Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30790 del 26/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 26/11/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 26/11/2019), n.30790

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in Roma, viale Umberto

Tupini 113 presso lo studio dell’Avv. Nicola Corbo che lo

rappresenta e difende, per procura in calce al ricorso.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso gli

Uffici dell’Avvocatura Generale di Stato dalla quale è

rappresentato e difeso.

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 2427/9/14 della Commissione

tributaria regionale del Lazio, depositata in data 11 aprile 2014.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24 settembre 2019 dal relatore Cons. Roberta Crucitti.

Fatto

RILEVATO

che:

nella controversia originata dall’impugnazione da parte di S.G. di avviso di accertamento, originato da indagini bancarie, e relativo a Irpef dell’anno 2005, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio (d’ora in poi, per brevità, C.T.R.), con la sentenza indicata in epigrafe, in accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, riformava integralmente la decisione di primo grado che aveva, invece, accolto il ricorso proposto dal contribuente, annullando l’atto impositivo; in particolare, il Giudice di appello riteneva legittimo l’operato dell’Amministrazione finanziaria, fondato sulla presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, mentre il contribuente non aveva fornito alcuna prova contraria, non potendosi a tal fine considerare idonea la documentazione prodotta al fine di giustificare le movimentazioni bancarie, quali restituzione del finanziamento erogato alla società S.K.S. s.r.l.;

avverso la sentenza S.G. propone ricorso, affidato a tre motivi, cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate;

il ricorso è stato avviato per la trattazione, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., in camera di consiglio, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1 con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione di legge (art. 2719 c.c., artt. 214 e 215 c.p.c., del D.Lgs. n. 547 del 1992, artt. 1, 22 e 57, e di ogni altra norma e principio in materia di efficacia probatoria della fotocopia e del suo disconoscimento) in cui sarebbe incorsa la C.T.R. nel non ritenere prova idonea la produzione documentale effettuata dal contribuente in fotocopia, senza che l’Agenzia delle entrate ne avesse disconosciuto, tempestivamente in primo grado, la conformità all’originale;

1.1 la censura è inammissibile per più ordini di ragioni;

in primo luogo il vizio, cosi come illustrato, avrebbe dovuto essere articolato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, prospettandosi, nella sostanza, un presunto error in procedendo in cui sarebbe incorsa la Commissione di secondo grado;

in secondo luogo, il mezzo di impugnazione difetta in specificità laddove non riporta (neppure per stralci idonei allo scopo), in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, gli atti processuali dai quali sarebbe evincibile il mancato disconoscimento da parte dell’Amministrazione finanziaria;

ancor prima, però, il mezzo è inammissibile non attingendo l’effettiva ratio decidendi sulla quale è fondata la sentenza impugnata ovvero l’idoneità del documento (sia pure prodotto in fotocopia) a costituire prova sufficiente al fine di vincere le presunzioni derivanti dagli accertamenti bancari, laddove erano stati forniti, in atti, elementi presuntivi di segno contrario (quali la mancanza di esibizione dei mastrini della Società e la circostanza che gli assegni emessi dalla Società e versati sul conto corrente del contribuente fossero stati firmati dallo stesso S., malgrado lo stesso non ne fosse legale rappresentante o socio);

2 con il secondo motivo – rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 2687 c.c. e ss, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, e di ogni altra norma e principio in materia di onere della prova in generale ed in particolare nell’ambito del procedimento di accertamento tributario, anche induttivo – si deduce l’errore logico di cui sarebbe affetta la sentenza impugnata, laddove non era comprensibile come l’essere socio di società diverse da quelle dalla quale provenivano gli assegni versati, potesse giustificare l’imputazione a reddito da capitale di detti importi e ciò malgrado il contribuente avesse soddisfatto ogni richiesta dell’Ufficio esibendo la documentazione richiesta;

2.1. dall’inammissibilità del primo motivo di ricorso discende l’inammissibilità anche di tale censura, anch’essa per inconferenza con il decisum laddove la ratio su cui si fonda la decisione impugnata è diversa da quella prospettata e l’argomentazione attinta dal motivo di ricorso, in realtà, riproduce la tesi difensiva dell’Agenzia delle Entrate che la C.T.R. ritiene condivisibile anche sulla base di altre argomentazioni e elementi di prova;

3 con il terzo motivo, infine, si reitera la violazione e la falsa applicazione delle norme invocate con il motivo precedente sotto il diverso profilo costituito dell’erronea applicazione al caso di specie delle disposizioni del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, secondo e terzo periodo, e art. 41.

