Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3077 del 08/02/2011

Cassazione civile sez. II, 08/02/2011, (ud. 05/11/2010, dep. 08/02/2011), n.3077

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI STIGNANO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato

e difeso, in forza di Delib. G.C. 5 novembre 2008, n. 78 e di procura

speciale a margine del ricorso, dall’Avvocato Carnuccio Francesco,

presso lo studio del quale in Roma, via Ottaviano n. 32, è

elettivamente domiciliato;

– ricorrente –

contro

S.P.;

– intimato –

avverso la sentenza del Tribunale di Locri – Sezione distaccata di

Siderno n. 274/08, depositata in data 15 luglio 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5

novembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il Comune di Stignano ha impugnato per cassazione la sentenza n. 274/08, depositata in data 15 luglio 2008, con la quale il Tribunale di Locri – Sezione staccata di Siderno ha rigettato L’appello da esso Comune proposto avverso la sentenza del Giudice di pace di Stilo depositata il 14 luglio 2006, che aveva accolto l’opposizione proposta, L. n. 689 del 1981, ex art. 22 da S. P. avverso il verbale di accertamento e contestazione di infrazione del Comando della Polizia municipale di Stignano in data (OMISSIS), avente ad oggetto l’accertata violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 7;

che, a fondamento della opposizione, lo S. aveva dedotto la violazione dell’art. 200 C.d.S., per mancata contestazione immediata;

la mancata informazione, a mezzo di idonea cartellonistica, dei rilevatori automatici per il controllo della velocità; l’inidoneità tecnica, per mancata taratura, della strumentazione di accertamento;

la nullità del verbale per omessa sottoscrizione autografa dell’agente accertatore;

che il Tribunale, rilevato che, nel caso di specie, la violazione del limite di velocità era stata accertata a mezzo velomatic 512 e che non vi era stata contestazione immediata, ha rigettato l’appello del Comune rilevando che il quadro normativo conseguente alla entrata in vigore del D.L. n. 121 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 168 del 2002, esclude la sussistenza di un’arbitraria facoltà per l’amministrazione di precostituirsi un’ipotesi di deroga al principio di contestazione immediata della violazione, che costituisce ora la regola della contestazione, essendo al contrario predeterminati sia i casi che le sedi stradali interessate dall’utilizzazione degli strumenti elettronici di rilevazione della velocità;

che, nella specie, la violazione era stata accertata in un tratto di strada non ricompresa dal Prefetto tra le strade extraurbane secondarie in cui è stata accertata l’esistenza di obiettive circostanze che legittimano l’impiego di apparecchiature a distanza;

che inoltre il Tribunale, pur dando atto che l’apparecchiatura utilizzata risultava dal verbale di accertamento omologata con D.M. Lavori Pubblici 27 novembre 1989, ha rilevato altresì che il Comune, nei due gradi di giudizio, non aveva prodotto il certificato di omologazione del velomatic in concreto utilizzato, sicchè questo non poteva ritenersi una valida fonte di prova della violazione dell’art. 142;

che il Tribunale ha ritenuto infine insussistenti la denunciata nullità del verbale;

che il Comune di Stignano propone quattro motivi di ricorso;

che l’intimato non ha svolto attività difensiva;

che essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ., ai sensi di tale norma è stata redatta relazione, che è stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero.

Considerato che il relatore designato, nella relazione depositata il 26 luglio 2010, ha formulato la seguente proposta di decisione:

“… Con il primo motivo, il Comune deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 121 del 2002, art. 4 nonchè violazione degli artt. 142, 200 e 201 C.d.S., affermando che la disposizione dell’art. 4, citato D.L. non preclude la possibilità per gli agenti di polizia di procedere a rilevazione delle violazioni del limite di velocità a mezzo di apparecchiature elettroniche tutte le volte in cui, non rientrando la strada tra quelle espressamente previste dalla citata disposizione e non essendo la strada stessa inclusa dal Prefetto nell’elenco delle strade in cui possono essere utilizzate dette apparecchiature, queste siano utilizzate direttamente dagli agenti stessi, i quali devono procedere a contestazione immediata salvo il caso in cui ciò non sia possibile ai sensi dell’art. 201 C.d.S. e dell’art. 384 reg. esec. C.d.S.; evenienza, questa, che si era verificata nel caso di specie, essendosi dato atto nel verbale di contestazione che non era stato possibile procedere a contestazione immediata dell’infrazione, ai sensi di quanto previsto dall’art. 201 C.d.S., comma 1-bis, lett. e) e dell’art. 384 reg. att.. Il Comune formula il seguente quesito di diritto:

“Dica la Corte Suprema che gli agenti di polizia in servizio sulle strade per le quali non è applicabile la speciale disciplina di cui al D.L. n. 121 del 2002, art. 4 convertito in L. n. 168 del 2002 (per l’assenza del decreto prefettizio ex art. 4, comma 2, cit.) possono par intenti procedere al rilevamento della velocità tenuta dai conducenti gli autoveicoli a mezzo apparecchiature elettroniche (autovelox) dagli stessi (agenti) direttamente gestite (se pur con l’obbligo della immediata contestazione della velocità vietata, salvo però le eccezioni espressamente previste dall’art. 201 C.d.S. ed esemplificate dall’art. 384 reg. att. C.d.S.)”.

