Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30767 del 28/11/2018

Cassazione civile sez. II, 28/11/2018, (ud. 25/09/2018, dep. 28/11/2018), n.30767

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3083-2017 proposto da:

PARCO LOMBARDO DELLA VALLE DEL TICINO, elettivamente domiciliato a

Roma, via Claudio Monteverdi 20, presso lo studio dell’Avvocato

ALFREDO CODACCI PISANELLI che, unitamente all’Avvocato AMBROGIO

ROBECCHI MAJNARDI, lo rappresenta e difende per procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.N., rappresentato e difeso dall’Avvocato GIUSEPPE

ANTONIO MADEO ed elettivamente domiciliato a Roma, via Cardinal De

Luca 1, presso lo studio dell’avv. DOMENICO CONDELLO per procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2694/2016 della CORTE D’APPELLO DI MILANO,

depositata il 20/7/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/9/2018 dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Consorzio Parco Lombardo della Valle del Ticino, in data 27/12/2011, con provvedimento n. prot. 14116/2011, ha ordinato a A.M.C., R.L. e R.A., nella qualità di comproprietari, ed a S.N., in qualità di autore materiale della condotta illecita – consistita nel disboscamento irreversibile di un fondo senza le prescritte autorizzazioni, accertata con verbale del 28/6/2006 e già sanzionata con ingiunzione di pagamento n. 2510/2011 – ha emesso nei loro confronti una nuova sanzione, ordinando agli stessi il ripristino dello stato dei luoghi attraverso la piantumazione di una serie specifica di vegetali, con le modalità dettagliatamente ivi indicate, entro il mese di febbraio del 2012.

A.M.C., R.L. e R.A., nella qualità di comproprietari del fondo, con ricorso del 30/1/2012, hanno proposto opposizione. Lo stesso hanno fatto, con ricorso del 3/2/2012, S.N. ed A.E..

Riuniti i procedimenti, il tribunale di Pavia, con sentenza n. 333/2014, depositata in data 11/12/2014, ha accolto tanto l’opposizione proposta da A.M.C., R.L. e R.A., quanto l’opposizione proposta da S.N. ed A.E., dichiarando l’illegittimità della sanzione amministrativa ad essi irrogata in data 27/12/2011.

Il Consorzio Parco Lombardo della Valle del Ticino, con citazione del 19/10/2015, ha proposto appello chiedendo, in riforma della sentenza, il rigetto opposizione proposta da S.N.. Quest’ultimo, costituendosi in giudizio, ha contestato la fondatezza dell’appello e ne ha chiesto il rigetto.

La corte d’appello di Milano, con sentenza depositata in data 20/7/2016, ha rigettato l’appello.

La corte, in particolare, dopo aver premesso che la sentenza del tribunale di Pavia è pacificamente passata in giudicato nei confronti dei comproprietari del terreno, ha ritenuto che la definitività della pronuncia di illegittimità dell’ordinanza-ingiunzione con la quale era stato ordinato agli stessi il ripristino dello stato dei luoghi, attraverso la piantumazione di una serie specifica di vegetali, escludesse la che l’appello potesse essere accolto. L’azione ripristinatoria, di natura reale, avrebbe dovuto essere necessariamente riproposta – ha aggiunto la corte – anche nei confronti dei comproprietari del terreno in quanto soltanto i proprietari possono essere destinatari dell’ordine di ripristino e piantumazione, anche se l’asserito illegittimo disboscamento è stato materialmente realizzato dal S.. Il Parco, quindi, non avendo titolo nei confronti dei comproprietari per eseguire i lavori di ripristino e piantumazione in caso di ottemperanza, neppure può porre a carico del S. i relativi oneri a norma della L.R. Lombardia n. 27 del 2004, art. 23, comma 12.

Il Parco Lombardo della Valle del Ticino, con ricorso notificato il 23/1/2017, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza, dichiaratamente non notificata.

