Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30775 del 28/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 28/11/2018, (ud. 30/10/2018, dep. 28/11/2018), n.30775

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 2914/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla Via dei Portoghesi

n. 12;

– ricorrente –

contro

L. s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante

pro tempore, Società Mondial di L.S. s.r.l. in

liquidazione, B.V., rappresentate e difese dall’Avv. Emilio

Rosso e dall’Avv. Leonardo Gnisci, elettivamente domiciliate presso

lo studio del secondo, in Roma, Via Pisanelli n. 2, giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Friuli

Venezia Giulia n. 67/29/2013 depositata il 4 giugno 2013.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 30 ottobre 2018

dal Consigliere Luigi D’Orazio;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale dott. Giovanni Giacalone, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione udito l’ Avv.

Gianna Galluzzo per l’Avvocatura Generale dello Stato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle entrate emetteva un avviso di accertamento, per l’anno 2004, nei confronti della L. s.r.l., sia per emissione di fatture per operazioni inesistenti, sia per la indeducibilità di costi per acquisti da società con sede in paesi inclusi nella black list. La metà delle somme veniva iscritta a ruolo ai ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 15.

2. Il ricorso presentato dalla L. s.r.l. veniva in parte accolto dalla Ctp (48/2010), solo per la deducibilità dei costi per acquisti con società con sede legale in paesi inseriti nella black list. Pertanto, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68,veniva emesso provvedimento di sgravio per le imposte dirette, mentre si iscriveva a ruolo straordinario l’ulteriore iva dovuta. Altra cartella veniva emessa a seguito dell’avviso di accertamento integrativo emesso per lo stesso anno.

3. La Commissione tributaria provinciale (n. 6/2011), dopo la pronuncia della CTP che aveva accolto parzialmente il gravame (n. 48/2010), accoglieva parzialmente le doglianze della società, determinando l’importo da iscrivere a ruolo nei 2/3 dell’importo “deciso” dalla Commissione provinciale (48/2010).

4. I procedimenti di appello relativi agli avvisi di accertamento originario e integrativo, venivano accolti dalla Commissione regionale (sentenze 23/2012 e 66/2012).

5. Avverso la sentenza 6/2011 proponeva appello l’Ufficio, rigettato dalla Commissione regionale, per la quale doveva essere iscritta a ruolo ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1994, art. 68, la somma pari ai 2/3 della somma determinata dalla Commissione provinciale, non essendovi i presupposti, peraltro, per l’emissione del ruolo straordinario.

6. Proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

7. Resisteva con controricorso la società.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce “In relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68”, in quanto il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, prevede che “Anche in deroga a quanto previsto nelle singole leggi d’imposta, nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio … il tributo … deve essere pagato: a) per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso; b) per l’ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso”. Al contrario la Commissione regionale ha travisato il contenuto di tale disposizione,

affermando che l’Ufficio potrebbe riscuotere i due terzi del tributo dovuti in base alla sentenza, e non l’intero importo come risultante dalla sentenza della Commissione tributaria provinciale.

Invero, per la Commissione regionale, in caso di pronuncia della Commissione provinciale che accoglie parzialmente il ricorso, può essere iscritto a ruolo solo l’importo dei due terzi di quello deciso dalla Commissione provinciale, ma non l’intero importo risultante dalla sentenza della Commissione provinciale, sia pure con il limite massimo dei due terzi dell’importo relativo all’avviso di accertamento impugnato. Ciò perchè se fosse consentito all’ufficio di iscrivere a ruolo l’intero ammontare determinato dalla Commissione provinciale, che ha accolto parzialmente il ricorso, in quanto inferiore ai due terzi di quello originariamente previsto nell’avviso di accertamento, non sussisterebbe alcun ammontare “residuo”, mentre il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 1, lett. c), prevede la riscossione del “residuo ammontare” solo dopo la pronuncia della sentenza della commissione regionale.

1.1. Tale motivo è fondato.

Invero, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, dispone che “Anche in deroga a quanto previsto nelle singole leggi d’imposta, nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio…il tributo…deve essere pagato: a) per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso; b) per l’ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso; c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione regionale; c-bis) per l’ammontare dovuto nella pendenza del giudizio di primo grado dopo la sentenza della Corte di cassazione di annullamento con rinvio e per l’intero importo indicato nell’atto in caso di mancata riassunzione”.

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 1, lett. b), è chiara nell’indicare l’importo che può essere iscritto a ruolo a seguito della pronuncia della commissione provinciale che ha accolto in parte il ricorso del contribuente. La somma da iscrivere a ruolo è pari all’ammontare “risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale”. Poi la norma precisa incidentalmente “e comunque non oltre i due terzi”. La dizione “non oltre i due terzi”, però, non va riferita, come ha fatto la Commissione regionale alla somma determinata dalla commissione provinciale, ma alla somma di cui all’originario avviso di accertamento.

Se, quindi, la somma determinata dalla commissione provinciale, dopo l’accoglimento parziale del ricorso, è inferiore ai due terzi dell’importo contemplato nell’avviso di accertamento, l’Agenzia delle entrate può iscrivere a ruolo l’intero importo risultante dalla sentenza della commissione provinciale e non solo i due terzi di esso.

Il “residuo” di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 1, lett. c), riguarda, invece, l’esito del giudizio dinanzi alla commissione regionale, sicchè se la commissione regionale accoglie l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate, potrà essere iscritto a ruolo l’intero importo dell’originario avviso di accertamento, o meglio solo il “residuo” di esso in quanto una parte era già stata iscritta a ruolo dopo l’esito del giudizio di primo grado.

