Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30797 del 28/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 28/11/2018, (ud. 31/10/2018, dep. 28/11/2018), n.30797

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14692/2012 R.G. proposto da

G.M., rappresentata e difesa dall’avv. Fiorenzo Cieri,

elettivamente domiciliata in Roma, in via Germanico n. 96, presso lo

studio dell’avv. Bruno Taverniti.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– controricorrente –

e

EQUITALIA PRAGMA SPA.

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo, sezione n. 10, n. 99/10/11, pronunciata il 10/03/2011,

depositata l’8/04/2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 ottobre

2018 dal Consigliere Riccardo Guida.

Fatto

RILEVATO

che:

1. M.G. ricorre, sulla base di quattro motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, e di Equitalia Pragma Spa, rimasta intimata, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo (in seguito: CTR), in epigrafe che, nella causa d’impugnazione di una cartella di pagamento che recuperava a tassazione, per l’anno 2004, maggiori IRPEF, Addizionale comunale, Addizionale regionale, oltre a interessi e sanzioni, ha rigettato l’appello della contribuente;

2. la CTR ha reputato sufficientemente motivata la cartella, scaturita da un controllo automatizzato del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis; ha negato l’inammissibilità, dedotta dalla contribuente, della costituzione in giudizio, in prima udienza, di Equitalia Pragma Spa; ha escluso la necessità dell’invio alla contribuente, in fase amministrativa, dell’avviso bonario; infine, ha disconosciuto la dedotta nullità della cartella perchè priva di sottoscrizione e dell’indicazione del responsabile del procedimento.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso si denuncia l’inesistenza giuridica della notificazione della cartella di pagamento, per violazione dell’art. 148 c.p.c.;

1.1. il motivo è inammissibile;

1.1.1. i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in cassazione questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase del merito e non rilevabili d’ufficio (Cass. 26/03/2012, n. 4787);

il contribuente, per evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass. 16/06/2017, n. 15029; 31/01/2006, n. 2140);

nella specie, posto che la CTR non si è occupata di tale quaestio iuris, si osserva che la contribuente non ha fornito la prova di avere fatto valere il vizio della notifica della cartella come specifico motivo d’appello;

2. con il secondo motivo, così rubricato: “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 12,23 e 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Omessa pronuncia sulla inammissibilità della costituzione in giudizio della Equitalia Pragma spa con violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, si fa valere l’errore della sentenza impugnata che ha ritenuto ammissibile la costituzione in giudizio di Equitalia Pragma Spa, tralasciando che quest’ultima si è costituita (nel giudizio di primo grado) con memoria depositata in cancelleria il 21/11/2008, per l’udienza di discussione del 1/12/2008, oltre il termine perentorio di 10 giorni liberi prima dell’udienza, previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32;

2.1. il motivo è inammissibile e infondato;

2.1.1. dal primo punto di vista (inammissibilità), s’intende dare continuità al consolidato indirizzo della Corte che, anche di recente, ha negato l’inammissibilità del ricorso per cassazione che presenti, congiuntamente in rubrica, i due profili di censura della violazione di legge e del vizio di motivazione, a condizione, però, che il ricorso: “esibisca sufficiente specificità, cioè la caratteristica che principalmente contraddistingue l’impugnazione in sede di legittimità. Pertanto allorquando il motivo di ricorso evidenzi nitidamente nel proprio seno i profili attinenti la ricostruzione del fatto e passi successivamente alla trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o alla applicazione della o delle norme appropriate alla fattispecie, non v’è luogo per rilevare vizi del ricorso stesso” (Cass. 24/04/2013, n. 9793; 11/04/2018, n. 8915);

nel caso in esame, al contrario, manca una simile chiara e netta distinzione delle diverse censure; il ricorso reca un’indistinta unificazione e sovrapposizione delle ragioni di critica – riconducibili all’error in procedendo, al vizio di violazione di legge e al difetto della motivazione -, ma non esplicita, con la necessaria precisione, il fatto, decisivo e controverso, in relazione al quale siano ravvisabili, rispettivamente, la nullità della sentenza o del procedimento (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), l’errore di diritto e il vizio motivazionale, onde alla Corte è demandato, in modo improprio, il compito di sostituirsi alla contribuente nell’enucleare autonome doglianze, isolandole dall’insieme delle critiche congiuntamente proposte (in senso conforme: Cass. 18/04/2018, n. 9486; 24/08/2017, n. 20335);

