Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30771 del 28/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 28/11/2018, (ud. 30/10/2018, dep. 28/11/2018), n.30771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4486-2012 proposto da:

ELLISSE SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA PO 9, presso lo studio

dell’avvocato NAPOLITANO FRANCESCO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MILITERNO ALESSANDRA giusta delega a

margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 204/2011 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 13/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/10/2018 dal Consigliere Dott. FEDERICI FRANCESCO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE GIOVANNI che ha concluso previa riunione accoglimento del

1 motivo di ricorso, assorbiti gli altri;

udito per il ricorrente l’Avvocato MILITERNO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato GALLUZZO che si riporta agli

atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Le società Ellisse s.r.l. ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 204/22/11, depositata il 13.06.2011 dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio. Ha rappresentato che nei suoi confronti, era notificato dalla Agenzia delle Entrate avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2004 ai fini IRAP e IVA, contestando la presunta natura elusiva dell’operazione di acquisto del contratto di leasing riguardante l’azienda condotta dalla cedente società (OMISSIS) s.r.l.

Con l’atto impositivo in sintesi l’Ufficio riteneva che la cessione del contratto di leasing, relativo ad una azienda operante in (OMISSIS), ed esercente il commercio al dettaglio con il marchio (OMISSIS), per la pluralità dei cessionari avvicendatisi nel contratto e per il totale controllo della Conad del Tirreno s.c. sulla (OMISSIS) s.r.l., ultima cedente, e sulla Ellisse, cessionaria, avesse natura elusiva, perchè esclusivamente finalizzata al conseguimento di vantaggi fiscali mediante la creazione di costi fittizi e di crediti IVA. A tal fine con l’atto impositivo erano recuperati a tassazione Euro 214.056,00.

La società, che contestava l’avviso di accertamento, ricorreva alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che con sentenza n. 44/57/2010 rigettava il ricorso. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con la pronuncia ora impugnata, rigettava l’appello.

La contribuente censura la sentenza con undici motivi:

con il primo per nullità della sentenza D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 36 e art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per avere integralmente copiato la sentenza n. 205/11/2010, intervenuta tra l’Agenzia e la Elisse s.r.l. oltre che la Conad del Tirreno s.c., relativa a diverso avviso di accertamento notificato alle due società per i medesimi fatti ma ai fini IRES;

con il secondo motivo per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 4 e 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver riconosciuto la violazione del procedimento d’instaurazione del contraddittorio e per non aver motivato l’atto impositivo, come prescritto dalla norma a pena di nullità;

con il terzo per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 1 e 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il giudice regionale ha fondato il proprio convincimento senza analizzare le ragioni, diverse da quelle del solo vantaggio fiscale accreditato dalla Agenzia, prospettate dalle contribuenti;

con il quarto per omessa motivazione circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per aver trascurato la circostanza che non era stata mai data prova che la società (OMISSIS), dichiarata fallita in Italia, risultasse trasferita in Gran Bretagna sotto il profilo fiscale;

con il quinto per omessa motivazione circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver statuito sulla questione sollevata dalla contribuente in ordine al diritto di detrazione dell’Iva effettivamente versata per l’operazione contestata, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19;

con il sesto per contraddittorietà della motivazione della sentenza su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè l’atto impositivo richiamava il cit. art. 37 bis e contestualmente al D.P.R. n. 633 del 1973, art. 54, senza individuare la metodologia accertativa, e senza considerare che tra questa norma e la prima, non applicabile in materia di Iva, non vi era coerenza e compatibilità;

con il settimo per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1973, art. 54, nonchè dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver tenuto conto che l’art. 54 disciplina diverse ipotesi di accertamento, mentre dall’atto impositivo non era evincibile quale metodologia e a quale comma era riconducibile l’accertamento, e comunque per non aver preso in esame l’intera prospettazione dei fatti riportati dalla contribuente;

con l’ottavo per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 5, dell’art. 115 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente riconosciuto ai fini Irap la correttezza del recupero a tassazione dell’intero corrispettivo di acquisizione del ramo d’azienda in leasing, anzichè, come corretto, la sola quota di competenza dell’anno 2004 – secondo i principi di imputazione contabile – e corrispondente al solo costo imputato dalla società alla suddetta annualità (Euro 10.359,12);

con il nono per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l’erroneo riconoscimento del recupero a tassazione, ai fini Irap, del canone di leasing relativo alla mensilità del dicembre 2004, corrisposto alla società Sardaleasing, del tutto estranea alla vicenda addebitata alle contribuenti, e dunque corrispondente in ogni caso ad un costo effettivamente sostenuto;

con il decimo per omessa motivazione circa un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riguardo alla decisione assunta sulla mensilità del canone di leasing versata alla Sardaleasing;

con l’undicesimo per omessa motivazione circa fatti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, su una pluralità di eccezioni rilevanti per la ricostruzione dei fatti e per il giudizio sulla natura della operazione messa in atto.

