Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30765 del 22/12/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/12/2017, (ud. 16/10/2017, dep.22/12/2017),  n. 30765

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con ricorso per cassazione notificato il giorno 11 aprile 2016 Z.C.R. chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’appello di Palermo che, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto le sue domande nei confronti della ASP Azienda sanitaria provinciale di Agrigento.

2. L’azienda ha depositato controricorso, concludendo per l’inammissibilità o l’infondatezza dell’impugnazione.

3. Su proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il presidente della sesta sezione civile ha fissato con decreto la camera di consiglio dinanzi al collegio previsto dal par. 41.2 delle tabelle della Corte, indicando che è stata ravvisata un’ipotesi di improcedibilità del ricorso perchè la sentenza impugnata e la relativa notificazione sono state depositate senza attestazione di conformità.

4. Il decreto è stato comunicato alle parti. La ricorrente ha depositato una memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

5. Il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.

6. L’art. 369 c.p.c. dispone: “Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte, a pena d’improcedibilità, nel termine di giorni venti dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto. Insieme al ricorso devono essere depositati, sempre a pena di improcedibilità:…..2) copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta”.

7. Nel caso in esame, insieme al ricorso, è stata depositata una copia della sentenza della Corte d’appello di Palermo pubblicata il 1 febbraio 2016, oggetto dell’impugnazione, e una copia della relazione di notifica della sentenza richiesta dall’avvocato dell’azienda nei confronti della Z.. Nè la sentenza, nè la relazione di notifica sono in copia autentica. Non vi è alcuna attestazione di conformità.

8. Si pone il problema di stabilire come si declina l’obbligo previsto dall’art. 369 c.p.c., quando, come nel caso in esame, la sentenza di appello oggetto dell’impugnazione sia stata notificata in modalità telematica. Ed in particolare, quando la notifica telematica della sentenza sia stata fatta dalla controparte vittoriosa in appello, che nel giudizio di cassazione è intimata. opportuno richiamare i principi fondamentali che regolano la materia in generale, per poi esaminare gli specifici problemi posti dal processo telematico.

10. Cass., sez. un., 16 aprile 2009, n. 9005, in sede di interpretazione dell’art. 369 c.p.c., ha affermato: “La previsione – di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al comma 1 stessa norma, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve. Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto dell’art. 372 c.p.c., comma 2, applicabile estensivamente, purchè entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1, e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell’impugnazione”.

11. Quindi, il ricorrente deve allegare al ricorso per cassazione copia autenticata della sentenza e della relazione di notificazione della sentenza. La mancata allegazione di uno di questi atti determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione, come espressamente affermato dall’art. 369 c.p.c..

12. L’improcedibilità può essere evitata con un deposito successivo, purchè ciò avvenga entro il limite temporale di venti giorni dalla notifica del ricorso per cassazione, il termine cioè entro il quale il ricorso deve essere depositato, dopo essere stato notificato.

13. La mancanza del deposito dell’uno o dell’altro atto, anche se non eccepita, deve essere rilevata d’ufficio dalla Corte.

14. Non rileva l’eventuale non contestazione da parte del controricorrente.

15. Nè rileva la presenza negli atti della copia autentica della sentenza con relazione di notifica, perchè depositata dal controricorrente o presente nel fascicolo d’ufficio.

16. Il rigore di quest’ultimo passaggio è stato attenuato dalle sezioni unite con la sentenza 2 maggio 2017, n. 10648.

17. Questa pronuncia, ribaditi tutti gli altri punti, ha affermato che non si applica la sanzione della improcedibilità quando il documento mancante sia nella disponibilità del giudice perchè prodotto dalla controparte o perchè presente nel fascicolo d’ufficio acquisito su istanza della parte.

18. Nella medesima sentenza le sezioni unite hanno peraltro colto l’occasione per ribadire che:

19. L’art. 369 c.p.c. non consente di distinguere tra deposito della sentenza impugnata e deposito della relazione di notificazione, con la conseguenza che anche la mancanza di uno solo dei due documenti determina l’improcedibilità.

20. L’improcedibilità può essere evitata se il deposito del documento mancante avviene in un momento successivo, purchè entro il termine di venti giorni dalla notifica del ricorso per cassazione.

21. L’improcedibilità non può invece essere evitata qualora il deposito avvenga oltre detto termine. In particolare, le sezioni unite affermano che “consentire il recupero dell’omissione mediante la produzione a tempo indeterminato con lo strumento dell’art. 372 c.p.c. vanificherebbe il senso del duplice adempimento del meccanismo processuale. L’improcedibilità, infatti, a differenza di quanto previsto in altre situazioni procedurali trova la sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo che ostacola la sequenza di avvio di un determinato processo”.

