Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30801 del 26/11/2019

Cassazione civile sez. un., 26/11/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 26/11/2019), n.30801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1515-2018 proposto da:

EDISON S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E.Q. VISCONTI 99, presso lo

studio dell’avvocato GIOVANNI BATTISTA CONTE, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati SIMONA VIOLA e MARIO BUCELLO;

– ricorrente –

contro

FEDERAZIONE NAZIONALE DEI CONSORZI DI BACINO IMBRIFERO MONTANO –

FEDERBIM, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DI PORTA PINCIANA 4, presso lo studio

dell’avvocato FERDINANDO MARIA DE MATTEIS, rappresentata e difesa

dagli avvocati MARCO RADICE e SERGIO CESARE CEREDA;

– controricorrente –

e contro

COMUNITA’ MONTANA VALLE STURA, UNIONE MONTANA VALLE STURA, COMUNITA’

MONTANA ALTO TANARO CEBANO MONREGALESE, UNIONE MONTANA DELLE VALLI

MONGIA E CEVETTA – LANGA CEBANA – ALTA VALLE BORMIDA, COMUNITA’

MONTANA DELLE ALPI DEL MARE, PROVINCIA DI CUNEO, UNIONE MONTANA ALPI

DEL MARE;

– intimate –

avverso la sentenza n. 216/2017 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 15/11/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/06/2019 dal Consigliere ANTONIETTA SCRIMA;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale

SALZANO FRANCESCO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi

gli avvocati Giovanni Battista Conte e Sergio Cesare Cereda.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Edison S.p.a. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte di appello di Torino, la Federbim, la Comunità montana Valle Stura, la Comunità montana Alto Tanaro Cebano Monregalese, la Comunità montana delle Alpi del Mare, la Provincia di Cuneo, chiedendo l’accertamento negativo della pretesa creditoria avanzata dalla Federbim in relazione al sovracanone inerente alla centrale idroelettrica di (OMISSIS), pari ad Euro 126.846,00. La ricorrente, inoltre, eccepì l’illegittimità costituzionale della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 137, per violazione del principio di ragionevolezza, estendendo tale normativa l’obbligo di corrispondere il sovracanone ai concessionari di grandi derivazioni di acqua, le cui opere di presa, pur non ricadendo nel perimetro di un bacino imbrifero montano, rientrino in tutto o in parte nell’ambito di un comune, il cui territorio si spinga fino all’altitudine di uno dei bacini imbriferi montani già delimitati.

Si costituì soltanto la Federbim, la quale chiese il rigetto della domanda.

Il Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche adito, con sentenza n. 45/2016, depositata il 13 gennaio 2016, rigettò la domanda, ritenendo sussistenti i presupposti per la percezione del sovracanone e manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale proposta dalla ricorrente.

Avverso tale decisione Edison S.p.a. propose appello, cui si oppose la Federbim mentre le altre parti appellate non si costituirono neppure in secondo grado.

Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, con sentenza n. 216/2017, depositata in data 15 novembre 2017, dichiarò inammissibile l’appello per tardività, sul rilievo che il testo integrale della sentenza di primo grado era stato portato a conoscenza dell’appellante dalla cancelleria, a mezzo pec, in data 13 gennaio 2016 e che l’atto di appello era stato notificato a mezzo posta con plichi spediti il 13 giugno 2016; dichiarò compensate le spese processuali di quel grado e, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, diede atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’appello, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

Avverso la decisione di secondo grado Edison S.p.a. ha proposto ricorso per cassazione basato su due motivi.

Federbim ha resistito con controricorso.

La ricorrente e la controricorrente hanno depositato memorie.

Le parti intimate non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta “Error in iudicando (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), costituito dalla violazione e/o falsa applicazione del R.D. n. 1775 del 1933, artt. 189 e 183, dell’art. 133 c.p.c. e dell’art. 12 preleggi. Errata declaratoria di inammissibilità dll’appello per tardività”.

Deduce la società ricorrente che, con la sentenza impugnata, sarebbe stata dichiarata l’inammissibilità del ricorso in appello per tardività, in base ad una errata lettura delle norme che regolano la decorrenza del termine per l’impugnazione delle decisioni del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche.

Sostiene, in sintesi, Edison S.p.a. che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche nella sentenza impugnata in questa sede, il dies a quo per la decorrenza del termine decadenziale di trenta giorni per l’impugnazione della sentenza di primo grado doveva individuarsi nel giorno della notificazione del dispositivo ai sensi del R.D. n. 1775 del 1933, art. 183, comma 4, mai avvenuta nel caso di specie, sicchè il decorso del termine utile di cui all’art. 189 del già richiamato R.D. non sarebbe mai iniziato, con conseguente tempestività dell’appello.

