Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30781 del 29/10/2021

Cassazione civile sez. II, 29/10/2021, (ud. 22/06/2021, dep. 29/10/2021), n.30781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24677-2016 proposto da:

L.F., N.O., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DELLE MILIZIE 1, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO VOLANTI,

che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANDREA ROSSI

TORTAROLO, GIUSEPPE BELLIENI, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

P.M., V.M., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA TOSCANA 10, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO RIZZO,

che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANNA MARIA

PANFILI, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 771/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 13/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

La Corte:

 

Fatto

OSSERVA

V.M. e P.M. convenivano in giudizio N.O. e L.F. chiedendo, in via principale, che fosse dichiarato che la copertura dell’edificio, costituito da due unità immobiliari (un appartamento, acquistato nel 2002 da V.M. e B.A., e un magazzino, acquistato, sempre nel 2002, con separato atto, da altri, con accesso dalla (OMISSIS), rispettivamente ai numeri civici (OMISSIS)) era di loro esclusiva proprietà, con declaratoria delle pertinenti facoltà; nonché che fosse accertata l’esistenza di una servitù a vantaggio del loro immobile e a carico di quello dei convenuti, per destinazione del padre di famiglia, “avente ad oggetto il mantenimento della canna fumaria, con relativo diritto di acceder periodicamente o in caso di necessità attraverso l’appartamento (della controparte) a tale canna fumaria, per la sua ispezione e manutenzione”.

I convenuti, a loro volta, avevano introdotto analoga, ma contrapposta, causa, chiedendo che il lastrico fosse dichiarato di loro esclusiva proprietà, in quanto pertinenza del loro appartamento, ciò per usucapione, per “destinazione d’uso” o, comunque, per “diritto minore”. Domanda che riproponevano in via riconvenzionale nel giudizio instaurato dalla V. e dal P..

A loro volta, quest’ultimi si costituivano nel processo incoato dalla N. e dal L. riproponendo, in via riconvenzionale, le loro domande.

Il Tribunale di Genova, riunite le cause, accolse la domanda di V.M. e P.M..

La Corte d’appello di Genova rigettò l’impugnazione di N.O. e L.F..

Sia pure in estrema sintesi e per quel che qui può interessare è opportuno riportare la ricostruzione della Corte territoriale.

La V. e il P. avevano esposto che le due unità immobiliari da loro acquistate, l’una soprastante l’altra, costituivano l’intero edificio, pur avendo due separati accessi civici. L’immobile era stato costruito negli anni Trenta del secolo scorso per essere adibito ad attività produttiva, in relazione alla quale era stato impiantato un forno essiccatore, con relativa canna fumaria, che, tutt’ora esistente, s’incanalava nelle canne fumarie di altro limitrofo edificio, sempre in capo alla medesima proprietà. Per disposizione dell’autorità era stato necessario predisporre un passaggio di servizio, costituito da una scaletta che “attraverso un appartamento del retrostante edificio (…) consentisse l’accesso alla copertura dell’intero antistante edificio, per l’ispezione e la manutenzione delle canne fumarie”.

Gli odierni controricorrenti, ex art. 117 c.c., in assenza di contrario titolo, erano proprietari del lastrico solare di copertura del loro immobile.

Il lastrico in parola non era passato in proprietà al L. e alla N., i quali, nel 1987, avevano acquistato l’appartamento; né lo avrebbero potuto usucapire poiché solo dal 1987 avrebbero potuto possederlo, cioè dall’acquisto dell’appartamento predetto, con ingresso da (OMISSIS), poiché fino ad allora erano meri locatari, assume la decisione, “l’animus che caratterizzava il potere di fatto esercitato sul terrazzo non poteva quindi essere diverso da quello che caratterizzava il potere di fatto sull’appartamento”.

La passerella e i tre scalini, che mettevano in comunicazione l’appartamento dei L./ N. con il lastrico non apparivano destinati univocamente all’esercizio di una servitù d’uso del terrazzo, il quale non aveva le caratteristiche della praticabilità, ma di mero lastrico e, per contro, il manufatto in parola svolgeva la funzione di permettere l’ispezione e la manutenzione della canna fumaria, funzione, questa, avente carattere di servitù per destinazione del padre di famiglia.