Ha chiesto pertanto la cassazione della sentenza, con o senza rinvio.

Si è costituita l’Agenzia, contestando le ragioni del ricorso, del quale ha chiesto il rigetto.

Alla pubblica udienza del 30 ottobre 2018, dopo la discussione, il P.G. e le parti hanno concluso e la causa è stata trattenuta in decisione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Esaminando il primo motivo del ricorso, esso non è fondato.

La contribuente censura la sentenza affermando che essa non è altro che una pedissequa copia, e peraltro mal riprodotta al punto da rendere incomprensibili taluni passaggi, della diversa pronuncia con la quale la stessa sezione della Commissione Tributaria regionale definiva l’appello introdotto dalla medesima società e dalla Conad del Tirreno avverso altro avviso di accertamento, avente ad oggetto i medesimi fatti ma ai fini Ires.

La nullità di una sentenza non può riscontrarsi in una pronuncia che, pur quando in tutto o in gran parte riproducendo le ragioni di altra decisione, non sia comunque viziata da motivazione apparente, ipotesi quest’ultima riscontrabile solo quando alle riprodotte ragioni si aderisca senza alcuna consapevole e critica valutazione. Nel caso di specie la sentenza rivela una sua autonomia per aver innanzitutto rappresentato autonomamente e diversamente lo svolgimento dei fatti di causa; quanto alle ragioni della decisione, pur riproducendo la diversa pronuncia – con alcuni passaggi argomentativi a volte non perspicui -, esse sono senz’altro riconducibili al giudizio critico del giudice regionale, dovendo peraltro considerarsi che i fatti da cui erano scaturiti i due atti impositivi erano i medesimi, e le stesse ragioni dei ricorsi introduttivi dei contenziosi erano in gran parte coincidenti.

Quanto poi al fatto che la sentenza non si sarebbe pronunciata sui motivi di ricorso specificamente diretti ad una critica alle decisioni adottate in merito all’Iva, a parte che molte delle questioni implicavano, nell’avviso di accertamento, oltre l’Iva, anche l’Irap, con la conseguenza che il riferimento alla disciplina sulle regole di accertamento delle imposte dirette era in ogni caso pertinente, il motivo, così come formulato, è inammissibile perchè generico, non identificando analiticamente quali delle questioni sollevate ai fini dell’imposta sul valore aggiunto erano rimaste prive di adeguata risposta dal giudice regionale, nè riproducendo i passaggi dell’atto d’appello in cui quelle questioni erano state sollevate.

Con il secondo motivo, denunciando vizi del procedimento conclusosi con l’emissione dell’avviso di accertamento, la contribuente si duole della erroneità della sentenza per aver escluso la nullità dell’avviso di accertamento, emesso senza il rispetto del procedimento regolato dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 4 e 5.

In particolare la società sostiene che l’Agenzia instaurò un contraddittorio irrituale, invitando la Ellisse a “presentarsi” presso ufficio, assegnando a tal fine 15 giorni a partire dalla data di ricevimento della comunicazione, invitando ad “esibire documentazione idonea a giustificare le ragioni economiche ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis”, senza peraltro indicare i motivi per cui potevano rendersi applicabili i commi 1 e 2 della medesima norma; infine ammonendo che l’omessa comunicazione di notizie o esibizione e consegna di atti, documenti, libri e registri avrebbe pregiudicato il loro utilizzo a favore del contribuente in sede d’accertamento o di contenzioso.

La ricorrente ritiene che questa forma di instaurazione del contraddittorio, quanto a contenuti, termini assegnati e modalità di invito, era del tutto irregolare e non rispettosa delle rigorose prescrizioni contenute nel cit. art. 37 bis, comma 4, la cui violazione, vigente la norma, era sanzionata a pena di nullità.

Sul punto la sentenza, rigettando l’eccepita nullità, afferma che “Circa l’applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bisesso prevede, per la sua applicazione, la sussistenza di un profilo antielusivo, emergente da valide ragioni economiche, chieste non giuridicamente ma come criterio di “apprezzabilità economico-gestionale” riferibile ad operazioni prospettate in base a criteri oggettivi. Nella fattispecie vi è stato sul punto il contraddittorio con la parte contribuente in sede stragiudiziale e, quindi, dal contenuto di esso e dall’avviso di convocazione è di tutta evidenza la motivazione della richiesta chiarimenti ed avviso relativo, nè il termine di g. 15 ha impedito al soggetto convocato rappresentare proprie deduzioni che, all’occorrenza, potevano, con richiesta non proposta, essere fatta oggetto di differimento del termine. Peraltro ciò che è previsto, a pena di nullità, della convocazione non è il termine di g. 60 ma la carenza di motivata convocazione…”.

Ebbene, queste le ragioni esposte in sentenza, l’art. 37 bis, comma 4, così recita “L’avviso di accertamento è emanato, a pena di nullità, previa richiesta al contribuente anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2”. Il comma 5 inoltre prescrive che “…l’avviso di accertamento deve essere specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alle giustificazioni fornite dal contribuente….”.

