Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30780 del 28/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 28/11/2018, (ud. 01/10/2018, dep. 28/11/2018), n.30780

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. PACILLI Giuseppina Anna Rosaria – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 946-2012 proposto da:

P.B., elettivamente domiciliata in ROMA, presso lo studio

degli Avvocati FABIO MARCHETTI e ALFONSO PAPA MALATESTA, che la

rappresentano e difendono giusta procura estesa a margine del

ricorso.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elettivamente

domiciliata in ROMA, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che

la rappresenta e difende ope legis.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 152/32/2010 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 23.11.2010, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’1.10.2018 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. T. Basile, che ha chiesto l’accoglimento

del ricorso.

Fatto

RILEVATO

CHE

P.B. ricorre per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva accolto l’appello dell’Ufficio Finanziario avverso la sentenza n. 29/5/2009 della Commissione Tributaria Provinciale di Varese, che aveva accolto i ricorsi, riuniti, proposti dalla contribuente avverso gli avvisi di accertamenti IRPEF, annualità 2000-2001-2002, con rettifica delle imposte, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 5, per maggiori redditi derivanti dall’acquisto, da parte della contribuente, di quote della società Agraria Montemartino di B.G. e C. S.a.s., di proprietà della figlia B.G., con atto pubblico stipulato in data 7.4.2003;

la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;

con il primo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e falsa applicazione di norme di diritto… in relazione agli artt. 1414 e 1417 c.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 5, art. 53 Cost.” per “piena validità ed efficacia probatoria della scrittura privata del 7 aprile 2003 – omessa valutazione della simulazione di quietanza di pagamento – insussistenza dell’effettivo pagamento del prezzo di cessione delle quote sociali”;

con il secondo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “insufficiente ed erronea motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, per avere la CTR negato “che la scrittura privata sottoscritta in data 7 aprile 2003 tra la ricorrente e la figlia … po(tesse)… avere alcuna validità al fine di provare che il prezzo relativo alla cessione delle quote oggetto del contratto concluso tra le stesse in pari data non…(era)… mai stato pagato”;

con il terzo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e falsa applicazione di norme di diritto.. in relazione all’art. 24 Cost.” per “richiesta di prova impossibile violazione del diritto di difesa in giudizio”;

l’Agenzia delle Entrate si è costituita deducendo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso;

la contribuente ha infine depositato memorie ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. i motivi di ricorso, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto strettamente connessi, sono infondati per le considerazioni di seguito illustrate;

1.2. questa Corte ha già avuto modo di affermare (cfr. Cass. n. 8665/2002 e le successive fino a n. 1329/2018) che, in materia di accertamento dell’imposta sui redditi ed al fine della determinazione sintetica del reddito annuale complessivo, secondo la previsione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, la sottoscrizione di un atto pubblico, come una compravendita, contenente la dichiarazione di pagamento di una somma di denaro da parte del contribuente, può costituire elemento sulla cui base determinare induttivamente il reddito da quello posseduto, in base all’applicazione di presunzioni semplici, che l’ufficio finanziario è legittimato ad applicare per l’accertamento sintetico, risalendo dal fatto noto e quello ignoto, senza che possa ravvisarsi, nella disposizione che consente l’esercizio di tale potere, una violazione del principio costituzionale della capacità contributiva, di cui all’art. 53 Cost.; in tale caso, infatti, è sempre consentita, anche se a carico del contribuente, la prova contraria in ordine al fatto che manca del tutto una disponibilità patrimoniale, essendo questa meramente apparente, per avere, l’atto stipulato, in ragione della sua natura simulata, una causa gratuita anzichè quella onerosa apparente;

1.3. nel caso di specie è tuttavia mancata l’esaustiva prova contraria, non essendo stato offerto alcun idoneo elemento da cui dedurre la simulazione della compravendita, posto che, come correttamente affermato dalla Commissione Regionale, la scrittura privata, recante la data del 7.4.2003, in cui le parti, contrariamente a quanto attestato nell’atto pubblico di vendita delle quote, affermavano che l’atto di vendita non era a titolo oneroso e che il prezzo relativo alle quote non era stato mai pagato, non risulta essere stata registrata;

1.4. nel caso in esame, ove è in discussione la stipula di una controdichiarazione, redatta con scrittura privata non autenticata, relativa ad un atto pubblico di vendita di quote societarie, soccorre, invero, il principio affermato da questa Corte circa l’inopponibilità all’Amministrazione Finanziaria delle scritture private delle quali non è autenticata la sottoscrizione ai sensi dell’art. 2704 c.c. (cfr. Cass. nn. 8535/2014, 29451/2008, 26360/2006), al quale la CTR risulta essersi attenuta;

1.5. in proposito, occorre puntualizzare che la prova gravante sulla parte, che adduca la simulazione del prezzo, soggiace ad un duplice vincolo: uno attinente alla forma, che deve essere scritta e munita di certezza di data; altro che inerisce al contenuto del documento, in quanto l’indirizzo della prova, a norma dell’art. 2722, in relazione all’art. 1417 c.c., riguarda pur sempre un patto aggiunto e contrario al contratto, anteriore o contestuale allo stesso, in quanto un patto posteriore integrerebbe una modifica contrattuale, estranea alla simulazione del negozio dedotta in controversia (cfr. Cass. nn. 18824/2003, 6577/1997, 4565/1997, 2097/1992, 1382/1987);

1.6. la motivazione della CTR, perfettamente ìn linea con i principi illustrati, è quindi completa, coerente ed omnicomprensiva, senza che in essa sia possibile individuare le lacune indicate con la censura;

2. sulla base di quanto sin qui illustrato il ricorso va pertanto respinto;

3. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in favore dell’Agenzia delle Entrate in Euro 10.000,00 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 1 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2018

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