22. Al contrario, l’improcedibilità non sussiste quando il ricorso per cassazione risulta notificato prima della scadenza dei sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza e quindi nel rispetto del termine breve per l’impugnazione, perchè in tal caso perde rilievo la data della notifica del provvedimento impugnato (Cass. 10 luglio 2013, n. 17066).

23. Richiamati questi principi di carattere generale, si può passare ad esaminare i problemi specifici posti dall’applicazione dell’art. 369 c.p.c. quando nel processo di merito la notifica della sentenza di appello sia avvenuta con modalità telematiche.

24. Il processo telematico non è stato (ancora) esteso dal legislatore al giudizio di cassazione che è tuttora un processo analogico (con la sola eccezione delle comunicazioni e notificazioni da parte delle cancellerie delle sezioni civili secondo quanto previsto dal D.M. Giustizia 19 gennaio 2016, emesso ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 10).

25. Ciò comporta la necessità di estrarre copie analogiche (cioè cartacee) degli atti digitali.

26. Il legislatore ha espressamente disciplinato la materia.

27. Quanto agli atti del giudice, degli ausiliari o delle parti presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti civili dinanzi ai Tribunali ed alle Corti d’appello, il D.L. n. 179 del 2012, art. 16 bis, comma 9-bis convertito con modificazioni nella L. n. 221 del 2012 (introdotto dall’art. 52, comma 1, lett. a), D.L. 24 giugno 2014, n. 90 convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114) dispone che il difensore può estrarre con modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche ed attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico. La norma precisa che tali copie analogiche o informatiche equivalgono all’originale.

28. Pertanto, se il provvedimento della Corte d’appello impugnato per cassazione è inserito nel fascicolo informatico, il difensore può estrarne una copia analogica, attestarne la conformità e depositarla nella cancelleria della Corte di cassazione.

29. Quanto alla notifica del provvedimento impugnato, il potere di attestarne la conformità deriva da una duplice integrazione della legge che regola la materia delle notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati: cioè la L. 21 gennaio 1994, n. 53.

30. La prima integrazione è stata effettuata nel 2012 dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16-quater, comma 1, lett. i), convertito con modificazioni nella L. n. 221 del 2012, come inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 19, n. 2).

31. La seconda integrazione è stata operata nel 2014 dall’art. 46, comma 1, lett. c-bis, inserito in sede di conversione del D.L. 24 giugno 2014, n. 90 nella L. 11 agosto 2014, n. 114.

32. Le integrazioni consistono nell’aggiunta di due commi alla L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 9: il comma 1-bis (aggiunto nel 2012) e il comma 1-ter (aggiunto nel 2014).

33. Il comma 1-bis dispone: “Qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a norma dell’art. 3-bis (cioè la norma, anch’essa introdotta dal D.L. n. 179 del 2012, che disciplina le notificazioni con modalità telematiche), l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 23, comma 1”.

34. La disposizione quindi riguarda le situazioni in cui, come nel giudizio di cassazione, non è possibile procedere al deposito con modalità telematiche. Si prevede che l’avvocato in tali casi deve porre in essere una duplice operazione: 1) estrarre copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata e dei suoi allegati (provvedimento impugnato e relazione di notificazione), nonchè della ricevuta di accettazione e della ricevuta di avvenuta consegna; 2) attestare la conformità delle copie analogiche ai documenti informatici da cui sono tratte.

35. Il comma 1-bis richiama l’art. 23, comma 1 CAD, che disciplina il valore probatorio delle copie attestate come conformi da un pubblico ufficiale, e così recita: “Le copie su supporto analogico di documento informatico, anche se sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale”.

36. La previsione del CAD, che riguarda tutte le amministrazioni, richiede quindi l’attestazione di conformità di un pubblico ufficiale. Per consentire agli avvocati di fare le relative attestazioni è stata modificata (sempre ad opera del D.L. n. 179 del 2012 e successive integrazioni) un’altra disposizione della L. n. 53 del 1994 e cioè l’art. 6, che nel nuovo testo dispone: “L’avvocato che compila la relazione o le attestazioni di cui agli artt. 3, 3-bis e 9 o le annotazioni di cui all’art. 5, è considerato pubblico ufficiale ad ogni effetto”.

37. Mediante il combinato disposto di questa norma e degli art. 3, 3-bis e 9 (prima esaminato), pertanto, l’avvocato, in qualità di pubblico ufficiale, ha il potere di attestare la conformità agli originali digitali delle copie del messaggio di posta elettronica certificata inviato all’avvocato di controparte, delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, nonchè degli atti allegati, compresivi dalla relazione di notificazione.

38. L’art. 9, comma 1 bis collegato al comma 1 medesimo articolo, concerne il notificante. Per superare questa delimitazione, nel 2014 è stato inserito un ulteriore comma nell’art. 9. E’ il comma 1-ter, che così dispone: In tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis”.

