Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3080 del 11/02/2010

Cassazione civile sez. III, 11/02/2010, (ud. 03/12/2009, dep. 11/02/2010), n.3080

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SENESE Salvatore – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni B. – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. CHIARINI M. Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.B., elettivamente domiciliato in Roma, Via degli

Scipioni n. 191, presso lo studio dell’avv. Alfieri Arturo, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avv. Giacomo Vettori giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO di (OMISSIS), in persona

dell’amministratore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Caposile

n. 10, presso lo studio dell’avv. Giancarlo Magri, rappresentato e

difeso dall’avv. Benvenuto Maurizio giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Ancona n. 694/04 in data

9 novembre 2004, pubblicata il 27 novembre 2004;

Udita la relazione del Consigliere dott. Giancarlo Urban;

udito il P.M. in persona del Cons. Dr. RUSSO Alberto Libertino che ha

concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 29 aprile 1994 P.B. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Ancona il Condominio di (OMISSIS) affinchè fosse annullato il contratto di transazione stipulato tra le parti in data (OMISSIS) in quanto viziato da violenza ai sensi dell’art. 1434 c.c. e segg. e, di conseguenza, il convenuto fosse condannato al risarcimento dei danni subiti da liquidarsi in via equitativa.

Sosteneva l’attore, a fondamento della domanda, di aver acquistato nel (OMISSIS) una porzione dell’edificio di cui al menzionato condominio e di aver intrapreso alcuni lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria dei propri locali, lavori che vennero sospesi a seguito dell’ordinanza emessa il 23 ottobre 1990 dal sindaco di quel comune in quanto le opere previste comportavano un aumento di unità immobiliari per cui gli stessi erano soggetti a concessione edilizia in luogo della rilasciata autorizzazione; espletato l’iter procedurale al fine di ottenere il provvedimento amministrativo in questione, egli si era rivolto all’assessore ai lavori pubblici, B.C., delegato dal sindaco, per avere spiegazioni circa l’immotivato ritardo nell’emanazione di quel provvedimento venendo così a sapere, secondo quanto riferitogli dallo stesso B., che la concessione edilizia sarebbe stata rilasciata soltanto se egli si fosse indotto a transigere la vertenza pendente con il condominio convenuto, di natura esclusivamente privatistica riguardando la rivendicazione da parte di quest’ultimo dell’utilizzo di uno spazio circostante l’edificio che si pretendeva di proprietà comune e che, secondo il regolamento condominiale, risultava, invece, di pertinenza esclusiva dei locali acquistati da esso P., il quale, pressato dalla necessità di dover disporre dei locali medesimi onde rispettare i termini del contratto di locazione stipulato con la Banca Toscana che doveva provvedere a ivi collocare i propri uffici, si era indotto a stipulare il (OMISSIS) l’accordo richiestogli.

Si costituiva il Condominio di (OMISSIS) che contestava in fatto e in diritto l’avversa pretesa di cui chiedeva l’integrale rigetto. Espletata prova per testi, con sentenza del 16 dicembre 2003 l’adito Tribunale rigettava la domanda condannando l’attore alla rifusione delle spese di lite. Riteneva, il giudicante che l’assunto attoreo non aveva trovato adeguato riscontro probatorio non essendo stato dimostrato che il P. fosse stato vittima di violenza morale di cui all’art. 1435 c.c. tale da indurlo a concludere la transazione di cui veniva chiesto l’annullamento non essendo ravvisabile nell’atteggiamento del B. alcuna minaccia o coartazione dell’altrui volontà avendo costui semplicemente rappresentato l’esistenza di difficoltà relative al rilascio della concessione – rilascio che veniva condizionato al raggiungimento di un accordo con il condominio in questione – difficoltà, peraltro, espressamente, secondo quanto riferito dall’assessore, riferibili al sindaco che il P. neppure aveva interpellato.

La Corte d’Appello di Ancona, con sentenza del 27 novembre 2004, rigettava l’appello proposto dal P., che condannava alla rifusione delle spese di lite.

Propone ricorso per cassazione P.B. con due motivi.

Resiste con controricorso il Condominio di (OMISSIS).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente denuncia con il primo motivo la nullità della sentenza per omessa e/o insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia: in particolare, la Corte d’Appello aveva omesso di valutare il copioso materiale probatorio acquisito, quali le testimonianze rese da P.P. (figlio del ricorrente) e da Q.M..

Il motivo è infondato: la motivazione della sentenza impugnata, nel ricostruire i termini essenziali la vicenda per cui è causa, ha richiamato non soltanto le dichiarazioni rese dal teste P. P. (figlio dell’odierno ricorrente), l’unica persona che sarebbe stato presente al colloquio intervenuto tra lo stesso ricorrente e B.C., assessore ai lavori pubblici del Comune di (OMISSIS), ma ha dato conto sia di quanto riferito dalla teste P.L. (altra figlia del ricorrente), che dal teste Q.M., il quale precisò che nel fascicolo della pratica relativa alla concessione edilizia, era presente il testo della transazione che sarebbe stata imposta al ricorrente. In relazione a tale contesto, la censura di omessa valutazione degli elementi probatori raccolti nel corso del giudizio di primo grado, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, deve essere inteso a far valere – a pena di inammissibilità in difetto di loro specifica indicazione – carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicità nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune, o ancora, mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi. Non può, invece, essere inteso a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non vi si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti. Tali aspetti del giudizio, infatti, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento, rilevanti ai sensi della norma in esame. Diversamente il motivo di ricorso per cassazione si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e quindi di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura e alle finalità del giudizio di legittimità (Cass. 27 ottobre 2006, n. 23087).

In concreto, la parte ricorrente, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, si limita – in buona sostanza – a sollecitare una diversa lettura, delle risultanze di causa preclusa in questa sede di legittimità.

Con il secondo motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione di norme di diritto (artt. 1965 e 1966 c.c.) poichè nell’ accordo sottoscritto dal ricorrente era carente il requisito del cosiddette “aliquid retentum”, giacchè a fronte del riconoscimento in favore del condominio del diritto sull’area in contestazione, nessun sacrificio era posto a carico dello stesso condominio, poichè la concessione edilizia era stata rilasciata dal Comune.

Il motivo è inammissibile perchè formulato per la prima volta nel presente giudizio di cassazione; in ogni caso, non risulta osservato il principio di autosufficienza, in base al quale il ricorso deve contenere in se tutti gli elementi necessari a individuare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti estranee allo stesso ricorso e quindi ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. 13 luglio 2004 n. 12912, Cass. 11 giugno 2004 n. 11133, Cass. 15 aprile 2004 n. 7178, tra le altre; da ultimo, vedi Cass. 24 maggio 2006 n. 12362, Cass. 4 aprile 2006 n. 7825; Cass. 17 luglio 2007 n. 15952). Dal ricorso non risulta, in particolare, quale fosse il testo della transazione oggetto di impugnazione.

Tenuto conto della particolare natura della controversia e della carente linearità del comportamento tenuto dalle parti, appare conforme a giustizia disporre la compensazione delle spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE CIVILE rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2010

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