2. Con il secondo motivo si lamenta “Error in iudicando (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), costituito dalla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e dei principi del giusto processo, del principio di ragionevolezza e irretroattività”.

Assume la ricorrente che il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, nel ritenere inammissibile per tardività l’appello proposto “in forza di un revirement giurisprudenziale intervenuto successivamente al supposto nuovo termine di proposizione dell’appello e comunque non ragionevolmente conoscibile alla data di notificazione del gravame”, abbia violato “i principi del giusto processo di cui all’art. 111 Cost., oltre che i principi di ragionevolezza e di irretroattività”.

3. Entrambi i motivi, che, essendo strettamente connessi, ben possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

3.1. Come evidenziato nella sentenza impugnata in questa sede, l’interpretazione del combinato disposto del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, approvato con il R.D. n. 1775 del 1932, art. 189, comma 1 e art. 183, commi 3 e 4, normativa, questa, che va applicata nel caso all’esame, si è modificata nel tempo.

In particolare, il problema che si è posto, in sede di esegesi delle norme appena richiamate, è se la notifica della copia integrale del dispositivo della sentenza comporti, o meno, la decorrenza, indipendentemente dalla sua registrazione, del termine breve per l’impugnazione.

3.1.1. A tale quesito inizialmente è stata data soluzione nel senso che la notifica dell’avviso della trasmissione della sentenza all’Ufficio del registro, ai sensi dell’art. 183, comma 3, del testo unico, è inidonea, ancorchè l’avviso contenga anche la trascrizione del dispositivo, a far decorrere il termine di trenta giorni previsto dall’art. 189 stesso testo unico per l’appello avverso le sentenze definitive dei Tribunali delle Acque Pubbliche, decorrendo, invece, tale termine dalla notifica eseguita a norma dello stesso art. 183, comma 4 in quanto solo con tale notifica, dopo la restituzione della sentenza e degli atti da parte dell’Ufficio del registro, le parti sono messe in grado di svolgere le indagini necessarie per maturare consapevolmente la decisione circa l’eventuale impugnazione (Cass., sez. nn., 18/03/1992, n. 3353; Cass., sez. un., 13/03/2009, n. 6063).

3.1.2. Successivamente, con la sentenza 30/03/2010, n. 7607, queste Sezioni Unite – ribaltando il consolidato, pregresso indirizzo appena richiamato, hanno escluso che la preventiva registrazione della sentenza possa essere ritenuta condizione essenziale per la decorrenza del termine breve di impugnazione derivante dalla notifica della copia dell’estratto integrale della sentenza ed hanno, altresì, affermato che la notifica della copia integrale del dispositivo fa comunque decorrere, indipendentemente dalla registrazione della sentenza, il termine breve per la sua impugnazione, rilevando il compimento della registrazione, ove dovuta, esclusivamente ai fini fiscali.

All’affermazione di tale principio, ribadito anche da successive sentenze (Cass., sez. un., 11/07/2011, n. 15144; Cass., sez. un., 21/05/2015, n. 10453; Cass., ord., 26/02/2019, n. 5642), la giurisprudenza di legittimità è pervenuta sulla base di una nuova lettura della normativa in esame, in considerazione del sopravvenuto mutamento del quadro normativo in tema di imposta di registro, interagente con le disposizioni regolatrici del settore di riferimento.

Al riguardo si osserva che già la sentenza n. 80 del 1966 della Corte costituzionale aveva rimosso il divieto, per i funzionari di cancelleria, di rilascio di copie od estratti di sentenze prima della loro registrazione, e la successiva decretazione legislativa di settore (D.P.R. n. 634 del 1972; D.P.R. n. 131 del 1986) ha ulteriormente innovato, “atteso che, mentre in base alla legge di registro del 1923, tutte le sentenze andavano registrate,… attualmente vi sono sentenze che vanno registrate e sentenze che non vanno registrate, ed anche per le prime il cancelliere è tenuto a rilasciarne copia prima della registrazione se ciò è necessario per la prosecuzione del giudizio”.

3.2. Al più recente orientamento sopra richiamato, a sua volta ormai consolidato, va data continuità, evidenziandosi che lo stesso come già è stato affermato dalle sentenze di queste Sezioni Unite 11/07/2011, n. 15144 e 20/04/2016, n. 7952 – si risolve in una rilettura della normativa degli artt. 183 e 189 del testo unico che, in senso correttivo rispetto all’iniziale indirizzo, ne disvela, compatibilmente con il dato testuale, il diverso contenuto evolutivamente assunto, per effetto e in correlazione al sopravvenuto mutamento di disciplina dell’imposta di registro.

