Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30779 del 22/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30779 Anno 2017
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: TATANGELO AUGUSTO

ORDINANZA

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sul ricorso iscritto al numero 21870 del ruolo generale
dell’anno 2016, proposto
da
CICCARELLI Cira (C.F.: CCC CRI 28A70 F839U)
rappresentata e difesa dall’avvocato Ciro Sesto (C.F.: SST CRI
70M28 G190E)
-ricorrentenei confronti di
COMUNE DI SANT’ANASTASIA (CF.: 00618150635), in
persona del Sindaco, legale rappresentante pro tempore
rappresentato e difeso dall’avvocato Antonietta Cola ntuoni
(C.F.: CLN NNT 60H53 G611Y)
-controricorrentenonché
BIAGIO LIMONE S.r.l. (C.F.: non indicato), in persona
del legale rappresentante pro tempore
-intimataper la cassazione della sentenza del Tribunale di Noia n.

1860/2016 pubblicata in data 12 luglio 2016;
udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio
in data 15 novembre 2017 dal consigliere Augusto Tatangelo;
Fatti di causa

Cira Ciccarelli ha agito in giudizio nei confronti del

mune di

Sant’Anastasia (NA) per ottenere il risarcimento dei danni suRtc. n. 21870/2016 – Sez. 6-3 – Ad. 15 novembre 2017 – Ordinanza – Pagina 1 di 8

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Data pubblicazione: 22/12/2017

biti per essere inciampata e caduta in una strada cittadina. Il
comune ha chiamata in. causa la ditta Limone Biagio (poi divenuta Limone Biagio S.r.l., nel corso del giudizio), appaltatrice
dei lavori di rifacimento del manto stradale della strada.
La domanda principale è stata accolta dal Giudice di Pace di
Sant’Anastasia, che ha invece rigettato quella di manleva del
comune nei confronti dell’impresa appaltatrice.

sibile l’appello del comune, con sentenza cassata da questa
Corte (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9431 del 11/06/2012).
Nel giudizio di rinvio, in riforma della decisione di primo grado, ha poi rigettato nel merito la domanda della Ciccarelli, dichiarando assorbita quella di manleva.
Ricorre la Ciccarelli, sulla base di un unico motivo articolato in
-due distinti profili.
Resiste con controricorso il Comune di Sant’Anastasia.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altra parte intimata.
Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto ritenuto destinato ad essere dichiarato inammissibile.
È stata quindi fissata con decreto adunanza della Corte con
l’indicazione della proposta, adunanza differita a causa della
tardiva comunicazione alle parti. Il nuovo decreto di fissazione

dell’adunanza è stato regolarmente notificato alle parti.
Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma
semplificata.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia «violazione o falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 163 cpc e 2051
c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 cpc».

Il ricorso è manifestamente infondato.

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Il Tribunale di Noia ha in un primo tempo dichiarato inammis-

1.1 In relazione al primo profilo (violazione dell’art. 163
c.p.c.), occorre premettere che le considerazioni espresse nel .la sentenza impugnata in ordine alla possibilità di qualificare
come

mutatio libelli

l’ipotesi in cui si accerti, all’esito

dell’istruttoria, una dinamica del sinistro in termini differenti
da quelli indicati nell’atto di citazione, non risultano aver condotto l’organo giudicante a ravvisare in concreto e nel caso di

dell’attrice. Le predette considerazioni devono dunque ritenersi in definitiva estranee alla effettiva ratio decidendi: la decisione del resto non ha carattere processuale ma è fondata
sull’esame del merito della domanda, che è stata infatti rigettata, e non dichiarata inammissibile, in quanto non sostenuta
da adeguati riscontri probatori in ordine al nesso di causa tra
la cosa in custodia e l’evento lesivo.
D’altra parte, del tutto coerentemente, in relazione alla questione della suddetta qualificazione, il ricorso non contiene
specifiche censure, limitandosi la ricorrente a sostenere che la
dinamica del sinistro emersa all’esito dell’istruttoria era in definitiva compatibile con la prospettazione contenuta nell’atto di
citazione (cfr. in particolare a pag. 11, primo capoverso, del
ricorso).
In proposito” è quindi sufficiente rilevare che il giudice di merito ha esaminato e valutato, secondo il suo prudente apprezzamento, le risultanze istruttorie, ed in particolare le deposizioni testimoniali e, ravvisata una difformità tra i fatti dedotti
nell’atto di citazione e quanto riferito dai testi escussi, sia con
riguardo al luogo in cui era vvenuto l’incidente, sia con riguardo alla concreta dinamica del sinistro, ha ritenuto non
provati i fatti dedotti nell’atto di citazione, solo precisando ad
abundantiam che la domanda non avrebbe potuto essere ac-

colta sulla base dei diversi fatti emergenti dalle deposizioni testimoniali.
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specie un inammissibile mutamento della domanda

