Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30786 del 26/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 26/11/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 26/11/2019), n.30786

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4867-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

BI KIRA SRL, domiciliato in ROMA P.ZZA CAVOUR presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli Avvocati

ALESSANDRO BIAMONTE, FRANCO IADANZA, ALFREDO IADANZA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 254/2013 della COMM. TRIB. REG. della

Campania, depositata il 01/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/05/2019 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– la Bi-Kira S.r.l. impugnava il diniego di rimborso di dazi doganali relativi a merce da rispedire all’estero per difformità rispetto alle pattuizioni contrattuali; previo accesso presso i locali della società, l’Agenzia delle Dogane – Ufficio di (OMISSIS) respingeva la richiesta di rimborso in quanto “i verbalizzanti evidenziavano la presenza dei fusti di plastica (contenente la merce importata) di misura e capacità diversa rispetto a quelli sdoganati, nonchè l’apertura di qualche fusto”;

– la C.T.P. di Napoli accoglieva il ricorso e la C.T.R. della Campania, con la sentenza n. 254/46/13 dell’1/7/2013, respingeva l’appello dell’Agenzia; in particolare, il giudice d’appello rilevava che “i funzionari, in sede di sopralluogo, hanno riscontrato che la merce non era riconoscibile come identica a quella importata, poichè al posto di n. 708 fusti da 43 kg. (come riportato nella bolletta), vi erano n. 65 fusti da 43 kg. e n. 150 fusti da 180 kg. Sul punto va condivisa la valutazione espressa in primo grado, secondo cui la ripartizione del prodotto in contenitori diversi da quelli originari, dovuta peraltro al lungo tempo di svolgimento della vicenda in esame, non inficia la sostanziale identità del prodotto importato, con la conseguenza che non è possibile negare il diritto alla riesportazione. Ed invero l’identità del prodotto, richiesto dal Reg. CEE n. 2913 del 1992, art. 238, non concerne anche le modalità di confezionamento e la circostanza che i beni siano fungibili non dimostra in sè che i prodotti contenuti nei fusti da 180 kg., siano diversi rispetto a quelli originariamente importati nei fusti da 43 kg. Sul punto il giudizio dell’Ufficio appare apodittico, non essendo offerti elementi congrui atti a dimostrare l’aliud pro alio alla base del diniego di rimborso”;

– avverso tale decisione l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli propone ricorso per cassazione (affidato a cinque motivi), al quale resiste con controricorso la Bi-Kira S.r.l..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Col primo motivo la ricorrente Agenzia deduce violazione e falsa applicazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), del Reg. CE n. 2913 del 1992, art. 238, per avere la C.T.R. erroneamente ritenuto che la merce (da riesportare con restituzione al mittente) fosse identica a quella importata, in quanto dalla stessa decisione impugnata ne emerge l’utilizzo.

2. Il motivo è fondato.

Il Reg. CE n. 2913 del 1992, art. 238, stabilisce che “Si procede al rimborso o allo sgravio dei dazi all’importazione quando venga accertato che l’importo contabilizzato di tali dazi riguarda merci vincolate al regime doganale considerato e rifiutate dall’importatore perchè, al momento di cui all’art. 67, risultavano difettose o non conformi alle clausole del contratto in esecuzione del quale era stata effettuata l’importazione… Il rimborso o lo sgravio dei dazi all’importazione è subordinato: a) alla condizione che le merci non siano state utilizzate, semprechè non sia stato necessario cominciare ad utilizzarle per accertarne la difettosità o la non conformità alle clausole del contratto…”.

I giudici di merito hanno affermato il diritto al rimborso dei dazi soltanto in base alla “sostanziale identità del prodotto importato”, non inficiata dalla collocazione in recipienti diversi da quelli originari, attività di per sè inidonea a determinare un’alterazione delle merci (funghi conservati).

Tuttavia, la C.T.R. ha omesso di verificare il rispetto delle condizioni a cui è subordinato il diritto al rimborso e, segnatamente, il mancato utilizzalo delle merci, il quale non dipende dalla ripartizione del prodotto in diversi contenitori, ma, piuttosto, dalla quantità di merce rinvenuta in sede di sopralluogo.

In altri termini, in base al Reg. CE n. 2913 del 1992, art. 238, il diritto al rimborso dei dazi è precluso dall’avvenuto utilizzo delle merci, che non consiste nella collocazione dei prodotti in recipienti differenti rispetto a quelli impiegati al momento dell’importazione, bensì nel loro effettivo impiego, desumibile da una riduzione quantitativa che non sia compatibile con l’accertamento della difettosità o della non conformità alle clausole del contratto.

3. Dall’accoglimento del motivo discende la cassazione della sentenza impugnata ma non occorre disporre il rinvio al giudice d’appello, poichè, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c..

Difatti, l’onere di provare la sussistenza dei requisiti per il rimborso dei dazi a norma del Reg. CE n. 2913 del 1992, art. 238, incombe sul contribuente; nella specie, però, la stessa C.T.R. rileva che nel corso dell’ispezione compiuta i funzionari dell’Agenzia avevano rilevato l’ammanco di 649 kg. di funghi (“al posto di n. 708 fusti da 43 kg. (come riportato nella bolletta), vi erano n. 65 fusti da 43 kg. e n. 150 fusti da 180 kg.”), incompatibile con un inizio di utilizzazione volto a constatare la difettosità della merce importata.

Conseguentemente, l’originario ricorso della Bi-Kira deve essere respinto.

4. Restano assorbiti gli ulteriori motivi del ricorso dell’Agenzia delle Dogane.

5. La società soccombente va condannata alla rifusione, in favore della ricorrente, delle spese sostenute per il giudizio di cassazione, le quali sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo secondo i vigenti parametri. Stante la parziale novità della questione esaminata si dispone la compensazione delle spese dei gradi di merito.

PQM

La Corte:

accoglie il primo motivo di ricorso;

dichiara assorbiti gli ulteriori motivi;

cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge l’originario ricorso della Bi-Kira S.r.l.;

condanna la Bi-Kira a rifondere all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.300,00, oltre a spese prenotate a debito;

compensa le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 novembre 2019

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