Il motivo è manifestamente fondato, trovando applicazione il principio reiteratamente affermato da questa Corte, secondo cui “il disposto del D.L. n. 121 del 2002, art. 4, comma 1 convertito, con modificazioni, nella L. n. 168 del 2002, integrato con la previsione dello stesso art. 4, comma 2 – che indica, per le strade extraurbane secondarie e per le strade urbane di scorrimento, i criteri di individuazione delle situazioni nelle quali il fermo del veicolo, al fine della contestazione immediata, può costituire motivo d’intralcio per la circolazione o di pericolo per le persone, situazioni ritenute sussistenti a priori per le autostrade e per le strade extraurbane principali – evidenzia come il legislatore abbia inteso regolare l’utilizzazione dei dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni delle norme di comportamento di cui agli artt. 142 e 148 C.d.S. (limiti di velocità e sorpasso), tra l’altro, anche in funzione del medesimo art. 4, comma 4 con il quale si esclude tout court l’obbligo della contestazione immediata. Ne consegue che la norma del predetto art. 4 non pone una generalizzata esclusione delle apparecchiature elettroniche di rilevamento al di fuori delle strade prese in considerazione, ma lascia, per contro, in vigore, relativamente alle strade diverse da esse, le disposizioni che consentono tale utilizzazione ma con l’obbligo della contestazione immediata, salve le eccezioni espressamente previste dall’art. 201, C.d.S., comma 1-bis” (Cass., n. 376 del 2008; Cass., n. 1889 del 2008). Con il secondo motivo, il Comune deduce violazione e falsa applicazione del D.L. n. 121 del 2002, art. 4 e degli artt. 142, 200 e 201 C.d.S., in relazione all’art. 384 reg. esec. e att. C.d.S., sostenendo che il Tribunale avrebbe errato nel non considerare che l’art. 201 C.d.S. e l’art. 384 reg. C.d.S. devono trovare applicazione anche dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 121, art. 4 per il caso di violazioni accertate direttamente dagli agenti di polizia con l’ausilio di apparecchiature elettroniche su strade non comprese nel decreto prefettizio adottato in applicazione dell’art. 4, comma 2, citato D.L.. Il ricorrente formula il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte Suprema che nel caso di accertamento della violazione dei limiti di velocità a mezzo autovelox (art. 142 C.d.S.), da parte degli agenti di polizia che direttamente gestiscono l’apparecchiatura elettronica, è consentita la contestazione differita dell’infrazione quando si verificano le situazioni di impossibilità contemplate dall’art. 201, comma 1-bis, (lett. e); e ciò pur con l’obbligo della specificazione a verbale delle ostative ragioni, che se riconducibili a quelle tipizzate dall’art. 384 reg.

C.d.S., (lett. e) divengono insindacabili”. Anche questo motivo è manifestamente fondato, trovando applicazione il principio per cui “in materia di accertamento di violazioni delle norme sui limiti di velocità compiuto mediante apparecchiature di controllo (autovelox), l’indicazione nel relativo verbale notificato di una delle ragioni, tra quelle indicate dall’art. 384 reg. esec. C.d.S., che rendono ammissibile la contestazione differita dell’infrazione (nella specie, art. 384 reg. esec C.d.S., lett. e, concernente l’ipotesi in cui l’accertamento avvenga a mezzo di appositi apparecchi di rilevazione che permettono “la determinazione dell’illecito in tempo successivo ovvero dopo che il veicolo oggetto di rilievo sia già a distanza dal posto di accertamento o comunque nell’impossibilità di essere fermato in tempo utile e nei modi regolamentari”) rende ipso facto legittimi il verbale medesimo e la conseguente irrogazione della sanzione, senza che, in proposito, sussista alcun margine di apprezzamento da parte del giudice di merito, cui è inibito il sindacato sulle scelte organizzative dell’Amministrazione” (v. tra le più recenti, Cass., n. 24355 del 2006; Cass., n. 9308 del 2007, nonchè Cass., n. 19032 del 2008).