39. Con quest’ultima norma il potere di attestazione di conformità dell’analogico al digitale è stato generalizzato ed esteso “a tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione”, compreso, pertanto, quello in cui egli sia il destinatario della notificazione. Se, in tale ambito, non è possibile utilizzare modalità telematiche, si deve procedere ai sensi del comma precedente (1-bis) e cioè mediante estrazione di copia su supporto analogico. Naturalmente la copia riguarderà gli atti di cui l’avvocato dispone e quindi, se egli non è il notificante ma colui che ha ricevuto la notifica, oltre alla copia della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, l’avvocato estrarrà copia del messaggio di ricezione (in luogo della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna).

40. Quindi, se il destinatario della notifica del provvedimento impugnato intende proporre ricorso per cassazione, dovrà depositare nella cancelleria della Corte copia analogica del messaggio di posta elettronica ricevuto e dei relativi allegati, atto impugnato e relazione di notifica, e dovrà attestare la conformità di tali documenti cartacei agli originali digitali.

41. E’ necessaria l’autenticazione del messaggio p.e.c., perchè solo di lì si evince giorno e ora in cui si è perfezionata la notifica per il destinatario, ma è altresì necessaria l’autenticazione dei suoi due allegati: relazione della notificazione a mezzo p.c.c. e provvedimento impugnato autenticato dall’avvocato che ha provveduto alla notifica. Solo così si adempie a quanto previsto dall’art. 369 c.p.c., laddove richiede, a pena d’improcedibilità, il deposito di “copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta”.

42. L’avvocato che propone un ricorso per cassazione, anche quando il provvedimento impugnato gli è stato notificato con modalità telematiche, ha pertanto, gli strumenti per procedere agli adempimenti richiesti, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c.

43. Qualora, trascorsi venti giorni dalla notificazione del ricorso per cassazione non siano state depositate le copie analogiche dei suddetti documenti digitali, corredate dalla attestazione di conformità, nel senso sopra indicato, e qualora le stesse, con attestazione di conformità, non siano state depositate dal controricorrente o non siano comunque agli atti, il ricorso è improcedibile.

44. L’improcedibilità non può essere sanata da una produzione successiva alla scadenza del termine di venti giorni dalla notifica, per le ragioni spiegate dalle sezioni unite nel 2009 e nel 2017.

45. Ne rileva la mancata contestazione della controparte. La materia non è nella disponibilità delle parti e l’omissione del deposito deve essere rilevata d’ufficio, come costantemente affermato dalla giurisprudenza della Corte prima richiamata.

46. Il problema del rilievo della non contestazione si era già posto negli stessi termini in situazioni in cui, essendo stata depositata una mera fotocopia o una velina di un atto, al fine di evitare l’improcedibilità del ricorso per cassazione, era stata invocata l’applicazione dell’art. 2719 c.c. per il quale “le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità non è espressamente disconosciuta”. In queste situazioni si è costantemente affermato (Cass. 1 dicembre 2005, n. 26222; 18 settembre 2012, n. 15624; 8 ottobre 2013, n. 22914; 26 maggio 2015, n. 10784) che tale regola si applica quando si tratta di attribuire ad un documento efficacia probatoria, da valere tra le parti, mentre non vale quando si devono operare verifiche, quali la tempestività di un atto di impugnazione rispetto ad un termine perentorio e quindi correlativamente la formazione del giudicato, che hanno implicazioni pubblicistiche e non sono nella disponibilità delle parti. Ciò spiega anche perchè l’art. 23, comma 2 C.A.D., non è richiamato dalla L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1-bis e 1-ter.

47. La soluzione qui adottata è conforme a numerose sentenze ed ordinanze della Corte: 6657/2017 (sezione 6-2), 17450/2017 (sezione 3), 23668/2017 (sezione 3), 24292/2017 (sezione 3), 24347/2017 (sezione 2), 24422/2017 (sezione 6-2), 25429/2017 (sezione 3), 26520/2017 (sezione 3), 26606/2017 (sezione 6-3), 26612/2017 (sezione 6-3), 26613/2017 (sezione 6-3), 28473/2017 (sezione 6-3). Non vi sono pronunce difformi.

48. Alcune si sono occupate di casi in cui mancava la copia autentica tanto della sentenza impugnata che della relazione di notifica. Altre si sono occupate di casi in cui era presente copia autentica del provvedimento impugnato, ma mancava la documentazione con attestazione di conformità relativa alla notifica. Tutte hanno dichiarato l’improcedibilità.

49. Alla stessa conclusione è giunta anche Cass., sezione 6-2, 24422/2017, occupandosi di un caso in cui la copia autentica del provvedimento impugnato non era stata prodotta dal ricorrente ma era stata prodotta dal controricorrente, il che avrebbe avuto valore sanante se fosse stata depositata la documentazione relativa alla notifica, mentre nessuna delle parti aveva depositato gli atti relativi alla notifica della sentenza con modalità telematica nè la relativa attestazione di conformità.

