Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30800 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. III, 30/12/2011, (ud. 05/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30800

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.C.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA CONCA D’ORO 221, presso lo studio dell’avvocato GIULIANO

ANTONIO, rappresentata e difesa dall’avvocato GIULIANO LUIGI giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA GRAMSCI 36, presso lo studio dell’avvocato DE TILLA

MAURIZIO, rappresentata e difesa dall’avvocato CODUTI GAETANO giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1874/2008 del TRIBUNALE di BENEVENTO,

depositata il 20/11/2008, R.G.N. 3208/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IANNELLI Domenico che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. M.M. procedeva a pignoramento immobiliare di due porzioni di fabbricato urbano, facenti parte del fondo patrimoniale dei coniugi S.D. e P.C.L., per un credito (pari a circa Euro 4.000,00) relativo alla locazione di un immobile adibito a casa familiare, avente titolo in un decreto ingiuntivo.

P. proponeva opposizione all’esecuzione. Deduceva che: i beni pignorati erano di sua esclusiva proprietà, per essere stati acquistati in regime si separazione dei beni ed essere stati costituiti in fondo con riserva di proprietà in capo alla stessa con l’atto costitutivo (art. 2); che in fondo era stato costituito solo un diritto reale di godimento assimilabile all’usufrutto; che, inoltre, il decreto ingiuntivo riguarda un’obbligazione contratta esclusivamente dal coniuge. Il Tribunale di Benevento, in composizione monocratica, rigettava l’opposizione (sentenza del 20 novembre 2008).

2. Avverso la suddetta sentenza, P. propone ricorso per cassazione con cinque motivi di ricorso, corredati da quesiti.

M. resiste con controricorso e deposita memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La sentenza impugnata ha motivato il rigetto sulla base delle seguenti argomentazioni essenziali.

Ai sensi dell’art. 168 cod. civ., la proprietà dei beni costituiti in fondo spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente previsto nell’atto costitutivo.

Sulla base dell’atto costitutivo e della nota di trascrizione dello stesso, deve ritenersi che i coniugi hanno inteso disciplinare il diritto costituito in fondo come diritto di proprietà e non di godimento, con la conseguenza che, per effetto della costituzione del fondo, i beni immobili sono stati trasferiti in proprietà di entrambi.

a) Infatti, la previsione, nell’atto costitutivo del fondo (art. 2), che i beni oggetto dello stesso possono essere alienati o ipotecati solo con il consenso di entrambi, “evidenzia inequivocabilmente” che i coniugi – a prescindere dalla clausola, contenuta nello stesso articolo dell’atto costitutivo, che “la proprietà … continuerà a spettare al coniuge che ne è attualmente proprietario” – hanno inteso disciplinare il diritto costituito in fondo come diritto di proprietà e non di godimento, relativo ai soli frutti.

b) In ogni caso, ai fini della opponibilità ai terzi, rileva che nella nota di trascrizione dell’atto costitutivo del fondo (quadro C), nella casella relativa alla descrizione del diritto reale, questo viene qualificato come “proprietà”; nè rileva che, nello stessa nota di trascrizione (quadro D), risulta la riserva di proprietà a favore del coniuge proprietario, atteso che il quadro D è destinato alla pubblicità degli elementi non essenziali dell’atto trascritto (quali apposizione di termine o condizione) e non incide sulla natura del diritto conferito che si desume solo dal quadro C. c) La natura del credito esecutato, relativo a canoni di locazione di immobile adibito a abitazione della famiglia, circostanza non contestata tra le parti, giustifica la pignorabilità per l’intero del diritto di proprietà, non rilevando la circostanza che il debito sia stato contratto solo dal marito.

2. I primi due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente per la loro stretta connessione, concernendo la parte della sentenza che interpreta l’art. 2 dell’atto costitutivo del fondo, deducono la violazione e falsa applicazione dell’art. 168 cod. civ., anche in relazione all’art. 1362 e ss. c.c..

Si concludono, rispettivamente, con i seguenti quesiti di diritto:

“qualora il coniuge conferente, all’atto della costituzione di fondo patrimoniale, si riservi espressamente la proprietà del bene immobile conferito in fondo, ai coniugi spetta solo un diritto di godimento, assimilabile all’usufrutto o all’uso, ma inalienabile ed in espropriabile”;

“in caso di costituzione di fondo patrimoniale, qualora i coniugi intendano alienare e/o ipotecare i beni conferiti, è necessario il consenso di entrambi i coniugi, anche qualora il bene appartenga per l’intero ad uno solo dei coniugi”.

