Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30800 del 28/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 28/11/2018, (ud. 22/11/2017, dep. 28/11/2018), n.30800

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28623-2013 proposto da:

S.D., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA LAZIO 20/C, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE D’ONOFRIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO MESSINA, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 578/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 14/05/2013 R.G.N. 1905/2011;

il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza depositata in data 14.5.2013, la Corte di Appello di Palermo ha respinto il gravame interposto da S.D. avverso la pronunzia del Tribunale di Termini Imerese, con la quale era stata rigettata la domanda del medesimo diretta ad ottenere la dichiarazione di nullità del termine apposto al contratto stipulato con Poste Italiane S.p.A., ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis, così come modificato dalla L. n. 266 del 2005, relativamente al periodo 11.4.2007-14.7.2007, nonchè la riassunzione in servizio ed il diritto al risarcimento del danno pari alle retribuzioni medio tempore maturate; che avverso tale decisione il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi;

che Poste Italiane S.p.A. è rimasta intimata;

che il P.G. ha formulato richiesta di rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che con il ricorso per cassazione si censura: 1) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis, e si lamenta che la Corte di merito abbia ritenuto legittima l’apposizione del termine al contratto di cui si tratta, nonostante la mancata indicazione della causale, ritenendo giustificata l’assunzione ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis, indipendentemente dal settore in cui i lavoratori assunti con contratto a termine vengano impiegati e senza considerare che il ricorrente abbia incontrovertibilmente svolto mansioni di sportellista addetto ai servizi bancari e finanziari; 2) sempre in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis; art. 2697,2700,2702,2707,2708 e 2709 c.c.; art. 437 c.p.c., ed in particolare, si lamenta che i giudici di seconda istanza avrebbero ritenuto sufficiente la produzione di un documento prodotto dalla società (un prospetto riepilogativo dei dipendenti a tempo indeterminato in servizio e dei dipendenti a termine assunti nel corso dell’anno) per fornire la prova del rispetto della c.d. clausola di contingentamento; in tal modo, violando il disposto dell’art. 2697 c.c. e D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis, avrebbero erroneamente ritenuto assolto l’onere della prova del rispetto del limite percentuale di lavoratori a tempo determinato gravante sul datore di lavoro; 3) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettata dalle parti e comunque rilevabile d’ufficio, per avere la Corte di merito omesso di esplicitare rigorosamente in motivazione le ragioni che l’hanno indotta, da un lato, a ritenere ammissibile come prova il documento prodotto dalla società e, dall’altro, a non dare corso ad una istruttoria documentale che avrebbe consentito di verificare la correttezza dei dati sulle assunzioni dedotti da Poste Italiane S.p.A.;

che il primo motivo non è fondato: è assorbente, al riguardo, il richiamo a Cass. n. 13609/2015 (v., pure, in termini, Cass. n. 6765/2017), per la quale “in tema di contratto di lavoro a tempo determinato, il D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis, fa riferimento esclusivamente alla tipologia di imprese presso cui avviene l’assunzione – quelle concessionarie di servizi e settori delle poste – e non anche alle mansioni del lavoratore assunto, in coerenza con la ratio della disposizione, ritenuta legittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 214 del 2009, individuata nella possibilità di assicurare al meglio lo svolgimento del c.d. servizio universale postale, ai sensi del D.Lgs. n. 261 del 1999, art. 1, comma 1, di attuazione della direttiva 1997/67/CE, mediante il riconoscimento di una certa flessibilità nel ricorso allo strumento del contratto a tempo determinato, pur sempre nel rispetto delle condizioni inderogabilmente fissate dal legislatore. Ne consegue che, al fine di fissare la legittimità del termine apposto alla prestazione di lavoro, si deve tenere conto unicamente dei profili temporali, percentuali (sull’organico aziendale) e di comunicazione previsti dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis”, trattandosi, appunto, di ambito nel quale la valutazione della sussistenza della giustificazione è stata operata ex ante direttamente dal legislatore (v. Cass., S.U., n. 11374/2016);

che la sentenza oggetto del presente giudizio risulta del tutto in linea con l’esplicitato orientamento, ormai consolidato e del tutto condiviso da questo Collegio;

che neppure il secondo ed il terzo motivo – da esaminare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione – sono meritevoli di accoglimento; ed invero, premesso che il terzo motivo è inammissibile per la formulazione non più consona alle modifiche introdotte all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile al caso di specie, ratione temporis, poichè la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata pubblicata, come riferito in narrativa, il 14.5.2013, va osservato che, correttamente, la Corte di merito ha sottolineato che il limite percentuale non superiore al 15%, individuato dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1-bis, fosse da calcolare sull’intero organico aziendale, con riferimento, quindi all’intera impresa, anzichè soltanto al settore postale oggetto della concessione; e ciò, in considerazione “degli elementi di natura sistematica e ricostruttiva e della finalità della norma antiabusiva del 2005 che ha stabilito il limite percentuale del 15%” (cfr., ex multis, Cass. nn. 753/2018; 6765/2017; 3031/2014);

che, va altresì sottolineato, con riferimento al secondo motivo, che, in nessun passaggio della sentenza oggetto del giudizio di legittimità, si afferma che l’onere della prova relativo alla c.d. clausola di contingentamento debba ricadere sul lavoratore che agisce in giudizio e che, al contrario, i giudici di seconda istanza, ricavando la delibazione del rispetto del limite percentuale dalle produzioni effettuate dalla società datrice di lavoro e dalle dichiarazioni dei testi escussi, hanno correttamente fatto applicazione della regola opposta; ed inoltre che la sentenza (v. pag. 8), nell’esaminare la doglianza dell’appellante al riguardo, ha accertato che Poste Italiane S.p.A. avesse fornito adeguata prova, documentale e per testi, del rispetto del limite percentuale del 15%, previa verifica della ritualità della produzione documentale e della pertinenza rispetto alla questione da decidere;

che, condivisibilmente, quindi, i giudici di seconda istanza non hanno reputato che fosse indispensabile disporre l’acquisizione di nuove prove nel processo per approfondire elementi già obiettivamente presenti nello stesso (cfr., al riguardo, Cass. nn. 24188/2013; 1370/2013; 22305/2007; 2379/2007);

che, pertanto, il ricorso va respinto;

che nulla va disposto in ordine alle spese, non avendo la società svolto attività difensiva;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 22 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2018

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