50. La sentenza 26520/2017 si è occupata di un caso in cui (come in molte altre, compreso quello in esame) mancava tanto la copia autenticata della notificazione che la copia analogica asseverata del provvedimento impugnato, essendo stata prodotta solo una copia cartacea della sentenza digitale, senza alcuna attestazione di conformità. Nel dichiarare l’improcedibilità, la sentenza 26520/2017 si è spinta più in là di quanto su affermato (e di quanto affermato in tutte le altre sentenze ed ordinanze prima richiamate), perchè ha ritenuto sussistere in capo al ricorrente quello che viene definito un “duplice onere di certificazione”: oltre l’onere di depositare copia autenticata di messaggio di trasmissione, relazione di notifica e provvedimento impugnato, pervenuti dalla controparte vittoriosa in appello, anche l’ulteriore onere di estrarre direttamente una copia analogica della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 16-bis, comma 9-bis cit..

51. Questa duplicazione di oneri non è necessaria. Un onere di estrarre direttamente ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, art. 16-bis, comma 9-bis copia della sentenza che si impugna sussiste, ed in via esclusiva, nel caso in cui la sentenza non sia stata notificata (sempre che non si voglia seguire il metodo tradizionale di farsi rilasciare copia autentica dalla cancelleria).

52. Ma se al ricorrente per cassazione il provvedimento è stato notificato via p.e.c. dal difensore di controparte, il ricorrente per cassazione dovrà depositare solo il messaggio p.e.c. ricevuto, con gli allegati (relazione di notifica e provvedimento), provvedendo alla relativa autenticazione.

53. Perchè la notifica del provvedimento abbia effetti il difensore deve notificarlo in copia autenticata. Non vi è necessità di chiedere al difensore che riceve la notifica e decide di proporre ricorso per cassazione, di procedere a sua volta ad una estrazione di copia del provvedimento impugnato direttamente dal fascicolo informatico. Egli impugna il provvedimento che gli è stato notificato. L’art. 369 c.p.c., se vi è stata notifica, impone di depositare il provvedimento notificato, non di andare alla fonte e farsi rilasciare un’autonoma copia del provvedimento dalla cancelleria. Il ricorrente per cassazione deve produrre detto provvedimento così come gli è stato notificato e deve produrre il messaggio p.e.c. e la relativa relazione di notifica, mediante i quali dimostrerà quando gli è stato notificato, per rendere possibile la verifica della tempestività del ricorso.

54. In conclusione, deve fissarsi il seguente principio di diritto: “Ai fini del rispetto di quanto imposto, a pena d’improcedibilità, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, il difensore che propone ricorso per cassazione contro un provvedimento che gli è stato notificato con modalità telematiche, deve depositare nella cancelleria della Corte di cassazione copia analogica, con attestazione di conformità ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1-bis e 1-ter del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto, nonchè della relazione di notifica e del provvedimento impugnato, allegati al messaggio. Non è necessario anche il deposito di copia autenticata del provvedimento impugnato estratta direttamente dal fascicolo informatico”.

55. Nel caso in esame è stata depositata una copia della sentenza impugnata e copia della relativa notifica, ma entrambe le copie sono prive di attestazione di conformità sottoscritta dal difensore ai documenti informatici da cui sono tratte.

56. Il ricorso per cassazione è stato notificato (l’11 aprile 2016) oltre il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza (1 febbraio 2016) quindi era necessario dimostrare che la notifica del ricorso fosse avvenuta entro i sessanta giorni dalla notifica del provvedimento impugnato.

57. Nella memoria depositata dalla ricorrente per la camera di consiglio si è sostenuto che “il difensore ha (sia pure senza particolari formule sacramentali ma pur sempre in modo espresso) dichiarato ed attestato l’autenticità della copia della sentenza impugnata e della relativa notificazione”, in quanto una attestazione in tal senso si dovrebbe desumere dal fatto che egli ha firmato la nota di accompagnamento alla trasmissione del fascicolo a mezzo posta, nonchè l’indice in calce al ricorso, nel quale si afferma di aver allegato “copia autentica della sentenza della Corte d’appello di Palermo, sezione lavoro, n. 138/20 depositata il 1.2.2016 e notificata a mezzo pec in data 12.2.2016”.

58. Queste firme sono però con evidenza poste in due atti che non hanno alcun contenuto certificatorio e l’affermazione, contenuta nell’indice, di aver allegato copia autentica della sentenza, è smentita dall’esame dell’atto allegato.

59. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato improcedibile.

60. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della soccombente, che dovrà anche versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

PQM

La Corte dichiara improcedibile il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in 2.000,00 Euro per compensi professionali, oltre spese forfetarie in misura del 15% ed accessori.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2017

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