Il riferimento ai “due terzi” si ha nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 1, lett. a) e b), ed in entrambi i casi va riferito all’importo dell’avviso di accertamento originario, tanto che in caso di rigetto del ricorso da parte della commissione provinciale, l’importo è solo quello relativo all’avviso di accertamento, non essendo stato caducato il titolo o modificato l’importo.

Pertanto, deve concludersi che, quando la commissione tributaria provinciale accoglie parzialmente il ricorso, il contribuente deve versare integralmente il tributo “corrispondente” a quello “determinato” dalla sentenza, anche se la legge ha introdotto un limite quantitativo, in quanto l’importo da pagare non può superare in ogni caso i due terzi dell’imposta originariamente accertata.

Tra l’altro, la Commissione regionale avrebbe dovuto tenere conto che il titolo provvisorio costituito dalla sentenza della CTP 48/2010 era venuto meno con la successiva sentenza della Commissione regionale 23/2012, che aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate, confermando il pagamento per intero della somma portata dall’avviso di accertamento. Pertanto, l’iscrizione a ruolo doveva avvenire anche per il “residuo” ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68 comma 1, lett. c).

Deve, infatti, farsi applicazione del principio di diritto affermato dalle sezioni unite sia pure nell’ipotesi di iscrizione nei ruoli straordinari ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15 bis, per cui l’iscrizione nei ruoli straordinari dell’intero importo delle imposte, degli interessi e delle sanzioni, risultante dall’avviso di accertamento non definitivo, prevista, in caso di fondato pericolo per la riscossione, del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 11 e 15 bis, costituisce misura cautelare posta a garanzia del credito erariale, la cui legittimità dipende pur sempre da quella dell’atto impositivo presupposto, che ne è il titolo fondante, sicchè, qualora intervenga una sentenza del giudice tributario, anche non passata in giudicato, che annulla in tutto o in parte tale atto, l’ente impositore, così come il giudice dinanzi al quale sia stata impugnata la relativa cartella di pagamento, ha l’obbligo di agire in conformità della statuizione giudiziale, sia ove l’iscrizione non sia stata ancora effettuata, sia, se già effettuata, adottando i conseguenziali provvedimenti di sgravio, o eventualmente di rimborso dell’eccedenza versata (Cass. Civ., Sez. Un., 13 gennaio 2017, n. 758). In motivazione si legge, infatti, che l’efficacia immediata delle sentenze delle commissioni tributarie trova base normativa sia nel primo che nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 2, in quanto “sia il comma 2 … sia il comma 1 – che disciplina la riscossione frazionata e graduale del tributo e dei relativi interessi sempre sulla base delle statuizioni della sentenza, trovando in questa, quindi, il titolo per l’esercizio del relativo potere – postulano evidentemente che le sentenze tributarie di merito abbiano un effetto immediato: basta osservare che, se quanto già eventualmente riscosso in più va (celermente) restituito, a fortiori, non può configurarsi la riscossione di un credito la cui esistenza sia stata negata dalla pronuncia del giudice”.

Se, quindi, il giudice tributario “… annulla, totalmente o parzialmente, l’atto impositivo (pur se in via non definitiva in attesa dell’eventuale giudizio di impugnazione), quest’ultimo, rispettivamente in toto o nei limiti della parte annullata, non può che perdere efficacia quale titolo idoneo a legittimare, in radice, l’inizio o la prosecuzione di un’azione di riscossione provvisoria, anche avente natura cautelare” (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 2017/758 in motivazione).

Del resto, già in precedenza si è ritenuto che deve essere esclusa la riscossione provvisoria per la pretesa tributaria annullata dal primo giudice che accoglie il ricorso del contribuente; in attesa che si formi il giudicato sulla questione, la sentenza che riconosce le ragioni del cittadino priva di supporto l’atto amministrativo che legittima la pretesa tributaria; viene meno, dunque, sia pure solo momentaneamente, il titolo su cui si fonda la ragione di credito dell’amministrazione (Cass. Civ., 10 luglio 2008, n. 19078; Cass. Civ., 22 settembre 2006, n. 20526).

L’iscrizione provvisoria a ruolo, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, ove la sentenza che ne ha determinato l’effetto sia stata riformata o cassata da decisioni della commissione regionale o della Corte di cassazione, deve ritenersi “travolta”, e ciò indipendentemente dalla impugnazione del ruolo stesso o dall’intervenuto pagamento della somma iscritta a ruolo, in considerazione dell’effetto espansivo esterno della sentenza di riforma ai sensi dell’art. 336 c.p.c., comma 2,(“la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata”). In conseguenza della riforma vengono meno gli effetti esecutivi della sentenza pur realizzati mediante un atto diverso, quale l’iscrizione a ruolo del tributo D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 68.

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4”, in quanto il ruolo straordinario di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 11e 15 bis, può essere formato quando vi è fondato pericolo per la riscossione, e quindi nel caso in esame in cui la società è stata messa in liquidazione ed ha una esposizione debitoria nei confronti del fisco.

2.1. Tale motivo è infondato.

Invero, non trattasi di motivazione solo “apparente”, come prospettato dalla ricorrente.

La Commissione regionale, infatti, ha analizzato compiutamente i fatti di causa ed ha fondato il proprio percorso argomentativo ancorandolo agli elementi fattuali emersi nel processo.

In particolare, la Commissione regionale ha evidenziato che il rilascio alla società della polizza fideiussoria da parte della Compagnia assicuratrice è indice di indiscutibile affidabilità della stessa.

5. Le sentenza impugnata va, quindi, cassata con riferimento al primo motivo di ricorso, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

In accoglimento del primo motivo di ricorso, rigettato il secondo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2018

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