Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30788 del 26/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 26/11/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 26/11/2019), n.30788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28214-2016 proposto da:

B.G., domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato MARCO ESPOSITO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE DOGANE UFFICIO DOGANE DI (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 3819/2015 della COMM. TRIB. REG. della

Campania SEZ. DIST. di SALERNO, depositata il 26/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/05/2019 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– B.G. impugnava la cartella di pagamento emessa a seguito di iscrizione a ruolo della pretesa tributaria avanzata con invito al pagamento dell’Agenzia delle Dogane – Ufficio di (OMISSIS), atto asseritamente mai notificato al ricorrente;

– la C.T.P. di Salerno respingeva il ricorso rilevando che l’Agenzia aveva prodotto relata di notifica dalla quale si evinceva che il pubblico ufficiale incaricato della notifica aveva tentato di procedere alla notifica dell’invito al pagamento a mani del B. e che quest’ultimo aveva rifiutato l’atto richiedendo che la notifica fosse eseguita a mezzo del servizio postale; conseguentemente, il rifiuto del destinatario di ricevere l’atto comportava il perfezionamento della notificazione ai sensi dell’art. 138 c.p.c.;

– la C.T.R. della Campania, con la sentenza n. 3819 del 26/4/2016, respingeva l’appello del B. affermando, in relazione alle censure dell’appellante, che “la (omessa) indicazione del luogo dell’avvenuta notificazione non costituisce ragione di invalidità della stessa le quante volte sia in concreto effettuata direttamente nelle mani del destinatario”, che la contestazione relativa alla legittimazione dell’agente notificatore ad eseguire la notifica costituiva nuovo motivo di censura (inammissibile in appello) e che “inammissibile deve ritenersi la querela formalizzata avverso la attestazione, da parte dell’agente notificatore, di aver vanamente tentato la consegna a mani, stante il rifiuto del destinatario: e ciò in quanto la circostanza che parte appellante, pur avendo avuto la possibilità di farlo in prime cure, non abbia proposto l’incidente processuale, con la conseguenza che questo non può essere ormai più introdotto se non a prezzo di un’indebita violazione del generale divieto di nova in appello”;

– avverso tale decisione B.G. propone ricorso per cassazione (affidato a quattro motivi), al quale resiste con controricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Col primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), degli artt. 138 e 148 c.p.c., nonchè nullità della sentenza (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), e vizio della motivazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per avere la C.T.R. ritenuto validamente eseguita la notificazione dell’atto presupposto alla cartella impugnata a mani del destinatario senza previa ricerca presso l’abitazione e nonostante la mancata indicazione del luogo di avvenuta notificazione.

2. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

In violazione dell’art. 366 c.p.c., il testo del ricorso è lacunoso perchè si omette di riportare o di trascrivere la relata di notificazione di cui il ricorrente assume l’invalidità.

In ogni caso, “la notifica di un atto a mani proprie del destinatario, ex art. 138 c.p.c., è sempre valida, a prescindere dalla circostanza che la consegna del piego non sia avvenuta nei luoghi ove essa deve essere effettuata, prevalendo il fatto che l’atto sia stato comunque ricevuto dal destinatario” (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 9527 del 18/04/2018, Rv. 648089-01) o da quest’ultimo rifiutato, restando irrilevanti i motivi del rifiuto (Cass., Sez. 6-3, Sentenza n. 23388 del 03/11/2014, Rv. 633178-01).

3. Col secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, per avere la C.T.R. considerato inammissibile la censura, avanzata per la prima volta in appello, relativa alla validità della notificazione, asseritamente eseguita da soggetto non abilitato, in quanto il predetto vizio era rilevabile ex officio.

4. Il motivo è infondato.

Difatti, il profilo di invalidità della notifica attinente al soggetto che l’ha eseguita – fondato su presupposti in fatto e di diritto differenti rispetto a quelli esposti in primo grado – è stato prospettato per la prima volta in appello in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, e, contrariamente agli assunti del ricorrente, la predetta censura non può costituire oggetto di rilievo officioso.

5. Col terzo motivo si deducono nullità della sentenza (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), e vizio della motivazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per avere la C.T.R. ritenuto inammissibile la querela di falso in quanto non proposta nel primo grado.

6. Ritiene il Collegio che la ragione posta a fondamento della statuizione della C.T.R. non sia corretta e che, tuttavia, tale erroneità non conduca alla cassazione della sentenza impugnata – il cui dispositivo è conforme al diritto – ma soltanto alla correzione della motivazione da parte della Corte di legittimità (art. 384 c.p.c.).

7. Infatti, la querela di falso può essere proposta “in qualunque stato e grado di giudizio, finchè la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato” (art. 221 c.p.c., comma 1), di talchè non può condividersi l’assunto della C.T.R. secondo cui la mancata proposizione in primo grado (pur possibile in base alle circostanze dedotte) determinerebbe la decadenza della parte.

La ragione di inammissibilità della querela di falso deve essere più propriamente rinvenuta nella carenza di giurisdizione del giudice tributario in ordine a tale accertamento pregiudiziale, demandato al giudice ordinario: dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, si evince che il processo tributario deve essere sospeso sino all’esito dell’accertamento compiuto in ordine alla querela di falso, purchè, però, essa sia ritualmente avanzata innanzi al giudice ordinario e non già al giudice tributario (al quale, dunque, non può nemmeno imputarsi il vizio di minuspetizione rispetto a tale incidente).

8. Il quarto motivo concerne l’invito al pagamento e si contestano l’erronea applicazione dell’art. 5 C.D.C., il difetto di rappresentanza dello spedizioniere doganale e la ritenuta responsabilità solidale dell’importatore.

9. Ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, il motivo è inammissibile, dato che lo stesso non riguarda la cartella impugnata, bensì l’atto presupposto, regolarmente notificato e avverso il quale non è stata proposta tempestiva impugnazione.

10. In conclusione, il ricorso è respinto.

Alla decisione fa seguito la condanna del ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente Agenzia, delle spese di questo giudizio di cassazione, le quali sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo secondo i parametri del D.M. Giustizia 8 marzo 2018, n. 37, (in proposito, e con riguardo all’applicabilità dei parametri fissati dal previgente D.M. n. 55 del 2014, Cass., Sez. 6-2, Sentenza n. 21205 del 19/10/2016, Rv. 641672-01).

11. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto, infine, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019

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