Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3078 del 10/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 10/02/2020, (ud. 20/11/2019, dep. 10/02/2020), n.3078

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25167/2018 proposto da:

D.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PINEROLO, 22,

presso lo studio dell’Avvocato MARCO ROSSI, rappresentato e difeso

dagli Avvocati ANTONIO DE GIUDICI e CARLO ATZORI in virtù di delega

in atti;

– ricorrente –

contro

3A – ASSEGNATARI ASSOCIATI ARBOREA – SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOLA

p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLA FALCONIERI 100, presso

lo studio dell’Avvocato PAOLA FIECCHI, rappresentata e difesa

dall’Avvocato GIUSEPPE MACCIOTTA giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 215/2018 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 26/06/2018 R.G.N. 58/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/11/2019 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MARCO ROSSI per delega Avvocato ANTONIO DE GIUDICI;

udito l’Avvocato PAOLA FIECCHI per delega verbale Avvocato GIUSEPPE

MACCIOTTA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. La 3A – Assegnatari Associati Arborea – Società Cooperativa Agricola pa – con comunicazione anticipata in data 25 giugno 2013, successivamente inviata il 16 luglio 2013 e ricevuta il successivo 17 luglio, intimava licenziamento disciplinare al dipendente D.F., per avere stampato, il 24 maggio 2013 alle ore 16:50 presso la filiale (OMISSIS), in cui prestava servizio, utilizzando il computer del collega F.G., il file denominato “(OMISSIS)” contenente informazioni riservate.

2. Impugnato il recesso, l’adito Tribunale di Oristano, con ordinanza del 23.4.2015, rigettava la domanda del ricorrente.

3. Lo stesso Tribunale, proposta opposizione ex lege n. 92 del 2012, revocava l’ordinanza e, in accoglimento della richiesta subordinata, annullava il licenziamento ed ordinava la reintegrazione nel posto di lavoro del dipendente.

4. La Corte di appello di Cagliari, con la sentenza n. 215 del 2018, accoglieva il reclamo formulato dalla società e, in totale riforma della sentenza impugnata, confermava l’intimato licenziamento, condannando il soccombente reclamato al pagamento delle spese di giudizio.

5. A fondamento della decisione, i giudici di seconde cure rilevavano che la sussistenza di diversi indizi portavano a ritenere con certezza la commissione del fatto contestato da parte del D.: fatto che costituiva una gravissima violazione del dovere di fedeltà nel contratto di lavoro subordinato, atteso che l’incolpato, approfittando dell’assenza del collega F., aveva effettuato l’accesso al suo computer (peraltro lasciato, imprudentemente, acceso e senza alcun sistema di protezione in atto, avendo il F. evidentemente disattivato, o comunque non attivato, il salvaschermo prima di lasciare l’Ufficio) all’evidente fine di procurarsi informazioni commerciali riservate da fornire a terzi, compromettendo irreversibilmente il legame fiduciario con il datore di lavoro; sottolineavano, inoltre, che la fattispecie era inquadrabile nelle ipotesi tipizzate dalla contrattazione collettiva e che il licenziamento era stato intimato per giusta causa, in diretta applicazione della norma codicistica e supportato dalla stessa.

6. Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione D.F. affidato a quindici motivi, cui resisteva con controricorso la 3A Assegnatari Associati Arborea – Società Cooperativa Agricola pa.

7. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. I motivi possono essere così sintetizzati.

2. Con il primo motivo il ricorrente eccepisce la nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione e falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c., comma 2, perchè la Corte di merito aveva ritenuto la sussistenza della condotta addebitata attraverso una valutazione analitica degli indizi, senza il necessario giudizio di gravità, precisione e concordanza degli stessi.

3. Con il secondo motivo si rileva, sempre, la nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione o falsa applicazione degli artt. 342 e 434 c.p.c., perchè il reclamo avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per la mancanza di indicazioni degli elementi richiesti dall’art. 434 c.p.c. e, pertanto, per la mancata specificazione delle circostanze dalle quali derivava la violazione di legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.

4. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza o del procedimento, ex art. 360 c.p.c., n. 4: la violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa motivazione nonchè la violazione o falsa applicazione dell’art. 111 Cost., perchè, nonostante la prolissità della pronuncia, mancava la motivazione sul punto, ritenuto certo, che l’ordine di stampa era partito da una determinata macchina fisica e, cioè, da quello specifico computer che si trovava all’interno della stanza di un altro dipendente della filiale, vale a dire tale F..

5. Con il quarto motivo si rappresenta la nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4, nonchè la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., sotto il profilo della mancata o inadeguata valutazione delle prove, in punto di provenienza dell’ordine di stampa.

