finalità
istituzionali).
Resisteva Il Comune di Orvieto con controricorso.
Motivi della decisione

notificata il 29.7.2008.

n.21755/2010

1. Con i primi due motivi di ricorso che si possono
trattare congiuntamente,

si duole il ricorrente

della

violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e
l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art.
360 n. 5 cpc, in quanto la CTR nulla avrebbe detto in ordine
al fatto che parte dell’unità immobiliare in contestazione è

I motivi sono infondati.
2.

La CTR ha rigettato l’appello evidenziando

che

l’esenzione compete solo nel caso di utilizzazione diretta
dell’immobile da parte dell’ente per l’esercizio dell’attività
religiosa e di culto.
L’orientamento di questa Corte è saldamente ancorato al
concetto di utilizzazione diretta del bene da parte dell’ente
possessore come condizione necessaria perché a quest’ultimo
spetti il diritto all’esenzione prevista dall’art. 7, d.lgs. n. 504
del 1992, nel caso di esercizio delle attività considerate
normativamente “esentabili”.
È infatti, insegnamento di questa Corte, quello secondo
cui, “In tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI),
l’esenzione dall’imposta che l’art. 7, comma 1, lett.i), del
d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, prevede per gli immobili
utilizzati dai soggetti di cui all’art. 87, primo comma, lett. c),
del d.P.R. 22 dicembre 1986, n.917 (enti pubblici e privati,
diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato e non
aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio d’attività
commerciali), purché destinati esclusivamente – fra l’altro allo “svolgimento d’attività assistenziali”, esige la duplice
condizione dell’utilizzazione diretta degli immobili da parte
dell’ente possessore e dell’esclusiva loro destinazione ad
attività peculiari che non siano produttive di reddito.

utilizzata dalla stessa Amministrazione Comunale.

n.21755/2010

L’esenzione non spetta, pertanto, nel caso di utilizzazione
indiretta, ancorché assistita da finalità di pubblico
interesse”.(cfr Cass. 18838/2006, 8496/2010, 2821/2012,
più recentemente, Cass. n. 10483/2016).
in particolare, secondo Cass. n. 4502/2012 “In tema di
imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione prevista
dall’art. 7, comma primo, lett. i), del d.lgs. 30 dicembre 1992,

oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo
nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività
equiparate, e di un requisito soggettivo, costituito dal diretto
svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o
privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale
l’esercizio di attività commerciali (art. 87, comma primo, lett.
c), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7
rinvia). La sussistenza del requisito oggettivo deve essere
accertata in concreto, verificando che l’attività cui l’immobile
è destinato, pur rientrando tra quelle esenti, non sia svolta
con le modalità di un’attività commerciale”.
Nel caso di specie, l’assunto difensivo della ricorrente, che
mira a interpretare il disposto dell’art. 7 comma 1 lett. i) del
d.lgs. n. 504/92, nel senso che anche un “utilizzo indiretto”
attraverso un diverso soggetto giuridico, ancorché anch’esso
senza finalità di lucro, rientrerebbe nel perimetro normativo
dell’esenzione fiscale richiesta, non può essere accolta.
Non ignora il collegio la pronuncia di Cass. n. 25508/15
che a (in cui, tuttavia, tra i due enti – comodante e
comodatario – esisteva “un rapporto di stretta strumentalità
nella realizzazione dei suddetti compiti, che autorizza a
ritenere una compenetrazione tra di essi e a configurarli come
realizzatori di una medesima “architettura strutturale”,
circostanza nella specie non sussistente. Ciò alla luce del

n. 504, è subordinata alla compresenza di un requisito

n.21755/2010

disposto degli artt. 52 e 59 comma 1 lett. c) del d.lgs. n.
446/97 (chiarito dalla Corte Costituzionale con ordinanza n.
429/2006), che consente ai comuni, previo regolamento di
regolare l’esenzione oggetto nel presente giudizio, nel senso
di riconoscerla soltanto per i fabbricati utilizzati da enti non
commerciali, a condizione che questi ultimi siano oltre che
utilizzati anche posseduti dall’ente commerciale che ne

altro diritto reale.
2.a. La questione relativa alla cosiddetta “dependance”,
appare invece del tutto nuova non essendo stato nemmeno
indicato quando sia stata dedotta nelle pregresse fasi di
merito e in quali atti difensivi.
3. Con il terzo motivo, l’Istituto ricorrente denuncia
violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ed in
particolare della interpretazione autentica della norma
agevolativa data dal d.l. n. 203 del 2005.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha osservato che «in materia di ICI,
l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i), d.lgs. 30
dicembre 1992, n. 504, anche in base alla evoluzione di cui
all’art. 7, comma 2 bis, del d.l. 30 settembre 2005, n. 203,
conv.dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 (come sostituito
dall’art. 39,comrna 1, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, conv.
dalla legge 4 agosto 2006, n. 248), impone di considerare
realizzate in senso non esclusivamente commerciale le attività
sanitarie e assistenziali che, in ciascun ambito territoriale e
secondo la normativa ivi vigente per le concrete modalità di
svolgimento, non siano orientate alla realizzazione di profitti,
senza che rilevi il mero fatto dell’esistenza di una convenzione
pubblica alla base di tale attività.

fruisce, in ragione della titolarità del diritto di proprietà o di

n.21755/2010

Consegue che il contribuente ha l’onere di dimostrare
l’esistenza, in concreto, dei requisiti dell’esenzione, mediante
la prova che l’attività cui l’immobile è destinato, pur
rientrando tra quelle esenti (poiché di tipo assistenziale e
sanitario), non sia svolta con le modalità di un’attività
commerciale ed abbia quelle finalità solidaristiche alla base
delle ragioni di esenzione, mentre spetta al giudice di merito

far ricorso ad astrazioni argomentative» (Cass. n. 6711 del
2015).
Si tratta di posizioni già esaminate e decise in analoghe
controversie tra le stesse parti ( ordinanza n. 23584/2011,
ordinanza n.19016/2015 e sent. n.2099/2017.
Nel caso di specie è indiscusso, che l’immobile di proprietà
dell’Istituto sia stato locato a terzi, nella specie una società
che gestisce l’albergo e il ristorante, situazione che esclude
possa spettare l’esenzione reclamata.
4) Il ricorso deve essere respinto.
Le spese del giudizio

seguono la soccombenza, e

vengono liquidate come in dispositivo in favore del Comune
di Orvieto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al
rimborso delle spese a favore del Comune di Orvieto, che
liquida in complessivi €7.000,00 per onorario, oltre alle spese
generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il 6.12.2017

l’obbligo di accertare in concreto le circostanze fattuali, senza

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