Questa Corte ha reiteratamente affermato che assume rilievo invalidante dell’accertamento la mancata osservanza del contraddittorio procedimentale prescritto dall’art. 37-bis, commi 4 e 5 e dunque, nello specifico, la mancata previa richiesta di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta medesima, nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili il cit. art. 37 bis, commi 1 e 2. La disciplina espressamente prevista dalla norma prevede una rigorosa scansione dell’attività preparatoria all’eventuale emissione dell’avviso di accertamento – con cui si intende contestare al contribuente la natura elusiva delle operazioni poste in essere -, rigore fondato sulla necessità prioritaria, valutata evidentemente dal Legislatore con particolare attenzione, della instaurazione del contraddittorio secondo regole predeterminate. A tal fine anzi si è avvertito come la richiesta di chiarimenti per iscritto, concorrendo alla valutazione del fine elusivo dell’operazione, non può considerarsi sostituita da forme equipollenti quali l’attività svolta da verbalizzanti o dalle eventuali dichiarazioni del contribuente in sede di verifica (cfr. Cass., sent. n. 693/2015). Peraltro la motivazione dell’avviso deve contenere un esplicito riferimento alle giustificazioni fornite dal contribuente.

L’importanza annessa al rispetto delle regole dettate dal cit. art. 37 bis, commi 4 e 5, comporta che la loro violazione sia penalizzata con la nullità dell’atto impositivo (cfr. in motivazione Cass., sent. n. 2439/2017; cfr. inoltre 2239/2018; 693/2015 cit.).

D’altronde, in ordine al rigoroso rispetto delle regole – sebbene sotto il più specifico profilo della mancata osservanza del termine per l’emissione dell’avviso di accertamento – è intervenuta la Corte Costituzionale, ribadendo la coerenza della disciplina ai parametri costituzionali (C. Cost., sent. n. 132 del 2015).

Ciò chiarito, nel caso di specie l’Amministrazione ha inteso instaurare il contraddittorio invitando la contribuente a presentarsi presso l’ufficio, anzicchè chiedere chiarimenti da inviare per iscritto; ha concesso termine di 15 giorni per la presentazione, anzicchè accordare i prescritti 60 gg.; con l’invito ha fatto mero rinvio all’art. 37 bis, anzicchè indicare i motivi per cui si ritenevano applicabili l’art. 37 bis, commi 1 e 2. Emerge con evidenza che le modalità, i termini e i contenuti dell’instaurando contraddittorio sono stati del tutto divergenti da quanto prescritto dalla disciplina. La scansione rigorosa dei tempi e dei contenuti è stata dunque del tutto violata e a fronte di ciò le ragioni offerte dalla Agenzia per spiegare le modalità applicate e il rispetto comunque sostanziale delle garanzie del contraddittorio previste dalla norma sono del tutto inadeguate, infrangendosi nella obiettiva constatazione del mancato rispetto delle regole.

Anche l’obbligo di motivare l’atto impositivo tenendo conto delle ragioni illustrate dal contribuente risulta violato, atteso che dagli atti e dalla stessa sentenza del giudice regionale emerge come l’avviso di accertamento abbia evidenziato tutti gli elementi da cui l’Amministrazione ha inteso trarre la natura elusiva delle operazioni contestate, ma in esso noti si fa alcun cenno alle ragioni addotte dalle società per giustificare le operazioni medesime (in sintesi l’intenzione di mantenere in attività il punto vendita commerciale di prodotti con marchio (OMISSIS)). Sul punto questa Corte ha ribadito più volte che l’atto deve essere specificamente motivato in relazione alle giustificazioni fornite a seguito della richiesta di chiarimenti (693/2015 cit.; 2239/2018 cit.).

In conclusione il motivo è fondato e trova accoglimento.

L’accoglimento del secondo motivo, con il quale si è riconosciuta l’irritualità della costituzione del contraddittorio e la violazione delle regole imposte dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis, commi 4 e 5, previste a pena di nullità dell’avviso di accertamento, assorbe tutti gli altri motivi.

Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza va cassata.

Tenuto conto delle ragioni per le quali il ricorso delle contribuenti è stato accolto, non richiedendosi ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 a tal fine, essendo stata riconosciuta la nullità dell’avviso di accertamento, deve trovare accoglimento il ricorso introduttivo del contribuente.

All’esito del giudizio segue la regolamentazione delle spese processuali per tutti i gradi di giudizio, ritenendosi corretta la compensazione delle spese dei gradi di merito e la condanna della Agenzia alle spese del giudizio di legittimità, nella misura specificata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza e decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese processuali dei gradi di merito e condanna l’Agenzia alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 5.000,00, oltre spese generali nella misura forfettaria del 15% e accessori di legge se dovuti.

Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2018

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