S.N. ha resistito con controricorso notificato il 3.8/3/2017.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 331 c.p.c., per la mancata emissione dell’ordine di integrazione del contraddittorio, ha censurato la sentenza impugnata nella parte la corte d’appello, pur avendo chiaramente affermato il litisconsorzio necessario tra le parti del giudizio di primo grado, non ha poi ordinato l’integrazione del contraddittorio assegnando termine per la notifica dell’appello anche ai comproprietari dell’area.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello non ha considerato che il S. solo nel giudizio d’appello aveva eccepito di non aver un autonomo accesso al bene oggetto della violazione e di non potere, pertanto, a fronte della mancata impugnazione della sentenza nei confronti dei comproprietari del bene, dare esecuzione all’obbligazione di ripristino dello stato dei luoghi.

3. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione della L.R. Lombardia n. 27 del 2004, art. 23, comma 12, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello non ha considerato la portata pubblicistica della norma che, in caso di distruzione o danneggiamento di aree boscate, prevede che l’ordine di ripristino sia emesso nei confronti del solo trasgressore, avendo, poi, l’ente la possibilità, ma non l’obbligo, di indirizzarlo anche ai comproprietari quali obbligati in solido ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 6.

4. Il primo motivo è fondato con assorbimento degli altri. L’oggetto del giudizio d’opposizione a sanzione amministrativa, disciplinato dalla L. n. 689 del 1981, art. 22 e 23 non è il provvedimento opposto in sè riguardato quale atto amministrativo, ma l’esistenza, o meno, della pretesa sanzionatoria che esso esprime, vale a dire, nella specie, il diritto del Parco, nei confronti tanto dei comproprietari del terreno, quanto dell’autore materiale della violazione contestata, al ripristino dello stato dei luoghi, attraverso la piantumazione di una serie specifica di vegetali. Ora, come questa Corte ha più volte affermato, nel caso in cui la causa concerna la sussistenza, o meno, di un obbligo (non già di pagare una somma di denaro, come nell’ipotesi prevista dalla L. n. 689 del 1981, art. 6 ma) di facere, al giudizio di impugnazione devono prendere parte tutti i soggetti nei confronti dei quali tale obbligo debba essere eventualmente fatto valere, trattandosi di litisconsorzio necessario (cfr. Cass. n. 8835 del 1995, per la quale, in tema di giudizi possessori, quando per l’attuazione della tutela richiesta sia necessaria la rimozione dello stato di fatto abusivamente creato, con l’abbattimento di opere appartenenti in comproprietà anche a terzi non presenti in giudizio, che, giovandosi dell’altrui fatto lesivo, vanno considerati quali autori morali dello spoglio o della turbativa, sussiste la inscindibilità della causa e la conseguente necessità di integrare nei loro confronti il contraddittorio, poichè altrimenti la pronunzia concernente la riduzione in pristino risulterebbe “inutiliter” data, non potendo venire eseguita nè nei confronti dei comproprietari non presenti in causa, nè nei soli confronti di quelli presenti, in proporzione alla loro quota di comproprietà; Cass. n. 4382 del 2009, in motiv.). L’omessa notifica dell’impugnazione al litisconsorte necessario non comporta, peraltro, l’inammissibilità del gravame ma – sempre che la parte non intimata non si sia comunque costituita – l’esigenza dell’integrazione del contraddittorio per ordine del giudice, in mancanza del quale la nullità dell’intero processo di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso è rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Cass. n. 14423 del 2010). Nel caso di specie, invece, la corte d’appello, pur a fronte della mancata notificazione dell’atto di appello ai comproprietari del fondo, non ha provveduto ad ordinare, come imposto dall’art. 331 c.p.c., l’integrazione del contraddittorio nei loro confronti. La sentenza impugnata dev’essere, per l’effetto, cassata, con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Milano che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente procedimento.

P.Q.M.

la Corte così provvede: accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Milano che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente procedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2018

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