2.1.2. dal secondo punto di vista (infondatezza), la CTR ha fatto buon governo del principio di diritto enunciato dalla Corte, secondo cui: “Nel processo tributario, è ammissibile la costituzione dell’appellato in udienza, senza l’osservanza dei termini e dei modi indicati nel D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, art. 23, atteso che la sanzione processuale dell’inammissibilità non è prevista dalla norma e la sua applicazione impedirebbe alla parte, in violazione dell’art. 24 Cost., di partecipare alla discussione orale della causa all’udienza e di esercitare il diritto fondamentale alla difesa, confutando le ragioni della controparte e la ricorrenza delle norme da questa invocate.” (Cass. 10/02/2010, n. 2925);

in termini generali – e ciò vale anche per il primo grado di giudizio -, la costituzione del resistente, sia pure avvenuta tardivamente, non gli inibisce la facoltà di partecipare alla pubblica udienza; una simile preclusione (non prevista da alcuna norma processuale), infatti, si porrebbe in contrasto con il principio del contraddittorio e impedirebbe, alla parte costituitasi (solo) in prossimità dell’udienza, l’esercizio del diritto di difesa, garantito dall’art. 24 Cost.;

per completezza, infine, osserva la Corte che è inammissibile la doglianza della contribuente circa il difetto di una valida procura rilasciata, in primo grado, al difensore di Equitalia Spa (cfr. pagg. 8 e 9 del ricorso per cassazione), in quanto la ricorrente non ha allegato di avere dedotto la questione dinanzi al giudice di merito e nemmeno ha indicato in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione;

3. con il terzo motivo si censurano l’errore di diritto e il connesso vizio della motivazione della sentenza impugnata che ha escluso che l’omesso invio alla contribuente del c.d. avviso bonario, L. n. 212 del 2000, ex art. 6, comma 5, determini l’illegittimità della cartella di pagamento;

3.1. il motivo è infondato;

3.1.1. nella specie, invero, l’Amministrazione finanziaria non era obbligata a provocare il contraddittorio preventivo con la contribuente, mediante l’invito a fornire chiarimenti o a produrre i documenti mancanti, come prescritto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5, prima dell’iscrizione a ruolo della pretesa tributaria, in quanto – la circostanza non è contestata – il controllo automatizzato ex citato art. 36-bis, aveva rilevato (semplicemente) l’omesso versamento, da parte dell’obbligata, degli importi risultanti dalla sua dichiarazione dei redditi che non è stata neppure rettificata;

4. con il quarto (complesso) motivo si criticano l’errore di diritto e il connesso vizio dello sviluppo argomentativo della decisione della CTR che, disattendendo le specifiche eccezioni della contribuente: a) avrebbe ritenuto la cartella sufficientemente motivata; b) avrebbe ravvisato la legittimità della cartella pur in assenza dell’indicazione del responsabile del procedimento; c) avrebbe reputato legittima la cartella priva di sottoscrizione;

4.1. la censura sub a (del complesso motivo) è inammissibile;

4.1.1. nel giudizio tributario, in base al principio d’autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una Commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento (nella specie, risultante “per relationem” ad un processo verbale di constatazione) è necessario, a pena d’inammissibilità, che il ricorso ne riporti testualmente i passi che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentirne la verifica esclusivamente in base al ricorso medesimo, essendo il predetto avviso non un atto processuale, bensì amministrativo, la cui legittimità è necessariamente integrata dalla motivazione dei presupposti di fatto e dalle ragioni giuridiche poste a suo fondamento (Cass. 19/04/2013, n. 9536);

il principio, espresso dalla Corte in tema di motivazione dell’avviso di accertamento ed applicabile anche alla sintetica motivazione della cartella esattoriale, comporta l’inammissibilità del motivo di ricorso che, deducendo la carenza argomentativa dell’atto impositivo, non ne riporti il contenuto in maniera completa, in modo da consentirne l’esame;

4.2. la censura sub b (del complesso motivo) è infondata;

4.2.1. la statuizione della CTR – che ha premesso che la cartella è stata notificata il 22/05/2008 e che, quindi, il ruolo era stato consegnato in data anteriore al 1/06/2008 -, che ha disatteso il rilievo della contribuente circa la nullità della cartella per omessa indicazione del responsabile del procedimento, si muove entro il binario tracciato dalla pacifica giurisprudenza della Corte, al quale il Collegio intende aderire, che ha avuto modo di precisare che: “L’indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell’Amministrazione finanziaria non è richiesta, dalla L. n. 212 del 2000, art. 7,a pena di nullità, in quanto tale sanzione è stata introdotta per le cartelle di pagamento dal D.L. n. 248 del 2007, art. 36,comma 4-ter, conv., con modif., dalla L. n. 31 del 2008, applicabile soltanto alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008” (Cass. sez. un. 14/05/2010, n. 11722; Cass. 12/05/2017, n. 11856);

per di più la Corte costituzionale, con sentenza n. 58/2009, ha disatteso i rilievi d’incostituzionalità delle disposizioni normative che prevedono la necessità di tale adempimento, a pena di nullità, esclusivamente con riferimento alle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1/06/2008;

4.3. la censura sub c (del complesso motivo) è infondata;

4.3.1. in tema di riscossione delle imposte sul reddito, l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, tanto più che, a norma del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice (Cass. 5/12/2014, n. 25773);

5. ne consegue il rigetto del ricorso;

6. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; condanna la contribuente a pagare all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, liquidandole in Euro 3.600,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 31 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2018

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