Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30771 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2011, (ud. 01/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AMMINISTRAZIONE AUTONOMA DEI MONOPOLI DI STATO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, e MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE

FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente

domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA IPPICA di PESCARA di M. D’ALTERIO, DI MENNO & C. s.n.c.,

in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, via Paolo Emilio n. 34, presso l’avv. D’Angelo

Quirino, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. Giovanni Di

Biase, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Abruzzo, sez. staccata di Pescara, n. 291/10/06, depositata il 4

settembre 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 1

dicembre 2011 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;

udito l’Avvocato dello Stato Giovanni Palatiello per i ricorrenti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

FIMIANI Pasquale il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso

dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato e

l’inammissibilità del ricorso del Ministero dell’economia e delle

finanze.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato e il Ministero dell’economia e delle finanze propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, indicata in epigrafe, con la quale, in accoglimento dell’appello dell’Agenzia Ippica di Pescara di Massimo D’Alterio, Di Menno & C. s.n.c., ha ad essa riconosciuto il diritto al rimborso dell’imposta unica sulle scommesse relative alle corse dei cavalli versata nel periodo dal 16/6/1998 al 19/2/1999.

Il giudice a quo, premesso che l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato non si era costituita benchè ritualmente evocata, ha disapplicato il D.P.R. 8 aprile 1998, n. 169, ritenuto illegittimo per contrasto con l’art. 76 Cost..

2. L’Agenzia Ippica contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo, i ricorrenti denunciano nullità della sentenza per violazione dell’art. 101 c.p.c., chiedendo se sia viziata “la sentenza della CTR che, a fronte della mancata notifica dell’atto di appello alla Amministrazione convenuta in primo grado, si sia espressa nel merito senza preventivamente integrare il contraddittorio”.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

2. Con il secondo motivo, è denunciata, fra l’altro, violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, commi da 77 a 82, e del D.P.R. n. 169 del 1998, artt. 14, 15 e 16; si chiede in primo luogo a questa Corte se il regolamento di cui al citato D.P.R. n. 169 del 1998 abbia correttamente osservato i criteri direttivi della Legge Delega n. 662 del 1996, con particolare riferimento ai soggetti passivi, avendo fatto riferimento per la loro individuazione al presupposto d’imposta e alla base imponibile del tributo, e se, quindi, la sentenza impugnata sia viziata per aver ritenuto tale regolamento illegittimo per eccesso di delega. In subordine, si chiede di affermare comunque il principio in virtù del quale i soggetti passivi del tributo de quo siano coloro, come le agenzie ippiche, che accettano scommesse in occasione di qualsiasi gara o competizione.

Il motivo è fondato.

Le Sezioni unite di questa Corte, con sentenza n. 9672 del 2009, dopo una dettagliata ricostruzione della normativa di settore succedutasi nel tempo, hanno svolto le seguenti considerazioni, che il Collegio pienamente condivide e fa proprie.

Oggetto (o presupposto) dell’imposta in esame – la quale ha assunto nel corso degli anni varie denominazioni – è sempre stata l’attività consistente nell’organizzazione ed esercizio di giuochi di abilità e di concorsi pronostici, per i quali si corrisponda una ricompensa di qualsiasi natura e per la cui partecipazione sia richiesto il pagamento di una posta in denaro: conseguenza evidente è che soggetto all’imposta è chiunque svolga tale attività.

Per l’attività di questo tipo connessa alle corse dei cavalli, soggetto all’imposta è stata (esclusivamente) l’UNIRE fino a quando la legge a tale ente ha riservato le attività di organizzazione ed esercizio “di giuochi di abilità e di concorsi pronostici, per i quali si corrisponda una ricompensa di qualsiasi natura e per la cui partecipazione sia richiesto il pagamento di una posta in denaro”, “qualora siano connesse con manifestazioni sportive organizzate o svolte sotto il controllo” del predetto ente. La riserva in questione è stata “abrogata” dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 77, che ha riservato – con decorrenza dall’entrata in vigore del regolamento poi approvato con D.P.R. n. 169 del 1998 – ai Ministeri delle finanze e delle risorse agricole, alimentari e forestali, i quali possono provvedervi direttamente ovvero a mezzo di enti pubblici, società o allibratori da essi individuati, “l’organizzazione e la gestione dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, disciplinate dalla L. 24 marzo 1942, n. 315, e dal D.Lgs. 14 aprile 1948, n. 496, e successive modificazioni”. L’abrogazione della riserva all’UNIRE ha avuto l’effetto di equiparare, anche sotto il profilo fiscale, le attività del tipo considerato connesse alle corse dei cavalli alle analoghe attività connesse ad altri giochi od eventi, ricomponendo il quadro unitario disegnato con l’istituzione dell’imposta sugli spettacoli approvata con il D.P.R. n. 60 del 1972, con la conseguenza che sono soggetti all’imposta tutti coloro ai quali sia affidata, dai competenti Ministeri, l’organizzazione e la gestione dei giochi e delle scommesse de quibus.

In questa prospettiva il D.P.R. n. 169 del 1998 non ha introdotto alcuna modificazione del sistema vigente in materia di individuazione dei soggetti alla imposizione relativa all’attività in questione, che proprio in ragione dell’abolita riserva a favore dell’UNIRE sono tutti coloro che detta attività organizzano ed esercitano. La stessa Corte costituzionale ha chiarito, in proposito, che “il soggetto d’imposta può essere implicito nella stessa individuazione del presupposto d’imposta e, parallelamente, che se la gestione del gioco viene per legge attribuita a soggetti diversi dal CONI e dall’UNIRE, sono i concessionari a doverla pagare” (sent. n. 350 del 2007): non solo, ma nella medesima sentenza ora citata, la Corte costituzionale evidenzia che l’imposta sugli spettacoli “contemplava già i gestori come soggetti passivi”. Sicchè, quando nella sentenza n. 303 del 2005, il giudice delle leggi ha affermato che il giudice a quo avrebbe dovuto individuare i soggetti d’imposta sulla base delle leggi vigenti, intendeva significare che il D.P.R. n. 169 del 1998 non aveva introdotto sul punto alcuna innovazione, perchè la gestione del servizio scommesse a mezzo concessionari poteva considerarsi un punto fermo del sistema normativo previgente.

Ha errato, pertanto, il giudice a quo nel ritenere l’illegittimità del regolamento emanato con il detto D.P.R. n. 169 del 1998, nella parte in cui ha individuato il soggetto passivo d’imposta in enti della tipologia alla quale la contribuente si iscrive: essa era, infatti, già in base alle leggi vigenti, a prescindere dalle disposizioni di detto regolamento, soggetto di imposta.

3. Il terzo motivo di ricorso, con il quale si deduce la decadenza della contribuente dal diritto al rimborso per violazione del termine biennale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 resta assorbito.

4. In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, inammissibile il primo e assorbito il terzo; la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

5. Sussistono giusti motivi, in considerazione del fatto che la citata pronuncia delle Sezioni unite è successiva alla proposizione del presente ricorso, per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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