Va, inoltre, evidenziato che queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare che il carattere speciale della disciplina contenuta del R.D. n. 1775 già citati, artt. 189 e 183 rende la stessa applicabile, in luogo di quella ordinaria stabilita dall’art. 133 c.p.c., comma 2, così come novellato nel 2014, in quanto quest’ultima in effetti è volta ad evitare incertezze circa gli effetti della comunicazione telematica; e, ciò, anche se il “rilascio” della copia integrale della sentenza, che subito segue l’avviso R.D. n. 1775 cit., ex art. 183, comma 3, avviene ora in via telematica a mezzo PEC, mancando pur sempre la possibilità, in ipotesi di non registrazione, di far decorrere il termine breve dalla notifica di cui all’art. 183, comma 4, R.D. n. 1775 citato; soluzione che, del resto, è già stata adottata con riferimento ad analoghi meccanismi speciali, per i quali la notifica telematica del testo integrale della sentenza è stata ritenuta “idonea” a far decorrere il termine breve per l’impugnazione (Cass. 20/05/2016, n. 10525; Cass., ord., 30/01/2017, n. 2315; Cass., ord., 9/10/2017, n. 23575; Cass., ord., 26/04/2018, n. 10128).

3.3. In applicazione del principio che va ribadito e secondo cui il termine breve per proporre appello avverso la sentenza emessa dal Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche decorre dalla notifica (v. da ultimo Cass., sez. un., 5642/2019, già citata, che ha, tra l’altro, pure evidenziato la specifica idoneità, ai fini che qui rilevano, del rilascio, recte comunicazione via pec) a cura della cancelleria, della copia integrale della sentenza, indipendentemente dalla registrazione della stessa, è corretta la decisione di inammissibilità del gravame alla quale è pervenuto il Tribunale Superiore delle Acque con la pronuncia impugnata in questa sede.

Infatti, come già evidenziato, risulta pacificamente che, in data 13 gennaio 2016, è stato portato a conoscenza dell’appellante, a cura della cancelleria, a mezzo pec, il testo integrale della sentenza di primo grado e l’appello è stato notificato alle controparti con plichi spediti il 13 giugno 2016 (v. sentenza impugnata in questa sede, p. 5; ricorso, p. 14 e controricorso p. 11), quando era ormai ampiamente scaduto il termine breve di trenta giorni per proporre l’impugnazione.

3.4. Inoltre, va evidenziato che il ragguardevole lasso di tempo nella specie intercorso fra la pubblicazione (30 marzo 2010) della sentenza delle Sezioni Unite recante l’overruling (che non va, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, ascritto alle sentenza del Tribunale Superiore delle Acque 16/02/2016 n. 53, la quale, anzi, richiama espressamente le sentenze di queste Sezioni Unite 30/03/2010, n. 7607, 11/07/2011, n. 15144 e 21/05/2015, n. 10453, già prima ricordate), e la data di comunicazione del testo integrale della sentenza appellata (13 gennaio 2016) nonchè della notifica dell’atto di appello (13 giugno 2016), deve essere ritenuto ampiamente sufficiente a consentire alla parte interessata la piena conoscenza del più recente orientamento giurisprudenziale e l’adeguamento ad esso, con la conseguente esclusione della configurabilità di un comportamento incolpevole (Cass., sez. un., 27/02/2012, n. 2925; v. sul punto anche Cass., sez. un., 21/05/2015, n. 10453, in relazione ad un caso in cui, invece, la notifica della copia integrale del dispositivo era intervenuta prima del suddetto mutamento di giurisprudenza), sicchè non è ravvisabile nella specie un overruling processuale (arg. ex Cass., sez. un., 11/07/2011, n. 15144; v. anche Cass. 28/02/2012, n. 3042; Cass. 14/03/2018, n. 6159) e risulta manifestamente infondata la questione relativa alla violazione dei “principi del giusto processo di cui all’art. 111 Cost. e di ragionevolezza e di irretroattività”, così come prospettata dalla parte ricorrente.

4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

5. Le spese del giudizio di cassazione, tenuto conto della particolarità della vicenda, vanno interamente compensate tra le parti costituite, mentre non vi è luogo a provvedere per dette spese nei confronti delle intimate, non avendo le stesse svolto attività difensiva in questa sede.

6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; compensa per intero tra le parti costituite le spese del presente giudizio di legittimità; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 18 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019

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