2.1. I motivi sono inammissibili per inadeguatezza dei quesiti.

Nella parte esplicativa dei motivi, emerge che la censura mossa alla sentenza impugnata si sostanzia nella critica al cattivo utilizzo, da parte del giudice, dei canoni di ermeneutica contrattuale previsti dai legislatore. Questi canoni, tuttavia, non vengono esplicitati e mancano totalmente dai quesiti di diritto, che restano generici ed astratti, limitandosi a ripetere la tesi della ricorrente.

Nel secondo motivo, inoltre, la critica sembra involgere la mancata considerazione della previsione legislativa (art. 169 cod. civ.), in base alla quale il consenso di entrambi i coniugi sarebbe sempre richiesto per gli atti di disposizione dei beni del fondo, con la conseguenza che – secondo quanto appare sostenere la ricorrente – tale previsione nell’atto costitutivo non avrebbe potuto essere utilizzata per sostenere la volontà di conferire nel fondo la proprietà dei beni.

Profilo che rimane del tutto assente dal secondo quesito.

Evidente, quindi, l’inidoneità dei quesiti a censurare efficacemente la sentenza impugnata, restando la censura, come formulata, del tutto imprecisa.

3. Il terzo motivo di ricorso, con cui si censura la parte della sentenza impugnata relativa alla nota di trascrizione dell’atto costitutivo del fondo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 168, 2647 e 2685 cod. civ., in relazione agli artt. 1362 e ss. c.c..

Si conclude con il seguente quesito: “ai fini della opponibilità ai terzi della riserva di proprietà contenuta nell’atto di costituzione di fondo patrimoniale, l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio, ex art. 162 cod. civ. prevale su quanto riportato nella nota di trascrizione dell’atto medesimo che, ai sensi degli artt. 2647 e 2685 cod. civ. ha finzione di mera pubblicità-notizia”.

3.1. Il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 170 cod. civ. e si conclude con il seguente quesito: “In caso di annotazione dell’atto di costituzione di fondo patrimoniale a margine dell’atto di matrimonio, ex art. 162 cod. civ., con riserva di proprietà in favore del coniuge conferente, il pignoramento immobiliare eseguito in data successiva sui beni costituenti il fondo è inefficace ed inopponibile nei confronti del coniuge proprietario esdusivo”.

4. Entrambi i motivi sono inammissibili per difetto di interesse.

Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza della Corte, quello secondo cui “Quando una decisione di merito, impugnata in sede di legittimità, si fonda su distinte ed autonome rationes decidendi ognuna delle quali sufficiente, da sola, a sorreggerla, perchè possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile, da un lato, che il soccombente censuri tutte le riferite ratìones, dall’altro che tali censure risultino tutte fondate. Ne consegue che, rigettato (o dichiarato inammissibile) il motivo che investe una delle riferite argomentazioni, a sostegno della sentenza impugnata, sono inammissibili, per difetto di interesse, i restanti motivi, atteso che anche se questi ultimi dovessero risultare fondati, non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della ratio ritenuta corretta” (Cass. 24 maggio 2006, n. 12372; Sez. Un. 8 agosto 2005 n. 16602, costantemente confermato). 4.1 Nella specie, il giudice – come emerge dalla parte espositiva della sentenza, 1 della motivazione – fonda la decisione su due rationes decidendi e, da punto di vista logico, sembra trovare nella seconda (concernente il contenuto della nota di trascrizione dell’atto costitutivo del fondo) una conferma della prima (che ricostruiva la volontà delle parti nel senso che, per effetto della costituzione del fondo, i beni immobili sono stati trasferiti in proprietà di entrambi i coniugi). Le censure che la ricorrente muove attraverso i motivi terzo e quarto, quali emergono anche dalla formulazione dei relativi quesiti (della ammissibilità dei quali si prescinde) presuppongono che l’atto costitutivo del fondo contenga la riserva di proprietà in capo alla sola moglie. Presuppongono, quindi, proprio quanto negato dal giudice di merito con argomentazione che, per essere stata censurata con motivi di ricorso (primo e secondo), da questa Corte ritenuti inammissibili, resterebbe comunque l’argomentazione fondante della sentenza impugnata, con conseguente impossibilità di cassarla e irrilevanza dell’eventuale accoglimento dei motivi in argomento. Ne deriva l’inammissibilità dei motivi.

5. Con il quinto motivo, si deduce omessa motivazione in ordine all’inerenza del credito ai bisogni della famiglia.

Il difetto di motivazione non può essere preso in considerazione dalla Corte, mancando il momento di sintesi, omologo al quesito di diritto, previsto dall’art. 366-bis cod. proc. civ. (Sez. Un. 1 ottobre 2007, n. 20603; 14 ottobre 2008, n. 25117; 30 ottobre 2008 n. 26014), con conseguente inammissibilità del profilo di censura.

6. In conclusione, il ricorso è inammissibile; le spese seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna P.C.L., al pagamento, in favore di M.M., delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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