Avverso la sentenza d’appello gli insoddisfatti appellanti ricorrono sulla base di cinque motivi. Gli intimati resistono con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Con il complesso censuratorio, frazionato in cinque motivi, i ricorrenti, denunziando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2967,1030,1031,1067,1068,1117,1141,1158 c.c., art. 115 c.p.c., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, lamentano, in sintesi, quanto segue:

– “Il Tribunale non si era reso conto che sulle servitù reciproche e sulla loro genesi (per destinazione del padre di famiglia) non vi era disaccordo”;

– i L./ N. “non sarebbero (stati) liberi di lasciare sine die la loro abitazione”, dovendo restare, secondo la decisione, a disposizione della controparte, al fine di consentirne l’esercizio della servitù;

– la servitù andava intesa come stabilita su entrambi i fondi, ai sensi dell’art. 1030 c.c.;

– la sentenza non era fondata sulle emergenze di causa, in violazione dell’art. 115 c.p.c.;

– il possesso del terrazzo da parte dei ricorrenti era iniziato nel 1972 per mano loro o, comunque, del loro locatore;

– il contratto di locazione non escludeva l’utilizzo del terrazzo;

– era stato omesso l’esame di una raccomandata del luglio del 1987, con la quale si contestava (a loro e al loro locatore) la violazione del regolamento condominiale, così riconoscendosi loro la titolarità del terrazzo;

– infine, la sentenza era, nel suo complesso, sorretta da motivazione apparente e illogica.

La critica, nel suo insieme impropriamente diretta al riesame del vaglio di merito, è inammissibile per il concorrere delle plurime ragioni di cui appresso, anche a voler reputare che il riferimento al Tribunale, invece che alla Corte d’appello possa attribuirsi a un mero errore materiale. Proprio perciò, applicato il principio della “ragione più liquida” (cfr., ex multis, Cass. sez. U. n. 26373 del 2008; sez. U, n. 6826 del 2010; Sez. 2, n. 2723 del 2010; Sez. 3, n. 15106 del 2013; sez. U, n. 23542 del 2015) risulta superfluo prender in esame l’eccezione d’improcedibilità del ricorso avanzata con la memoria dai controricorrenti, sul presupposto che la copia autentica della sentenza impugnata, corredata dalla relata di notifica, fosse stata depositata tardivamente.

Il ricorso invoca un improprio accertamento di merito da parte di questa Corte sulla base, peraltro, di una congetturata situazione di fatto non conoscibile in questa sede (difetto di specificità per mancanza di autosufficienza). Lamenta, inoltre, al di là delle considerazioni di cui appresso, l’omesso esame di un documento, in questa sede inconoscibile, del quale non è specificato in quale sede processuale fosse stato sottoposto al dibattito.

Nella sostanza, peraltro neppure efficacemente dissimulata, l’insieme delle doglianze investe inammissibilmente l’apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito, in questa sede non sindacabile, neppure attraverso l’escamotage dell’evocazione dell’art. 115 c.p.c., in quanto, come noto, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito (cfr., da ultimo, Sez. 6, n. 27000, 27/12/2016, Rv. 642299).

I ricorrenti propongono censura della motivazione, in spregio al contenuto dell’art. 360 c.p.c., n. 5, siccome novellato nel 2012, il quale consente il ricorso solo in presenza di omissione della motivazione su un punto controverso e decisivo (dovendosi assimilare alla vera e propria omissione le ipotesi di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione) – S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6, n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914), omissione che qui non si rileva affatto, siccome si trae inequivocamente da quanto sopra riportato, che fa escludere la ipotesi di una giustificazione motivazionale meramente apparente.

La denunzia di violazione di legge non determina, per ciò stesso, nel giudizio di legittimità lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (da ultimo, S.U. n. 25573, 12/11/2020, Rv. 659459).

Ne’, la denunzia in parola può essere sorretta da una prospettazione astratta e meramente congetturale, priva di attuale concretezza. Così è per il paventato intollerabile asservimento, che costringerebbe i ricorrenti a stare sempre in casa, pronti ad assecondare le richieste di passaggio dei proprietari del fondo servito: è evidente che la servitù deve esercitarsi secondo il titolo (e qui, la “destinazione del padre di famiglia”, unico originario proprietario, aveva lo scopo esclusivo di consentire l’accesso, ovviamente sporadico, per la manutenzione e l’ispezione della canna fumaria, non già per usufruire in altro modo del lastrico non praticabile). Ove mai sorgesse conflitto soccorrerebbe l’art. 1065 c.c.

Siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”.

I ricorrenti vanno condannati a rimborsare le spese in favore dei controricorrenti, tenuto conto del valore, della qualità della causa e delle attività svolte, siccome in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore dei controricorrenti in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 ottobre 2021

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