E la ricorrente, benché deduca la violazione dell’art. 163
clic., non censura specificamente quest’ultima argomenta.:
zione, come già osservato, ma si limita a sostenere che in realtà le deposizioni dei testi avevano pienamente confermato i
fatti dedotti nell’atto introduttivo del giudizio.
Sotto questo aspetto il ricorso è però senz’altro inammissibile,
in quanto la valutazione delle prove testimoniali costituisce at-

di legittimità se adeguatamente motivata. E nella specie il Tribunale ha ampiamente ed esaustivamente motivato il proprio
convincimento in ordine alle risultanze dell’istruttoria orale
svolta, di tal che le censure in esame si risolvono in una inammissibile richiesta di riesame del fatto e di nuova e diversa valutazione delle prove.
1.2 Per quanto riguarda il secondo profilo dell’unico motivo di
ricorso (violazione dell’art. 2051 c.c.), la sentenza impugnata
risulta conforme ai principi di diritto enunciati da questa Corte
in tema di responsabilità degli enti locali per i danni causati
dai beni del patrimonio demaniale (che il ricorso stesso non
contiene motivi idonei a indurre a rivedere).
In base a tali principi può, in estrema sintesi, affermarsi che il
criterio di imputazione della responsabilità fondato sul rapporto di custodia di .cui all’art. 2051 c.c. opera in termini rigorosamente oggettivi, e quindi impone al danneggiato di provare
il solo nesso di causa tra la cosa in custodia (a prescindere
dalla sua pericolosità o dalle sue caratteristiche intrinseche)
ed il danno, mentre al custode spetta l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai
principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima (giurisprudenza consolidata; cfr. ad
es., tra le tante: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5031 del
20/05/1998, Rv. 515604 — 01; Sez. 3, Sentenza n. 4480 del
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tività riservata al giudice del merito, non censurabile in sede

28/03/2001, Rv. 545244 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 5236 del
15/03/2004 Rv. 571144 – 01; Sez. 3, Sentenza n .. 376 del
11/01/2005; Rv. 579857 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 20317 del
20/10/2005, Rv. 584522 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 21684 del
09/11/2005, Rv. 584436 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 26086 del
30/11/2005, Rv. 585883 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 2563 del
06/02/2007, Rv. 594374 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 4279 del

25/07/2008, Rv. 604902 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11016 del
19/05/2011, Rv. 618175 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12821
del 19/06/2015, Rv. 635770 – 01). In particolare, la condotta
incauta o negligente della vittima, che assume rilievo ai fini
del concorso di responsabilità ai sensi dell’art. 1227, comma
1, c.c., va graduata sulla base di un accertamento di fatto in
ordine alla sua effettiva incidenza sull’evento dannoso, e può
giungere anche ad assumere efficienza causale esclusiva del
danno (sul rilievo della condotta della vittima, si vedano ad
es., tra le più recenti: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 8229 del
07/04/2010, Rv. 612442 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 23919
del 22/10/2013, Rv. 629108 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 287
del 13/01/2015, Rv. 633949 – 01; Sez. 3, Sentenza n.
18317 del 18/09/2015, Rv. 636857 – 01; Sez. 3, Sentenza n.
15761 del 29/07/2016, Rv. 641162 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 11526 del 11/05/2017, Rv. 644282 – 01; Sez. 3,
Ordinanza n. 25837 del 31/10/2017, non massimata).
Il suddetto criterio oggettivo di imputazione della responsabilità, per i danni subiti dagli utenti di beni demaniali di rilevante
estensione, può essere escluso unicamente in caso di comprovata concreta impossibilità di esercitare la custodia, quale potere di fatto sul bene stesso. Tale impossibilità deve essere
accertata non solo in relazione all’estensione complessiva del
bene ed alla possibilità di esercitare un puntuale e diffuso controllo su di esso, ma in relazione alla causa concreta del danno
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19/02/2008, Rv. 601911 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 20427 del

(di cui va valutata la natura e la tipologia), in quanto all’ente
pubblico custode possono essere addossati esclusivamente i
rischi di cui egli può effettivamente gestire il controllo (cfr., in
proposito, ad es.: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12449 del
16/05/2008, Rv. 603341 – 01; Set. 3, Sentenza n. 15042 del
06/06/2008, Rv. 603742 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 9546 del
22/04/2010, Rv. 612432 – 01).

