Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30796 del 28/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 28/11/2018, (ud. 31/10/2018, dep. 28/11/2018), n.30796

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. BERNAZZANI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14213/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

COS.ME SRL IN LIQUIDAZIONE (già COS.ME SPA), rappresentata e difesa

dall’avv. Pasquale Russo e dall’avv. Attilio R. Gastaldello,

elettivamente domiciliata in Roma, in viale Bruno Buozzi n. 102,

presso lo studio dell’avv. Guglielmo Fransoni.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Veneto, sezione n. 15, n. 50/15/12, pronunciata il 27/02/2012,

depositata il 12/03/2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 ottobre

2018 dal Consigliere Riccardo Guida.

Fatto

RILEVATO

che:

1. il 21/04/2010 l’Agente per la riscossione notificò a Cos.Me Spa una cartella di pagamento recante maggiore IRES, per l’anno d’imposta 2006, oltre agli interesse e alle sanzioni, conseguente ad un controllo automatizzato, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, riguardante la dichiarazione del Modello CNM (consolidato nazionale e mondiale) 2007, della società che, titolare di una partecipazione totalitaria in Cos.Me Due Srl, aveva aderito (con la consolidata) al CNM per gli anni 2004, 2005, 2006;

era accaduto che, per l’anno d’imposta 2005, la Cos.Me Spa avesse erroneamente indicato, nel rigo RF63, del proprio Modello Unico SC 2006, la perdita di Euro 70.913,00, anzichè la perdita (effettiva) di Euro 173.197,00;

la procedura automatizzata aveva, quindi, emendato il Modello CNM 2006 (che, invece, recava la perdita effettiva ed era, pertanto, corretto) riportando le passività annotate dalle due società nelle rispettive dichiarazioni individuali; l’effetto della riduzione della perdita (della consolidante), relativa all’annualità 2005, aveva determinato la ricostruzione, da parte del sistema centralizzato, di un maggiore reddito imponibile rispetto al dichiarato, per l’annualità 2006 e, dunque, una imposta maggiore di quella dichiarata e versata dalla società;

la contribuente impugnò la cartella di pagamento dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Verona che respinse il ricorso;

2. tale pronuncia è stata riformata dalla Commissione regionale del Veneto (in seguito: CTR), con la sentenza in epigrafe che ha annullato la cartella di pagamento;

la CTR ha ritenuto che: a) la dichiarazione dell’anno 2005 era errata nell’indicazione delle perdite, mentre la contribuente sosteneva che il Modello CNM dello stesso anno recasse la perdita corretta, conforme alle risultanze di bilancio; b) a prescindere dall’inosservanza, dedotta dall’Ufficio, dei termini perentori di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8-bis, per la presentazione di dichiarazioni integrative, volte ad emendare eventuali errori, in ogni caso è pacifico che: “un errore in una dichiarazione non deve essere necessariamente trascinato in tutte le dichiarazioni successive” (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata); inoltre, la dichiarazione individuale per l’annualità 2006 era corretta; b) “Il termine di cui all’art. 2 citato, impregiudicata ogni questione inerente ai limiti della sua applicabilità, non può ritenersi esteso a tal punto da doversi applicare anche in relazione ad un atto non errato, che, quindi, non dovrebbe nemmeno essere emendato, onde evitare la conseguenza del tutto aberrante di voler estendere a dismisura l’efficacia di un limite (a diritti di rango costituzionale) alla rettifica di una dichiarazione di scienza, come detto, anche a dichiarazioni che nemmeno dovrebbero essere corrette.” (ibidem);

3. per la cassazione ricorre l’Agenzia delle entrate, sulla base di un unico motivo; la contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia denuncia la violazione o la falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, e del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8-bis, anche in combinato disposto con il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 118, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, poichè la CTR avrebbe ritenuto irrilevante l’errore commesso dalla contribuente nel proprio Modello Unico 2006 (redditi 2005), attribuendo valore decisivo alla circostanza che il Modello CNM, per lo stesso anno, fosse corretto e conforme al bilancio depositato; assume che l’attenzione del giudice d’appello si è focalizzata su elementi di fatto irrilevanti in quanto, per rimediare all’errore commesso e alla situazione emersa in sede di controllo automatizzato del Modello CNM 2006, la società avrebbe dovuto attivarsi correggendo il proprio Modello Unico SC 2006, secondo le modalità e nel rispetto del termine decadenziale di cui all’art. 2 cit., mentre, invece, non aveva mai presentato una dichiarazione integrativa, nè del Modello Unico SC 2006, nè del Modello CNM 2006;

1.1. il motivo è infondato;

1.1.1. in disparte il rilievo circa la prospettabile inammissibilità della doglianza, che non si misura con la ratio decidendi della pronuncia d’appello, nella quale la corretta annotazione della perdita nel Modello CNM 2006 rappresenta esclusivamente un inciso dell’articolato percorso argomentativo che, preme evidenziarlo, è incentrato sul profilo, d’ordire sostanziale, secondo cui il rimedio della presentazione di una dichiarazione integrativa, per correggere eventuali errori commessi dal contribuente, entro il termine decadenziale del citato art. 2, non può applicarsi, estensivamente, ad una dichiarazione pacificamente “non errata”, quale era, nella specie, la dichiarazione individuale Modello Unico SC 2007;

il ragionamento della CTR che, in sintesi, riconosce la legittimità della contestazione, da parte della contribuente, della pretesa tributaria, è conforme all’indirizzo espresso dalle Sezioni unite di questa Corte (Cass. Sez. un. 30/06/2016, n. 13378) che, occupandosi del tema del decidere, hanno avuto modo di stabilire che: “In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, se diretta ad evitare un danno per la P.A. (D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria”;

le Sezioni unite ritengono che il sistema normativo derivante dall’introduzione dei commi 8 e 8-bis consente di distinguere, nell’ambito dell’art. 2, i limiti e l’oggetto delle rispettive dichiarazioni integrative, nel senso, precisamente, che la correzione di errori od omissioni in danno della P.A. sono emendabili non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, mentre gli errori o le omissioni in danno del contribuente possono, di contro, essere emendati non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, portando in compensazione il credito eventualmente risultante;

la natura giuridica della dichiarazione fiscale, quale mera esternazione di scienza, il principio di capacità contributiva dell’art. 53 Cost., il disposto dell’art. 10 dello Statuto del contribuente – secondo cui i rapporti tra contribuente e fisco sono improntati al principio di collaborazione e buona fede – nonchè il diverso piano sul quale operano le norme in materia di accertamento e riscossione, rispetto a quelle che governano il processo tributario, comportano, poi, l’inapplicabilità, in tale sede, delle decadenze prescritte per la sola fase amministrativa;

deve, pertanto, riconoscersi al contribuente la possibilità, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal fisco anche con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato – allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine (decadenziale) di cui al citato art. 2;

2. le considerazioni che precedono comportano il rigetto del ricorso;

3. le spese del giudizio di legittimità vanno compensate, tra le parti, sia perchè la lite è sorta in seguito ad un errore nella dichiarazione dei redditi della contribuente, sia perchè l’orientamento giurisprudenziale da cui è dipesa la soluzione della controversia è maturato successivamente al giudizio d’appello.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso; compensa, tra le parti, le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 31 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2018

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