Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30781 del 22/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30781 Anno 2017
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: TATANGELO AUGUSTO

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 24895

del ruolo generale

dell’anno 2016, proposto
da
DI SEGNI Alessia (C.F.: DSG LSS 81L58 H501T)
rappresentata e difesa dall’avvocato Stefano Segarelli (C.F.:
SGR SFN 62L31 H501K)
-ricorrentenei confronti di
AZIENDA TERRITORIALE PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA — A.T.E.R. di Roma Capitale (C.F.:
00410700587), in persona del Direttore Generale, legale rappresentante pro tempore
rappresentato e difeso dall’avvocato Edmonda Rolli (C.F.: RLL
DND 57H70 H501K)
-controricorrenteper la cassazione della sentenza della Corte di appello di Ro-

ma n. 2486/2016, pubblicata in data 19 aprile 2016;
udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio
in data 15 novembre 2017 dal consigliere Augusto Tatangelo;
Fatti di causa

Alessia Di Segni, in sede di opposizione ad un decreto di rilascio dell’ATER di Roma, ha chiesto l’accertamento del suo diritto di subentrare nel contratto di locazione relativo ad un alloggio di edilizia residenziale pubblica di cui era originario asRic. n. 24895/2016 – Sez. 6-3 – Ad. 15 novembre 2017 – Ordinanza – Pagina 1 di 5

Data pubblicazione: 22/12/2017

segnatario il nonno Umberto Di Segni, deceduto in data 3 ot- tobre 2008.
La predetta domanda è stata rigettata dal Tribunale di Roma.
La Corte di Appello di Roma ha confermato la decisione di
primo grado.
Ricorre la Di Segni, sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso l’ATER di Roma.

cazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato manifestamente infondato.
È stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il
decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.
Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma
semplificata.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia «violazione o
falsa applicazione di norme di diritto art. 360 c.p.c. comma
III».

Il motivo è in parte inammissibile ed in parte manifestamente
infondato.
È inammissibile nella parte in cui la ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione di norme di diritto senza indicare le
specifiche disposizioni di legge in assunto violate, limitandosi
a dedurre che sussisterebbe un «contrasto tra le normative
art. 12 della L.R. n. 12/99 e quello della L.R. 14/2008», ma

omettendo di chiarire quale sarebbe la specifica disposizione
che la corte di appello avrebbe violato nel ritenerla priva dei
requisiti per subentrare nella posizione contrattuale del nonno
deceduto quale assegnataria dell’alloggio di edilizia residenziale pubblica occupato, e i motivi per_cui sussisterebbe una siffatta violazione.
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È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in appli-

È altresì inammissibile, laddove la medesima ricorrente sostiene che il proprio inserimento nel nucleo familiare
dell’originario conduttore ed il proprio diritto di subentrare a
quest’ultimo nel contratto di locazione discenderebbero da un
implicito riconoscimento dell’azienda locatrice, la quale avrebbe tenuto conto del suo reddito nella determinazione del canone di locazione.

menti di fatto e che non risulta in alcun modo affrontata nella
sentenza impugnata, senza che sia precisato in quale atto e in
quale fase del giudizio di merito sarebbe stata posta: tale
questione va quindi considerata nuova e come tale non ammissibile nella presente fase del giudizio.
Il motivo è comunque manifestamente infondato nel merito.
Il giudice di appello ha fatto corretta applicazione della disciplina prevista dalla legge della Regione Lazio 6 agosto 1999 n.
12, il cui art. 12, comma 1, consente il subentro
nell’assegnazione dell’alloggio ai «componenti del nucleo familiare di cui all’articolo 11, comma 5, originariamente assegna-tarlo o ampliato ai sensi del comma 4, secondo l’ordine stabilito nel citato articolo 11, comma 5». Il comma 5 dell’art. 11

concerne infatti esclusivamente il nucleo familiare

«origina-

riamente assegnatario» (nel quale è pacifico non rientrasse la

ricorrente, come del resto essa stessa ammette nel ricorso,
laddove precisa che all’epoca aveva solo quattro anni e viveva
altrove con i propri genitori), mentre i casi di ampliamento
dello stesso nucleo sono disciplinati dal comma 4 dell’art. 12,
il quale non contempla i discendenti quali soggetti aventi diritto al subentro nell’alloggio (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n.
16039 del 02/08/2016, Rv. 641670 – 01).
L’insussistenza dei presupposti di legge per l’insorgenza del
diritto al subentro in favore della ricorrente costituisce del resto – lo si osserva a soli fini di completezza espositiva Ric. n. 24895/2016 – Sez. 6-3 – Ad. 15 novembre 2017 – Ordinanza – Pagina 3 di 5

Si tratta di una questione che evidentemente implica accerta-

circostanza dirimente anche rispetto all’accertamento di una
eventuale procedura di ampliamento del- nucleo familiare e di
una eventuale accettazione per facta coricludentia della relativa domanda.
2. Con il secondo motivo si denunzia•«violazione per omesso
esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c.
n. 5».

Per quanto riguarda il documento di cui si lamenta l’omessa
considerazione (lettera del 22 maggio 2000 in cui l’istituto diffida la ricorrente a lasciare l’alloggio, in quanto ‘oggetto di cessione abusiva parziale) non viene in alcun modo chiarito il motivo per cui esso avrebbe rilievo decisivo ai fini del giudizio.
Per il resto, la doglianza riguarda semplicemente l’omessa
considerazione di precedenti giurisprudenziali di merito su casi
analoghi che si assumono orientati in senso favorevole alla ricorrente, questione evidentemente del tutto estranea alla
censura prevista dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c..
3. Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base
del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente
al termine previsto dall’art. 1, co. 18, della legge n. 228 del
2012, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui
all’art. 13, co. 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, introdotto
dall’art. 1, co. 17, della citata legge n. 228 del 2012.
per questi motivi
La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di
legittimità in favore dell’azienda controricorrente, liquidandole in complessivi C 6.000,00, oltre C 200,00 per
esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.

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Il motivo è inammissibile.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del
2002, inserito- dall’art 4 1, comma 17, della legge n. 228 del
2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, in data 15 novembre 2017.

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