bene demaniale, può pertanto applicarsi il diverso criterio di
imputazione della responsabilità di cui all’art. 2043 c.c., che
opera in termini soggettivi, richiedendo la dimostrazione (da
parte del danneggiato) della colpa dell’ente proprietario del
bene, la quale può peraltro di fatto presumersi laddove il danneggiato dimostri che il danno si è verificato in ragione di una
anomalia della cosa, ma che non sussiste laddove sia dimostrato che la suddetta anomalia risultava percepibile o prevedibile (e il conseguente danno evitabile) con l’ordinaria diligenza, e quindi sostanzialmente anche in tal caso in ragione
della condotta del danneggiato stesso (cfr. ancora, ad es., le
già citate Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11016 del 19/05/2011,
Rv. 618175 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12821 del
19/06/2015, Rv. 635770 – 01).
Nella specie, il giudice del merito ha ritenuto, in fatto e con
valutazione fondata su adeguata motivazione, come tale non
sindacabile nella presente sede, che la ricorrente non era caduta a causa del bene demaniale, ma a causa di una sua disattenzione nell’utilizzarlo. Ha cioè ritenuto che l’incidenza
causale della condotta incauta o negligente della vittima nella
produzione del danno era idonea ad escludere integralmente il
nesso eziologico tra la cosa in custodia e l’evento, configurandosi quindi come unica causa del danno, il che era sufficiente
ad integrare la prova liberatoria del caso fortuito richiesta
dall’art. 2051 c.c..
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Laddove sia esclusa la possibilità di una effettiva custodia del

I fatti storici rilevanti risultano tutti presi in consi-dérazione dal
tribunale, il quale ha prudentemente valutato le emergenze istruttorie e, accertato che «la signora Ciccarelli è caduta non
già a causa di una buca presente sul manto stradale ma in
quanto la stessa è andata ad urtare – evidentemente per distrazione – contro un sampietrino in corrispondenza del naturale dislivello che si viene a creare durante l’esecuzione dei/a

ta con la posa in opera dei sampietri e l’estremità della rimanente parte della sede stradale, ancora da ultimare, costituita
dalla base di cemento allo stato grezzo sulla quale va poi realizzata la pavimentazione in sampietrini», ne ha tratto la con-

clusione per cui «la causa del sinistro è da ricollegare dunque
alla condotta avventata e rischiosa della signora Ciccare/li, la
quale integra gli estremi del caso fortuito tale da interrompere
ai sensi dell’art. 2051 il nesso di causalità tra la cosa in custodia del Comune di Sant’Anastasia ed il sinistro»..

In relazione ai suddetti accertamenti di fatto, in sostanza, la
ricorrente finisce per chiedere una diversa valutazione delle
prove e un riesame del merito del giudizio, il che non è ammissibile in sede di legittimità, considerato che al presente
processo è applicabile (essendo la sentenza impugnata pubbli:
cata in data successiva all’il settembre 2012) il nuovo testo
dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54
del decreto legge 22 giugno 2012 n. 83, convertito in legge 7
agosto 2012 n. 134, secondo cui non sono più deducibili, come in passato, genericamente vizi di motivazione, ma esclusivamente l’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» (Sezioni U-

nite, 7 aprile 2014 n. 8053 e n. 8054; conf.: Cass. 27 novembre 2014 n. 25216; 9 luglio 2015 n. 14324).

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vori tra il tratto finale della pavimentazione oramai già ultima-

Va quindi esclusa la dedotta violazione dell’art. 2051 c.c., ed il
ricorso deve, ritenersi inammissibile, anche sotto il profilo in
esame, ai sensi dell’art. 360-bis n. 1 c.p.c..
2. Il ricorso-è dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 360bis, comma–1 7 n. 1, c.p.c..

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base
del principio della soccombenza, come in dispositivo.

al termine previsto dall’art. 1, co. 18, della legge n. 228 del
2012, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui
all’art. 13, co. 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, introdotto
dall’art. 1, co. 17, della citata legge n. 228 del 2012.
per questi motivi
La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di
legittimità in favore del comune controricorrente, liquidandole in complessivi C 2.200,00, oltre C 200,00 per
esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del
2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del’
2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il.versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a Cluello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, in data 15 novembre 2017.
Il presidente
Adelaide AMENDOLA

Dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente

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