6. Con il quinto motivo il ricorrente si duole della nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4, nonchè la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., sotto il profilo del mancato apprezzamento del fatto pacifico in causa, costituito dalla circostanza, non contestata, della interscambiabilità delle postazioni dei computers tra i dipendenti.

7. Con il sesto motivo si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., n. 5, rappresentato dalla circostanza che non vi era alcuna prova che il D. si trovasse nella stanza del F., momentaneamente non presente, nell’ora ipotizzata dell’invio per la stampa del documento, e che avesse dato l’ordine di stampa al computer presente nella stanza del citato F..

8. Con il settimo motivo si ritiene la nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione o falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c., comma 2, con riferimento alla parte della decisione in cui si è considerato di individuare l’ora esatta di stampa, in un contesto in cui mancava invece l’ora di invio dell’ordine di stampa ed era riscontrabile un ritardo della stampa rispetto all’invio del relativo ordine; aspetti che, tra l’altro, non erano stati oggetto di impugnazione.

9. Con l’ottavo motivo il ricorrente denunzia la nullità della sentenza o del procedimento, ex art. 360 c.p.c., n. 4, nonchè la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., sotto il profilo della mancata o inadeguata valutazione delle prove in riferimento all’ora di invio dell’ordine di stampa.

10. Con il nono motivo si denunzia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., n. 5, ancora in rapporto all’accertamento dell’orario di invio della stampa, con riferimento al mancato ed immotivato esame delle risultanze della relazione del ctu.

11. Con il decimo motivo il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento alla L. n. 604 del 1966, art. 5 e artt. 2697 e 2727 c.c., nonchè della L. n. 300 del 1970, artt. 7 e 18, perchè la Corte di merito, nell’accertamento del fatto secondario dell’ora di invio della stampa, aveva operato una valutazione basata su presunzioni e fondata su indizi i quali difettavano dei requisiti di legge della gravità, precisione e concordanza.

12. Con l’undicesimo motivo si censura l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, ex art. 360 c.p.c., n. 5, in ordine alla conoscenza, in capo al ricorrente, dell’esistenza del documento “(OMISSIS)”: circostanza che avrebbe escluso, conseguentemente, la possibilità per il D. di reperirlo in mezzo al normale accumulo dei documenti nella memoria di un computer aziendale e, vieppiù, la possibilità di riconoscere una qualche forma di premeditazione nel comportamento e l’intento di agevolare la concorrenza.

13. Con il dodicesimo motivo il ricorrente sostiene la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento al requisito della concordanza degli indizi e con riferimento alla prova circa la libera accessibilità del computer in usi al F., nonchè la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento agli artt. 2105,2106,2118,2119 c.c., L. n. 604 del 1966, art. 5 e artt. 2697 e 2727 c.c., nonchè alla L. n. 300 del 1970, artt. 7 e 18, per avere applicato la Corte di merito malamente il procedimento ex art. 2729 c.c., omettendo di verificare gli indizi sotto il profilo della concordanza e della complessiva conciliabilità di tutte le istanze di prova.

14. Con il tredicesimo motivo si denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., sotto il profilo della valutazione complessiva della concordanza degli indizi, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 con riferimento agli artt. 2105,2106,2118,2119 c.c., L. n. 604 del 1966, art. 5 e artt. 2697,2727 e 2729 c.c., nonchè della L. n. 300 del 1970, artt. 7 e 18, per errata valutazione del materiale indiziario, ritenuto idoneo a dimostrare la responsabilità del D., con riguardo ad altri elementi che ne avrebbero compromesso la ritenuta gravità, precisione e concordanza.

15. Con il quattordicesimo motivo si eccepisce la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del CCNL Dipendenti Cooperative e Consorzi Agricoli, ex art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362,1363 e 1365 c.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento agli artt. 2105,2106,2118,2119 c.c., L. n. 604 del 1966, art. 5 e artt. 2697,2727 e 2729 c.c., nonchè alla L. n. 300 del 1970, artt. 7 e 18, per avere errato la Corte di merito nel disattendere gli orientamenti della Suprema Corte sulla L. n. 300 del 1970, art. 18 e sulla interpretazione dei contratti collettivi, con riferimento alla tipizzazione dei fatti legittimanti le sanzioni espulsive: in particolare si duole il ricorrente che i giudici di seconde cure avevano ritenuto il concetto di giusta causa avulso dai limiti della contrattazione collettiva e, comunque, avevano assimilato il fatto alle precisioni della contrattazione stessa senza una specifica valutazione e analisi dei fatti tipizzati e senza indicazione del CCNL da essi applicato.