Si censura, in sostanza, la C.T.R. per avere affermato che tali norme integrino una presunzione legale relativa, in forza della quale l’Autorità fiscale sarebbe autorizzata a qualificare tout court come reddito i versamenti e i prelevamenti effettuati da un contribuente sul proprio conto corrente bancario, anche se non si tratti di un soggetto obbligato alla tenuta delle scritture contabili, perchè non svolge nè attività di impresa nè arte o professione;

in altri termini, secondo la prospettazione difensiva la presunzione legale relativa di cui al cit. art. 32, opererebbe solo nei confronti di chi esercita attività di impresa, arti e professioni, mentre, in assenza dell’esercizio di tali attività, come nel caso in specie, l’Agenzia delle entrate avrebbe dovuto supportare la ripresa a tassazione degli importi versati sul conto corrente bancario con elementi ulteriori rispetto a quelli emergenti dall’indagine bancaria, cosa che non aveva fatto nella specie con conseguente censurabilità della sentenza impugnata che aveva accolto l’appello proposto dall’Ufficio;

3.1 la censura è infondata. Per la giurisprudenza consolidata di questa Corte in materia (Cass. n. 1519 del 20.1.2017; Cass. n. 29572 del 16/11/2018) “in tema d’imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari giusto il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o da lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si ricava dal successivo art. 38, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche, che rinvia al cit. art. 32, comma 1, n. 2”;

in particolare, Cass. n. 1519/2017 citata, ha, condivisibilmente, chiarito che la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 2, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti come è reso palese dal richiamo, operato dal citato art. 32, anche al medesimo D.P.R., art. 38, riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche (attinente ad ogni tipologia di reddito di cui esse siano titolari). La presunzione legale in oggetto si articola secondo due diverse modalità, distintamente previste nel citato art. 32, comma 1, prima e seconda parte, secondo periodo: a) i “dati ed elementi” attinenti ai rapporti bancari possono essere utilizzati nei confronti di tutti i contribuenti destinatari di accertamenti previsti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 38,39,40 e 41, (persone fisiche, titolari di reddito determinato in base alle scritture contabili, redditi di soggetti diversi dalle persone fisiche, redditi accertati d’ufficio); b) la presunzione legale secondo cui i versamenti ed i prelevamenti sono considerati ricavi o compensi può essere utilizzata nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, soggetti all’obbligo di tenuta delle scritture contabili (con la correzione apportata dalla Corte Cost. con la sentenza n. 228 del 2014 che ha dichiarato l’illegittimità della presunzione di maggiori compensi desumibile dai prelevamenti effettuati dai titolari di reddito di lavoro autonomo). Mentre l’operazione bancaria di prelevamento conserva validità presuntiva nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, le operazioni bancarie di versamento hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia adempiendo l’onere di dimostrare che “ne hanno tenuto conto ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine”. (in senso conforme Cass. Sez. 5 n. 22514 del 2013 ha ritenuto “priva di qualsivoglia riscontro normativo” la limitazione dell’ambito applicativo degli accertamenti bancari ai soli soggetti esercenti attività di impresa, artistica o professionale);

3.2 nel caso in esame, l’Ufficio aveva contestato l’omessa dichiarazione dei redditi, per cui (in disparte i redditi da lavoro dipendente sui quali le imposte risultavano a suo tempo ritenute regolarmente) i versamenti riscontrati sono stati imputati dalla Agenzia delle Entrate (che ha individuato il contribuente quale titolare del reddito corrispondente qualificandolo, senza che a ciò fosse obbligata, reddito da capitale) quale elemento presuntivo di una maggiore capacità reddituale nel loro importo integrale;

ciò posto, risolta la questione agitata con il mezzo non sull’an della presunzione di una non dichiarata capacità reddituale (derivante da versamenti bancari) ma sul quantum in concreto contestato dall’Ufficio a tale titolo, era conseguentemente onere del contribuente fornire la prova contraria, e cioè che detti versamenti, in tutto o in parte, non avessero natura reddituale ma trovassero titolo in una diversa causale ovvero che si trattava di disponibilità reddituale esente da imposta;

nella specie, l’allegazione di tale diversa causale è stata dal contribuente ascritta a restituzione di un finanziamento ma, come sopra esposto, nessuna prova sufficiente è stata prodotta, idonea a giustificare, anche in parte, i detti versamenti bancari;

4 alla luce delle considerazioni sin qui svolte il ricorso va, pertanto, rigettato, con condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese processuali liquidate, in base al valore della controversia e dell’attività difensiva espletata, come in dispositivo.

5 ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 5.600,00 oltre spese prenotate a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019

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