Con il terzo motivo, il Comune di Stignano denuncia violazione dell’art. 142 C.d.S. e violazione e falsa applicazione dell’art. 345 del regolamento di esecuzione: nonchè del D.M. Lavori Pubblici 27 novembre 1989, n. 2971. Ai fini della sussistenza del requisito della omologazione dell’apparecchiatura elettronica utilizzata per la rilevazione della velocità e la contestazione dell’infrazione, osserva il ricorrente, ciò che rileva è che il modello di apparecchiatura sia omologato e non anche la singola specifica apparecchiatura in concreto usata. Nel caso di specie, lo stesso verbale di accertamento dava atto dell’esistenza di un decreto ministeriale di omologazione del tipo di apparecchiatura utilizzata;

e tanto sarebbe stato sufficiente per poter utilizzare come fonte di prova della velocità, le risultanze della rilevazione della quale si dava atto nel verbale. Il Comune formula il seguente quesito di diritto:

“Dica la Corte Suprema che non è necessario che ogni esemplare di strumento elettronico rilevatore della velocità (art. 345 reg.

C.d.S., comma 2) – prima dell’uso da parte degli organi di polizia – sia sottoposto ad omologazione da parte del Ministero dei LL.PP., essendo sufficiente che sia stato preventivamente omologato il tipo di strumento usato”.

Il motivo è manifestamente fondato, avendo la Corte di cassazione chiarito che la necessità di omologazione dell’apparecchiatura di rilevazione automatica, ai fini della validità del relativo accertamento, va riferita al singolo modello e non al singolo esemplare, come si desume, sul piano logico e letterale, dal D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 345, comma 2, così come modificato dal D.P.R. 16 settembre 1996, n. 610, art. 197, secondo cui non ciascun esemplare ma le singole apparecchiature devono essere approvate dal Ministero dei lavori pubblici (Cass., n. 29333 del 2008, ed ivi precedenti richiamati); il termine di validità dell’omologazione da parte dei competenti organi ministeriali attiene non ad un arco di tempo durante il quale l’apparecchiatura può essere validamente utilizzata ed oltre il quale tale utilizzazione non è più legittima – dacchè tale operatività, una volta omologato il modello, dipende soltanto dalla permanente funzionalità della singola apparecchiatura – ma ad un arco di tempo durante il quale le apparecchiature di quel modello possono continuare ad essere commercializzate dal costruttore (Cass., n. 28333 del 2008, cit.;

Cass., n. 9950 del 2007); – in tema di rilevazione dell’inosservanza dei limiti di velocità dei veicoli a mezzo di apparecchiature elettroniche, nè il codice della strada (art. 142, comma 6) nè il relativo regolamento di esecuzione (D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 345) prevedono che il verbale di accertamento dell’infrazione debba contenere, a pena di nullità, l’attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l’uso, giacchè, al contrario, l’efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica della velocità dei veicoli perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento stesso, o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento, senza che possa farsi leva, in senso contrario, su considerazioni di tipo meramente congetturale”, connesse all’idoneità della mancanza di revisione o manutenzione periodica dell’attrezzatura a pregiudicarne l’efficacia ex art. 142 C.d.S., (Cass., n. 28333 del 2008, cit., e altre ivi richiamate).

Con il quarto motivo di ricorso, il Comune deduce vizio di motivazione in ordine alla ritenuta mancanza del certificato di omologazione dell’apparecchiatura utilizzata pur in presenza dell’attestazione, contenuta nel verbale di accertamento, dell’intervenuta omologazione del tipo di apparecchiatura in concreto usata, e ciò nonostante che il Tribunale abbia fatto riferimento alla sentenza n. 23978 del 2007, che aveva affermato la piena efficacia probatoria degli strumenti elettronici sino a che non venga dimostrato il malfunzionamento.

Il motivo è assorbito dall’accoglimento del precedente.

Sussistono pertanto le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”;

che il Collegio condivide la proposta di decisione ora richiamata, alla quale non sono state formulate critiche di sorta;

che, pertanto, il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata;

che, non apparendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., può essere decisa nel merito, con il rigetto dell’opposizione proposta da S. P.;

che quest’ultimo, in applicazione del principio della soccombenza, deve essere condannata al pagamento, in favore del Comune, delle spese dell’intero giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione proposta da S. P.; condanna quest’ultimo al pagamento delle spese dell’intero giudizio che liquida, quanto al giudizio di primo grado, in Euro 450,00, di cui Euro 50,00 per spese, Euro 150,00 per diritti, ed Euro 250,00 per onorari; per il giudizio di appello, in Euro 550,00, di cui Euro 50,00 per spese, Euro 100,00 per diritti ed Euro 400,00 per onorari di avvocato; per il giudizio di legittimità, in Euro 600,00, di cui Euro 400,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge per tutti i gradi del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 5 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2011

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