Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30778 del 28/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 28/11/2018, (ud. 03/07/2018, dep. 28/11/2018), n.30778

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI Maria Giulia – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2395/2012 R.G. proposto da:

R.L. (c.f. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’Avv. Mauro

Fonzo, con domicilio eletto in Roma, via Tacito, n. 50, presso lo

studio dell’Avv. Paolo Iorio;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (c.f. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– controricorso –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Umbria, n.123/04/2011 depositata il 31 maggio 2011, non

notificate.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 3 luglio 2018

dal consigliere Pierpaolo Gori.

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria (in seguito, CTR) veniva rigettato l’appello proposto da R.L. (in seguito, il contribuente), titolare di una ditta svolgente servizi funebri, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Perugia (in seguito, CTP) n. 217/07/2009, avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento con cui veniva accertato un maggior reddito di impresa ai fini IRPEF, IVA, IRAP, oltre ad interessi e sanzioni, per l’anno di imposta 2005;

– In particolare, a seguito di tentativo di adesione ad esito negativo, il contribuente adiva la CTP contestando, tra l’altro, i presupposti per l’accertamento, l’illegittimità dell’avviso per carenza di motivazione e, nel merito, l’infondatezza delle riprese; l’Agenzia resisteva ed i giudici di prime cure rigettavano il ricorso; il contribuente proponeva appello, chiedendo l’annullamento dell’atto impositivo e, in subordine, la riduzione degli importi dovuti, ma anche l’appello veniva disatteso;

– Il contribuente propone infine ricorso per Cassazione contro la sentenza della CTR, affidato ad un unico motivo, articolato in cinque distinte doglianze, cui resiste l’Agenzia con controricorso.

Diritto

RITENUTO

che:

– Con un unico motivo di ricorso si deduce l'”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio. La violazione e falsa applicazione di legge”;

– A riguardo, trova accoglimento l’eccezione di inammissibilità di parte del motivo articolata dall’Agenzia in controricorso, dal momento che il riferimento alla violazione e falsa applicazione di legge, da mettersi in relazione con il paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, neppure enunciato nel motivo, è assolutamente generica, non essendo nemmeno indicata una previsione di legge che si assuma violata;

– Quanto alla parte del mezzo di impugnazione, in cui è identificabile un vizio di motivazione ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, sebbene il paradigma normativo non sia menzionato, nonostante i cinque quesiti in calce, è enucleabile una prima doglianza secondo cui la CTR non si sarebbe pronunciata sull’appello, incentrato sulla considerazione che i beni individuati nell’accertamento come non fatturati (es. imbottiture, cornici, manifesti ecc…), non sarebbero essenziali per l’esecuzione di servizi funebri; dunque, secondo il contribuente, la ricostruzione operata dai verbalizzanti sarebbe inattendibile. Una seconda doglianza lamenta l’assenza dei presupposti per l’accertamento induttivo condotto dall’Amministrazione. Infine, la CTR non avrebbe tenuto conto di documentazione decisiva provante l’effettiva esecuzione di servizi funerari e dell’assenza di obbligo di rendicontazione di magazzino da parte del contribuente;

– Anche la parte del motivo relativa al vizio motivazionale è inammissibile. In linea generale, va rammentato che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, in tema di accertamento dei redditi d’impresa, il discrimine tra l’accertamento condotto con metodo analitico contabile e quello condotto con metodo induttivo sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili, laddove nel metodo induttivo le omissioni o le false ed inesatte indicazioni risultano tali da inficiare l’attendibilità e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento, anche degli altri dati contabili, apparentemente regolari (Cass. 14 novembre 2014 n.24278; Cass. 9 giugno 2017 n.14376);

– Orbene, a fronte di un reddito di impresa dichiarato molto basso, di inferiore a 17.300,00 Euro lordi, unico reddito dichiarato in un nucleo familiare di quattro persone, i verbalizzanti hanno operato la ricostruzione del numero dei servizi erogati dal contribuente in regime di evasione, attraverso un accertamento analitico-induttivo del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d). La motivazione della CTR ripercorre in modo convincente le risultanze dell’accertamento dell’Ufficio, incrociando i dati ed evidenziando le numerose incongruenze, tra cui quella contabile tra le fatture dei servizi funerari e quelle passive dei costi delle merci occorrenti; vi sono poi le incongruenze extracontabili, tra le quali il numero elevato dei manifesti utilizzati a fronte del numero modesto dei funerali denunciati, il confronto tra acquisti e rimanenze di magazzino, incluse le imbottiture contestate con il motivo di ricorso come non essenziali ai servizi funerari e circa le quali, per precauzione, l’ufficio ha anche scomputato uno scarto del 10% per lo sfrido. Gli elementi di prova, numerosi, sono stati ritenuti dalla CTR gravi precisi e concordanti. Tuttavia, il contribuente si limita a contestare genericamente e a negare l’evasione, ma non adduce ai fini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n.5, alcun elemento di prova contrario e decisivo ritualmente introdotto nel processo e non esaminato dai giudici d’appello;

– In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato e, secondo soccombenza, al rigetto segue il regolamento delle spese di lite.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite alla controricorrente, liquidate in Euro 2.750,00 per compensi, oltre Spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2018

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