16. Con il quindicesimo motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4: la violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4; l’omessa motivazione e la violazione dell’art. 111 Cost., allorquando la Corte di merito ha ritenuto, con motivazione meramente apparente, che il fatto oggetto di contestazione disciplinare fosse inquadrabile nelle ipotesi della contrattazione collettiva, in assenza della chiara manifestazione di una espressione di giudizio che, nel caso de quo, era da reputarsi incerta e dubitativa nei risultati raggiunti.

17. Il ricorso non è fondato.

18. I primi tredici motivi, da trattarsi congiuntamente per connessione logico-giuridica, sono inammissibili.

19. E’ opportuno premettere, in ordine alla denunciata violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., che in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorchè si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (cfr. Cass. 27.12.2016 n. 27000; Cass. 19.6.2014 n. 13960).

20. In relazione, poi, al vizio denunciato nei termini di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poi, va rilevato che esso, come appunto riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, comma 1 n. 4, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, è invocabile nella sola ipotesi in cui sia stato omesso l’esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie” (Cass. S.U. n. 8053/2014).

21. Relativamente, inoltre, ai vizi denunciati, ex art. 112 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, va osservato che essi sussistono solo quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nell’indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, senza alcuna esplicitazione al riguardo nè disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. in termini Cass. 21.12.2010 n. 25866).

22. Con riguardo, infine, alla denunciata erronea applicazione degli artt. 2727 c.c. e segg. e dell’art. 2697 c.c., in ordine alla prova dei fatti costitutivi del diritto, l’odierno ricorrente, sotto l’apparente veste dell’error in ludicando, tende a contestare la ricostruzione della vicenda accreditata dalla sentenza impugnata. In proposito, giova ribadire che il vizio di falsa applicazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. n. 7394 del 2010, n. 8315 del 2013, n. 26110 del 2015, n. 195 del 2016). E’, dunque, inammissibile una doglianza che fondi il presunto errore di sussunzione – e dunque un errore interpretativo di diritto – su una ricostruzione fattuale diversa da quella posta a fondamento della decisione, alla stregua di una alternativa interpretazione delle risultanze di causa.

23. In conclusione, quindi, tutte le censure di cui ai citati motivi sono inammissibili convergendo esse, nei rispettivi profili formulati, nella contestazione della valutazione probatoria e dell’accertamento in fatto della Corte territoriale che, con motivazione congrua e senza alcuna omissione di fatti storici, ha proceduto ad una ricostruzione dei fatti, insindacabile in sede di legittimità perchè si risolverebbe in una revisione inammissibile del merito della controversia.

24. Il quattordicesimo ed il quindicesimo motivo, anche essi da scrutinarsi congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondati.

25. In tema di licenziamento per giusta causa, non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva, rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nell’attività sussuntiva e valutativa del giudice, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva della fattispecie, ma la scala valoriale formulata dalle parti sociali deve costituire uno dei parametri cui occorre fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale dell’art. 2119 c.c. (Cass. n. 28492 del 2018; Cass. n. 13865 del 2019; Cass. n. 14063 del 2019).

26. L’unica eccezione è rappresentata dal fatto di non potere estendere il catalogo delle giuste cause o dei giustificati motivi soggettivi di licenziamento oltre quanto stabilito dall’autonomia delle parti (cfr. ex aliis Cass. n. 11027/2017; Cass. n. 9223/2015; Cass. n. 13353/2011; Cass. n. 19053/1995; Cass. n. 1173/1996), nel senso che condotte pur astrattamente ed eventualmente suscettibili di integrare giusta causa o giustificato motivo soggettivo ai sensi di legge non possono rientrare nel relativo novero se l’autonomia collettiva le ha espressamente escluse, prevedendo per esse, con clausola migliorativa per il lavoratore, sanzioni meramente conservative.

27. La Corte territoriale, nel caso in esame, con motivazione adeguata e congrua, ha rilevato che il licenziamento era stato intimato per giusta causa e ha ritenuto integrato tale elemento argomentando, in aggiunta, che tale giudizio era “anche” sostenuto dalla contrattazione collettiva.

28. Il fulcro della decisione, sul punto, riguardava, pertanto, la rilevata sussistenza della giusta causa in applicazione della norma codicistica, tale da determinare una gravissima violazione del dovere di fedeltà nel contratto di lavoro subordinato, per cui i giudici di seconde cure, non incorrendo nelle denunziate violazioni di legge, si sono attenuti correttamente ai principi di legittimità sopra esposti.

29. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.

30. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.

31. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2020

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