Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3078 del 06/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/02/2017, (ud. 24/11/2016, dep.06/02/2017),  n. 3078

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29873-2015 proposto da:

M.L., T.V., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE PARIOLI 63, presso lo studio dell’avvocato DAMIANO

COMITO, che li rappresenta e difende, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

FONDAZIONE ENASARCO, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI, VASCELLO 16, presso lo

studio dell’avvocato PIERLUIGI ROCCHI, che la rappresenta e difende,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1806/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 08/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito l’Avvocato DAMIANO COMITO, che si riporta agli atti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. è stata depositata la seguente relazione:

“1. La Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza con la quale il tribunale della stessa città, in accoglimento della domanda proposta dalla Fondazione Enasarco, ha pronunciato la risoluzione del contratto di locazione a uso abitativo intercorso tra detta fondazione (in qualità di locatrice) e Mo.Li. (quale conduttrice) per inadempimento di quest’ultima, avendo la stessa illegittimamente immesso, nella detenzione dell’appartamento concessole, le persone di T.V. e di F.A., contestualmente rigettando la domanda proposta in via riconvenzionale dal T. e da M.L. (nipote della conduttrice, intervenuto volontariamente in giudizio), diretta all’accertamento del relativo subentro nel contratto di locazione originario, quali nuovi conduttori.

2. Avverso la sentenza d’appello, hanno proposto ricorso per cassazione M.L. e T.V. sulla base di tre motivi d’impugnazione.

3. Resiste con controricorso la Fondazione Enasarco, che ha concluso per il rigetto dell’impugnazione.

4. Nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede.

5. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere dichiarato inammissibile.

6. Con il primo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione di legge (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente interpretato le risultanze processuali e quelle concernenti i rapporti intercorsi tra le parti, giungendo a escludere l’avvenuta conclusione di un accordo tra la Fondazione Enasarco e gli odierni ricorrenti diretto a consentire il subentro di questi ultimi nella posizione contrattuale della relativa dante causa.

7. Con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione di norme e di principi generali, anche in materia di assolvimento dell’onere della prova, per avere la corte territoriale erroneamente interpretato il complesso degli elementi istruttori acquisiti nel corso del giudizio in relazione al punto concernente la regolarizzazione dell’abusiva occupazione, da parte dei ricorrenti, dell’immobile oggetto di giudizio.

8. Con il terzo motivo, i ricorrenti si dolgono della violazione e falsa applicazione di norme e principi generali in materia di interpretazione della volontà negoziale in cui sarebbe incorsa la corte territoriale, per aver erroneamente interpretato le manifestazioni di volontà delle parti, intervenute anche in sede giudiziale, al fine di definire i rapporti contrattuali tra le stesse nel senso invocato dagli odierni ricorrenti.

9. Tutti e tre i motivi sono inammissibili.

Con riguardo ai motivi in esame – espressamente dedotti dalla ricorrente come forme diverse di violazione di legge -, ritiene il relatore opportuno ribadire – in conformità al costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità – come, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consista nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge, implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione.

Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171).

Nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe dei motivi d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dagli odierni ricorrenti deve piuttosto individuarsi nella negata congruità della valutazione operata dalla corte d’appello in ordine agli elementi istruttori complessivamente acquisiti nel corso del giudizio, e in un invito rivolto alla corte di legittimità di procedere a una rinnovazione del giudizio di merito sulla base di un’interpretazione dei fatti di causa e dei rapporti intercorsi tra le parti ritenuta più adeguata, secondo la soggettiva prospettazione della ricorrente.

Si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare, non già un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge (come accade per il classico caso della violazione di legge), bensì una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato nel trascurare il contenuto rappresentativo proprio di talune fonti probatorie o nel travisarne altri.

Ciò posto, in ossequio al consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, i motivi d’impugnazione così formulati devono ritenersi inammissibili.

Osserva infatti il relatore come – dovendo il vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto risolversi in un giudizio sulla fattispecie astratta contemplata dalla norma di diritto applicabile al caso concreto, e dovendo la relativa denunzia avvenire mediante la specifica indicazione dei punti della sentenza impugnata che si assumono essere in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza e/o dalla dottrina prevalente – deve considerarsi inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si censura come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005, Rv. 581564; Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011, Rv. 616892).

10. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio per essere dichiarato inammissibile”;

2. Le parti non hanno presentato memorie ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione trascritta e di doverne fare proprie le conclusioni.

4. Il ricorso dev’essere pertanto dichiarato inammissibile.

5. A tale esito segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, liquidate in complessivi Euro 2.900,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2017

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