Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30785 del 28/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 28/11/2018, (ud. 25/10/2018, dep. 28/11/2018), n.30785

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M. G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19562-2011 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

TOLLO TRADE FRUITS s.r.l. in liquidazione in persona del suo legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa giusta delega in

atti dagli avv.ti Antonio La Pace e Severino D’Amore con domicilio

eletto presso quest’ultimo in Roma, viale Parioli n. 76;

– resistente –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Abruzzo, sez. distaccata di Pescara n. 115/09/11 depositata il

21/04/2011, notificata il 24 maggio 2011;

Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del

25/10/2018 dal consigliere Roberto Succio.

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza di cui sopra la Commissione Tributaria Regionale ha respinto l’appello dell’Amministrazione Finanziaria confermando la pronuncia di primo grado che ha statuito l’egittimità dell’avviso di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA 2003 a suo tempo impugnato;

– avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a due motivi; resiste con controricorso la società contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– va preliminarmente affrontata l’eccezione svolta in controricorso con la quale si sostiene l’inammissibilità del primo motivo, in quanto in ricorso l’Amministrazione Finanziaria non trascrive le fatture che si assumono “irregolari”;

– l’eccezione è infondata; parte ricorrente produce in questo grado di legittimità, sub n. 1 e nuovamente rispetto alla produzione di gradi di merito da parte della società contribuente, il PVC del 25 luglio 2006 che è riferito anche a tali fatture; può quindi procedersi legittimamente all’esame del ricorso;

– con il primo motivo si denuncia violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21 e art. 73, c.a lett. B), nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR illegittimamente ritenuto che la mancanza delle indicazioni in fattura relative alla quantità e al prezzo dei beni venduti su fatture corrispondenti al 90% del volume di affari debba essere considerata mera irregolarità formale, quindi inidonea a inficiare l’attendibilità della contabilità nel suo complesso;

– il secondo motivo censura la sentenza gravata per vizio motivazionale, in quanto il giudice toscano avrebbe illegittimamente sottovalutato, nel pervenire a decisione, senza darne conto, i fatti che comprovavano il disconoscimento da parte dell’Ufficio delle risultanze scritture contabili ritenute inattendibili; inoltre la CTR avrebbe altrettanto immotivatamente ritenuto inapplicabile al caso di specie la percentuale di ricarico adottata dall’Ufficio;

– è opportuno procedere dapprima all’esame del secondo motivo, dal momento che dal suo accoglimento, per le ragioni che si diranno, deriva all’assorbimento del primo;

– come questa Corte ha già ritenuto, (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 18695 del 13/07/2018; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 8923 del 11/04/2018), in tema di accertamento del reddito di impresa, ove la contabilità sia complessivamente inattendibile, è legittimo il ricorso al metodo analitico-induttivo, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, sulla base di elementi che consentano di accertare, in via presuntiva, maggiori ricavi;

– tali maggiori ricavi possono essere determinati calcolando la media aritmetica o quella ponderata dei ricarichi sulle vendite; (nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha ritenuto erroneo l’utilizzo, da parte dell’Amministrazione finanziaria, del criterio aritmetico semplice per il calcolo del margine di ricarico sui beni venduti tanto al dettaglio quanto all’ingrosso, avendo gli stessi differenti percentuali di ricarico);

– ne deriva che nel presente caso l’utilizzo della percentuale di ricarico è legittimo, anche in quanto l’Ufficio ha preso le mosse per la sua determinazione dalla documentazione del contribuente, per quanto inattendibile; inoltre del tutto irrilevante risulta l’evento della messa in liquidazione (che certo quindi non può valere come causa di esclusione e neppure come elemento di ridimensionamento della ridetta percentuale e quindi della pretesa dell’Amministrazione Finanziaria) in quanto esso si è verificato (ed è pacifico anche in controricorso) nel 2006, vale a dire tre anni dopo il 2003, periodo d’imposta accertato;

– infine, rileva la Corte come la stessa, con sentenza n. 14291/2014, abbia statuito in identico modo nella controversia tra le stesse parti relativa all’anno d’imposta 2004;

– conseguentemente va accolto il secondo motivo, con dichiarazione di assorbimento del primo nel secondo.

P.Q.M.

accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara assorbito il primo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo, sez. staccata di Pescara in diversa composizione, che provvederà anche quanto alle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 25 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2018

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